Il noir di Massimo Carlotto arriva su Raidue e RaiPlay: ecco L’Alligatore
Dai libri di Massimo Carlotto sbarca in tv un nuovo personaggio fuori dagli schemi, un ex detenuto che diventa investigatore privato in quel di Padova
Raidue torna a proporre personaggi al limite, controversi, che sfidano il canone tradizionale della serialità italiana con vite sregolate e storie in cui il lieto fine non è sempre garantito. Un profilo in cui si ritrova perfettamente L’Alligatore, la nuova serie tv tratta dalla saga letteraria noir di Massimo Carlotto (edita da e/o) in arrivo dal 25 novembre 2020. Prima di approdare in televisione, però, i quattro episodi prodotti da Rai Fiction e Fandango saranno disponibili da domani, 18 novembre 2020, sotto forma di Box Set su RaiPlay, in anteprima.
La serie tv porta per la prima volta in tv il personaggio di Marco Buratti, ex cantante di blues soprannominato Alligatore, che finisce per scontare ingiustamente sette anni di galera e che, una volta libero, s’improvvisa detective nel Nord-Est italiano. A prestargli il volto è Matteo Martari: proprio in vista del lancio della serie il cast ed il regista/showrunner Daniele Vicari hanno incontrato la stampa.
Vicari: “La laguna, una Louisiana triste”
Il regista ha anche sottolineato l’importanza del genere blues, la cui storia “ha caratterizzato anche il mood del racconto: i personaggi fluttuano, non sono così tematici, sono contraddittori. Alligatore non è un detective, è un uomo uscito dalla galera che non farebbe quello che fa se non fosse stato accusato ingiustamente. L’ironia fa parte del modo dolente con cui lui, ma anche gli altri personaggi, vivono la loro condizione di ‘sconfitti'”.
Se da una parte la Laguna è la “cuccia” dell’Alligatore, Padova diventa la città che il protagonista vive suo malgrado: “E’ una città che ha un rapporto differente da altre città con l’acqua”, prosegue. “La laguna è quasi rimossa da Padova, noi invece la citiamo. La usiamo come contraddizione, così come Alligatore è un personaggio contraddittorio. Padova diventa il luogo dell’anima della serie”.
“Il protagonista”, aggiunge Vicari, “trae la sua forza nella laguna e disperde le sue energie a Padova. Questo trasporto continuo fa sì che tutte le storie si attorcigliano: magari abbiamo fatto un torto ad una città molto bella, ma abbiamo deciso di raccontarla tramite il punto di vista di Alligatore, che vede in questa città del male, essendo la città in cui ha scontato la pena”.
Convinto dell’importanza di Padova dentro la storia è anche Martari: “Sono nato a Verona, vicino a Padova, ma quest’ultima non l’ho vissuta moltissimo”, ha ammesso. “L’ho scoperta lavorando alla serie, è una realtà molto affascinante, dove si intrecciano numerose culture e ci sono tanti giovani”. D’accordo Thomas Trabacchi, interprete di Beniamino Rossini, ex compagno di cella del protagonista: “Padova è una città meravigliosa, con un’architettura sorprendente. E’ un personaggio della serie, con le sue atmosfere ci ha condizionato”.
La creazione del mondo de L’Alligatore
Per ricreare sul piccolo schermo il mondo ideato da Carlotto su carta, è servito un grande sforzo sia da parte di sceneggiatori che di attori. Le quattro puntate, sempre tratte dai libri di Carlotto, sono state scritte da Andrea Cedrola e Laura Paolucci con la collaborazione dello stesso scrittore (i tre hanno anche curato i soggetti di serie e di puntata). Vicari, invece, oltre che essere regista della prima e della quarta puntata (la seconda e la terza sono state dirette da Emanuele Scaringi), ha assunto anche il ruolo di showrunner.
“E’ fondamentale che ci sia continuità nella costruzione dell’immaginario in cui vivono gli attori, dalla musica ai costumi, fino alle scenografie”, ha spiegato Vicari a proposito del suo doppio ruolo nel progetto. “E’ necessario che ci sia una persona che tenga tutto unito. Ci deve essere un senso, che deve avere in mente lo showrunner. E’ un lavoro creativo molto interessante, si diventa il terminale di tutti i conflitti, anche se la notte non si dorme (ride, ndr)!”.
Interessante anche la rivelazione di Martari su come il cast si sia approcciato al racconto: “Dopo aver letto i romanzi, con regista e cast ci siamo trovati in uno studio ed abbiamo analizzato le sceneggiature. Quindi hanno messo a nostra disposizione uno spazio teatrale in cui abbiamo lavorato sui personaggi”.
Trabacchi, invece, per il suo Rossini ha trovato l’ispirazione da internet: “Mi sono imbattuto su una serie di video su Youtube di ‘Malaricordi’, in particolare Luciano Lutring (criminale e pittore italiano scomparso nel 2013, ndr). Da lì, e dall’idea tarantiniana che Vicari aveva, abbiamo costruito il mio personaggio. Sono soddisfatto: è stata una caratterizzazione ben definita”.
Valeria Solarino, che invece interpreta Greta, definisce il suo personaggio come quello “descritto nei romanzi, un’immagine che diventa un ricordo… Nella nostra storia, però, prende corpo. Per costruire il personaggio sono partita dalla musica, da lì sono entrata in questo ruolo, anche dolce, fisico ma sgraziato”.
L’Alligatore sarà il nuovo Schiavone?
A termine della conferenza abbiamo chiesto a Vicari se non teme il confronto tra il protagonista de L’Alligatore ed un altro volto molto noto al pubblico di Raidue, ovvero il Rocco Schiavone di Marco Giallini. In fondo, entrambe le serie vanno in onda su una Raidue che in questi anni ci ha abituato a personaggi fuori dagli schemi.
“Non credo che ci siano numerosi punti in comune con Schiavone, sono due personaggi distanti”, ha detto. “Alligatore non ha nessun rapporto con l’esercizio del potere, lui il potere lo subisce, uscendo dalla galera a pezzi, ritrovandosi per caso a fare quello che fa. Schiavone, invece, è un poliziotto convinto. Hanno però in comune il male di esistere, sebbene Schiavone non sia un perdente ed Alligatore è come se tornasse dall’aldilà, in cerca di una giustizia astratta”.
L’impostazione de L’Alligatore è tale per cui la lontananza dal resto della serialità italiana è evidente fin dai primi minuti: un tentativo di conquistare anche il mercato estero? “Carlotto è molto letto nel mondo”, dice il regista e showrunner, “questi personaggi straordinari hanno l’unicità di essere senza nessuna prospettiva, ma proprio per questo mettono in crisi il mondo che hanno intorno”.
Da qui, la decisione di ambientare la serie ai giorni nostri e non nel passato, modificando anche il contesto socio-politico: “Max la Memoria (Gianluca Gobbi, ndr) non è un militante politico degli anni Settanta ma è un ambientalista. Tutta la linea ambientale portata avanti da lui ci permette di raccontare il conflitto tra chi vive il Nord-est con lo sfruttamento del territorio stesso. Ecco perché la Louisiana diventa un elemento astratto: il pubblico internazionale l’ho dato per scontato”.