Su Rai 4 arriva l’ultima stagione de Il Trono di Spade, ma avrà mai un erede?
L’ultima stagione arriva finalmente in chiaro, mentre il dibattito sul suo finale non si è mai chiuso ed i dubbi su un possibile erede restano
Sei episodi, per tre settimane, ogni lunedì in prima serata da oggi, 2 novembre 2020. Così Rai 4 propone finalmente l’ultima stagione -l’ottava- di Game of Thrones, a poco più di un anno dalla sua messa in onda su Hbo ed in contemporanea su Sky.
Game of Thrones 8, quel finale tanto contestato (ma va’…?)
I nodi vengono al pettine, la resa dei conti che abbiamo atteso per anni diventa alla fine realtà. Tutti i personaggi per cui abbiamo tifato come fossero capitani di squadre coinvolte in un unico Campionato, quello dei Sette Regni, convergeranno in un luogo unico, dopo aver viaggiato in lungo ed in largo ed averci portato nel vastissimo mondo creato da George R.R. Martin prima e da D. B. Weiss e David Benioff poi.
Una stagione finale che regala al pubblico quello che esso cercava: episodi dalla resa spettacolare, degni di una saga cinematografica da Oscar (tanto da avere anche una durata maggiore, avvicinandosi a quelle di un lungometraggio), capaci di consacrare definitivamente attori come Emilia Clarke, Peter Dinklage, Kit Harington e Maise Williams che solo una decina di anni fa erano pressoché sconosciuti al pubblico.
Ma l’ultima di Game of Thrones è anche la stagione che conferma una regola che si applica sempre a tutte le grandi serie tv che smuovono un dibattito: più la serie è popolare, più il finale non mette d’accordo. E’ successo con Lost, è successo con I Soprano, è successo con Dexter: anche GoT è riuscita a dividere il pubblico, con scelte discutibili per certi versi, ma necessarie per altre.
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Weiss e Benioff ancora prima della sua messa in onda, lo avevano detto pubblicamente: sapevano che le loro scelte narrative per gli ultimi episodi avrebbero trovato delle resistenze da parte anche dei fan più accaniti, ma sapevano anche che quelle scelte erano le uniche possibili per trovare una via che non fosse del tutto scontata e regalasse quelle grandi sorprese che solo una grande serie sa regalare.
Non stupisce, insomma, che ci sia stato chi ha pretesto –addirittura con una petizione– che la Hbo rigirasse l’ultima stagione e riscrivesse il finale, in una sorta di instant reboot da fare senza se e senza ma. Come ci viene spiegato proprio nel finale di serie, è la forza di una buona storia: sa durare nel tempo ed anche quando è finita riesce a far parlare ed a generare dibattito. E se siamo ancora qui a parlare di Game of Thrones, qualcosa vorrà pur dire.
Un erede di Game of Thrones è possibile?
Al dibattito sul “finale sì, finale no” se ne affianca però un altro: esiste già una serie erede di Game of Thrones? E soprattutto, cosa si intende per erede? La storia recente ci ha insegnato che per trovare una degna succeditrice di una serie tv catalizzatrice di attenzione non bisogna mai guardare al genere della serie precedente.
Finito Lost, numerosi autori e network provarono a dividersi quel pubblico di affezionati all’Oceanic 815 proponendo mistery drama che hanno avuto vita breve; Glee ha spinto le case di produzione a darsi al genere musical, con risultati non sempre eccellenti. E Game of Thrones ha dato il via ad un filone fantasy (sempre meglio se “tratto dai libri di”) che non ha raggiunto i risultati sperati.
Impossibile, insomma, trovare un erede di una serie se si guarda alle produzioni che nascono dal successo della serie stessa. Meglio, piuttosto, cercare un erede tenendo conto della capacità che ha una serie di generare dibattito a prescindere dal genere di appartenenza.
In questo senso, Game of Thrones è erede di Lost; ma un erede de Il Trono di Spade non c’è ancora e, forse, non ci sarà mai (e no, non stiamo considerato il prequel House of the Dragon, già ordinato da Hbo). Entrambe le serie appartengono ad un’era che rischia di essere già stata bruciata e sorpassata da nuovi tempi, ovvero l’era della community virtuale.
Con Lost, complice la diffusione di internet, l’apertura dei blog e delle community, si era creato un vero e proprio gruppo di ascolto a livello mondiale, che dissezionava scena dopo scena di ogni episodio, alimentava teorie, ne bocciava altre e dava agli spettatori un’esperienza di visione del tutto nuova.
La serie tv si guardava da soli (o in piccoli gruppi), ma la si commentava insieme, unendo persone distanti chilometri di distanza, senza dover aspettare convention ad hoc. Con Game of Thrones, più che con altri show, si è ripetuto lo stesso effetto: se l’appuntamento domenicale della Hbo aveva creato nel corso della stagione gruppi di ascolto in case private o locali pubblici, nelle settimane tra un episodio e l’altro o nei mesi tra una stagione e l’altra il dibattito non si fermava. Ed internet faceva la sua parte, non più sotto forma di blog e siti, ma tramite i social network, appena nati durante l’era di Lost.
Il binge-watching ha ucciso le serie tv?
Un fenomeno da non sottovalutare ma che, come abbiamo detto, potrebbe essere già stato superato. Non “da cosa”, ma “da come” si guarda una serie oggi. L’avvento delle piattaforme streaming e della modalità di rilascio ha dato il via ad una nuova visione, quella del binge-watching, la maratona seriale. Perché vedere un episodio per volta, se li hai tutti a disposizione subito?
L’abbuffata di stagioni di una serie tv in poche ore non fa altro però che aumentare il divario che le community nate pochi anni fa avevano ridotto. Impossibile per tutti seguire in un giorno sei o dieci episodi di uno show: chi ci riesce, o lo deve fare per lavoro o vuole arrivare per primo all’ultima puntata solo per il gusto di guardare con snobismo chi ci mette più tempo.
Si perde quell’equilibrio che il rilascio settimanale di episodi imponeva a tutti: gli spettatori erano tutti uguali davanti alla legge del “next week on” e, volenti o nolenti, si doveva aspettare. I dibattiti nascono ancora, certo, ma tra chi è arrivato a metà stagione, chi l’ha finita e non può fare spoiler o chi deve ancora iniziare a vedere una serie, si perde il gusto di commentare tutti la stessa cosa.
Un fenomeno non da sottovalutare se si cerca un erede di Game of Thrones, che ad oggi è impossibile individuare anche per questo. Il binge-watching non fa bene né alla crescita di una serie -e quindi al suo successo- né alle piattaforme stesse, che se ne stanno rendendo conto.
Aumentano infatti i rilasci settimanali anche in streaming, per invogliare gli abbonati e restare tali ed a tornare la settimana successiva a vedere un nuovo episodio (e perché no, nel frattempo a scoprire cos’altro offre il catalogo): una scelta di marketing che però può offrire un risvolto positivo, ovvero riportare tutti sulla stessa lunghezza d’onda e far alimentare così quel confronto che altrimenti ne risentirebbe.
Game of Thrones, dicevamo, non ha ancora un erede, e forse non l’avrà mai: la grandezza di una serie si misura anche dalla difficoltà di trovarne un’altra che sappia prenderne il posto. Sicuramente, però, ci saranno -e ci sono- altre storie che sanno coinvolgere, emozionare e farci confrontare, ricordando a chi ancora non l’ha capito che una serie tv è qualcosa di più di un semplice passatempo.