Un esperimento durato appena sei puntate. L’avventura de L’Aria di domenica, partita il 15 novembre scorso, si è interrotta il 20 dicembre, senza che ci fosse una possibilità di ripresa dopo le festività natalizie. Una decisione incomprensibile dal punto di vista strategico, perché un test, per essere considerato tale, ha bisogno soprattutto di tempo. Per valutarne gli effetti, per capirne le reali potenzialità.
L’Aria di domenica è stato un programma mozzato a metà, come un’auto che non ha mai innescato la terza perché spenta una volta fatta uscire dal parcheggio.
Le contraddizioni della chiusura stanno in larga parte nelle dichiarazioni della vigilia, con Myrta Merlino che arrivò a definire il talk un laboratorio: “La mission è esserci, non è organizzare chissà quale programma, con chissà quale nuova struttura”. E riguardo ai temutissimi ascolti, la conduttrice garantiva: “Il direttore Salerno mi ha detto che dobbiamo fare di più di quello che c’è. E sempre un po’ di più. L’obiettivo è far muovere qualcosa, seminare, fino a quando i numeri arriveranno. Quando iniziammo con L’Aria che tira qualcuno diceva ‘ma c’è Mirabella su Rai3 a quell’ora’. Beh, ora faccio numeri di tutto rispetto”.
L’Aria che tira, per la cronaca, vide la luce nell’autunno del 2011 in una fascia che La7 non aveva mai battuto con convinzione. Oggi, quello stesso programma, tocca anche il 6% di share, grazie ad un martellamento quotidiano e alla semina di cui parlava proprio la Merlino.
L’occupazione in tv è fondamentale. Occupazione nel senso di presenza massiccia e ricorrente che sia di avvertimento agli spettatori. Una sorta di ‘noi ci siamo’ da ribadire quotidianamente per far sì che un brand e una faccia diventino familiari.
Il pomeriggio domenicale di La7 era ‘spento’ da quasi dieci anni. Nel 2011 Ma anche no ebbe una durata altrettanto breve con la rete che, pure in quel caso, non consentì al talk di Antonello Piroso di strutturarsi.
L’Aria di domenica presentava limiti, tanto evidenti quanto oggettivi. Ma una volta che si decide di avviare un percorso, sarebbe opportuno fissare un traguardo e oltrepassarlo. Altrimenti non vale nemmeno la pena partire.
L’emergenza covid e una crisi di governo che covava sotto la cenere da almeno un mese avrebbero potuto rappresentare lo stimolo per continuare o perlomeno per riprendere dopo Natale con una navigazione a vista. Se è vero che spesso le fortune vengono determinate dal contesto, L’Aria di domenica si sarebbe potuta aggrappare all’attualità per ottenere una spinta che, chissà, magari avrebbe regalato un ritorno in termini di popolarità.
Accendersi a metà novembre e salutarsi prima di Natale, oltre ad essere una decisione incomprensibile, è parsa una mossa così improvvisata da non rendere decifrabile l’intera sensatezza del progetto.