Silenzioso, marginale e dimenticato: il pubblico collegato da remoto non serve a nulla
Il pubblico collegato da remoto non regala nulla ai programmi e anche a livello visivo è stato ampiamente marginalizzato. Con l’unica eccezione di Geppi
Dopo otto mesi possiamo dirlo: nei programmi televisivi la platea collegata da remoto non dà alcun supporto. Se nei primi giorni dell’emergenza covid questa sembrò una strategia azzeccata per allontanare il senso di solitudine, col passare del tempo (e con molta rapidità) ci si è accorti che l’aiuto derivante dal pubblico a distanza è pressoché pari a zero.
Viva le sperimentazioni, ci mancherebbe, ma superata la fase del panico e dello smarrimento un ritorno in soffitta della pratica sarebbe stato auspicabile. Succede invece che qualcuno continui a reputarla la via maestra. Sbagliando.
Uno dei primi talk a sparare le facce degli spettatori sul ledwall è stato Dritto e rovescio. Privato della bolgia in studio, Paolo Del Debbio ha cercato un calore virtuale che però è rimasto sulla carta. Mai interpellati o chiamati in causa – se non per un rapidissimo saluto – i fedelissimi del conduttore sono ancora là, racchiusi in piccoli riquadri.
Lo scorso aprile toccò al Grande Fratello Vip. Per la finalissima della quarta edizione il reality si inventò la soluzione delle ovazioni realizzate a comando dagli stessi fan, spronati ad inviare filmati di brevi battiti di mani che poi sarebbero stati riproposti in diretta. Si trattò più che altro di un momento di auto-esaltazione dei diretti interessati, che non regalò la minima spinta allo show.
Sul fronte Rai ad amare la pratica è Marco Liorni, che l’ha adottata in estate a Reazione a catena e in seguito ad Italia Sì. Pure qui sostegno nullo, con apparizioni di pochi istanti in apertura e sui titoli di coda. Di recente è stata Paola Perego a adottare la medesima tecnica, tuttavia sfidiamo a trovare uno spettatore de Il filo rosso che si sia accorto di tale contributo.
Meritano un discorso a parte Tale e quale show e Ballando con le stelle, che hanno optato per un pubblico delocalizzato in una sala, distanziato e moltiplicato grazie ad un trucco grafico. Un escamotage talmente rivoluzionario da essere stato accantonato in fretta e furia per affidarsi al riempitivo acustico degli applausi registrati.
Un’eccezione, se proprio vogliamo trovarla, è rappresentata da Che succ3de?. Nella trasmissione quotidiana di Geppi Cucciari il pubblico è sì relegato in una scacchiera ponendosi però come attore principale, con cui la padrona di casa interloquisce. Una costruzione che si sarebbe potuta sviluppare a prescindere dal coronavirus, dal momento che in Che succ3de? il panel sparso in tutta Italia è un elemento acquisisce un valore fondante.