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Suburra 3, un finale che corre sotto il Cuore Nero di Roma: la nostra recensione

No, nella nostra recensione non vi diremo che Suburra 3 è la stagione della resa dei conti. Non vi diremo neanche con nell’ultima stagione della serie tv targata Netflix (in uscita domani, 30 ottobre 2020), tutti i nodi vengono al pettine. Ma non vi diremo neanche che il capitolo finale della prima produzione originale made

pubblicato 29 Ottobre 2020 aggiornato 3 Novembre 2020 15:49

No, nella nostra recensione non vi diremo che Suburra 3 è la stagione della resa dei conti. Non vi diremo neanche con nell’ultima stagione della serie tv targata Netflix (in uscita domani, 30 ottobre 2020), tutti i nodi vengono al pettine. Ma non vi diremo neanche che il capitolo finale della prima produzione originale made in Italy della piattaforma di streaming delude. Perché Suburra, in questa terza ed ultima stagione è un po’ tutto ciò ed il suo contrario.

Tra le strade di Roma

Iniziamo dal racconto: la trama riprende da poco dopo il suicidio di Lele (Eduardo Valdarnini), che non è riuscito a reggere il peso dei reati commessi insieme ad Aureliano (Alessandro Borghi) e Spadino (Giacomo Ferrara). Sono loro due, ora, a proseguire quel sogno che insieme all’amico avevano intrapreso nella prima stagione: la conquista di Roma.

E la Capitale diventa sempre più centrale in questa stagione: dopo il Vaticano ed i palazzi della politica, ora ai protagonisti tocca scendere per le vie della città eterna, trovandosi faccia a faccia con la realtà di una città che fino ad ora era rimasta sullo sfondo.

Aureliano e Spadino devono così muoversi in una Roma che scandisce un tempo che sta per scadere: devono sbrigarsi se vogliono mettere le mani sul prossimo grande affare che la città sta per vivere, ovvero un Giubileo straordinario. Per farlo, servirà l’aiuto di Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro), sempre più diviso tra la sete di potere e la famiglia. Ma Samurai (Francesco Acquaroli) e Manfredi (Adamo Dionisi) restano in agguato: insomma, verrebbe da dire “fai attenzione a quello che desideri, perché potrebbe avverarsi”.

Suburra 3, ovvero togliere il disturbo prima di fine festa

La terza stagione di Suburra è la più breve: sei episodi, contro i dieci della prima e gli otto della seconda. In conferenza stampa, Arnaldo Catinari (“promosso” da direttore della fotografia a regista della serie) ha ammesso le preoccupazioni per un numero così esiguo di puntate. “Penso che abbiamo distribuito al meglio il racconto”, ha però poi aggiunto, “c’è molto ritmo ed emozione, abbiamo avuto una tenuta molto buona per cui sono molto contento”.

Eppure, la sensazione che con un paio di episodi in più il ritmo non si sarebbe perso, resta. La terza stagione di Suburra è molto ambiziosa, ed ha tutti i requisiti per poterlo essere e puntare in alto. Il materiale disposto dagli sceneggiatori Ezio Abbate, Fabrizio Bettelli, Andrea Nobile, Camilla Buizza e Marco Sani è tanto: si passa dallo scontro Manfredi/Spadino al tormento che vive in Aureliano nei confronti del suo passato; fino al germogliare dell’amicizia tutta al femminile tra Angelica (Carlotta Antonelli) e Nadia (Federica Sabatini) e la definitiva evoluzione di Cinaglia verso il Male.

Ogni personaggio ha tanto da dire e da fare ma, a parte qualche eccezione, l’impressione è che non riesca ad esprimere tutto il suo potenziale fino all’apice. Una mossa che, a ben pensarci, non è del tutto dannosa, in virtù di quella regola per cui è sempre meglio togliere il disturbo prima che la festa sia finita. In Suburra succede proprio questo: sei episodi sono pochi, sì, ma forse proprio per questo ci resta quel desiderio di averne ancora.

Cosa manca (e cosa resta) di Suburra 3

Suburra 3
© Emanuela Scarpa/Netflix

Ergo, mancano alcune chiusure, punti in sospeso che, come nella miglior tradizione delle serie tv dell’epoca moderna, contribuiscono a creare la discussione tra gli spettatori ma anche un po’ di sconforto in chi si aspettava una conclusione più definitiva.

Eppure, restano anche tante belle cose. In primis, il rapporto tra Angelica e Nadia, che nasce quasi per caso, come una necessità per le due giovani donne di dover collaborare per sostenere i rispettivi compagni anche se, loro due, poco si sopportano.

Suburra 3
© Emanuela Scarpa/Netflix

 

Senza spoilerare come evolve questo rapporto, è bello vedere come Suburra sia riuscito ad inserire naturalmente, senza forzature, due personaggi femminili che -alla luce di quanto detto sopra- avrebbero davvero meritato ancora più spazio. Due donne che non solo trovano il proprio posto indipendentemente dalle figure maschili che le circondano, ma esigono e lottano per ottenere quello che spetta loro. Una premessa che ha l’odore di uno spin-off, ma per ora resta solo un sogno.

Resta, infine, la capacità di Netflix e di Cattleya (che produce in associazione con Bartlebyfilm) di realizzare una serie tv che ha messo sotto un’altra lente la città di Roma, trasformandola in scenario ideale per un crime contemporaneo, dove ambizioni, sete di potere e crimine vivono all’ombra del Colosseo. E l’Anfiteatro Flavio, finalmente, dopo tre stagioni conquista una delle scene clou della stagione.

Sulle note di Piotta

Suburra 3
© Emanuela Scarpa/Netflix

Infine, prosegue anche per questa stagione finale la collaborazione con Piotta che, dopo aver scritto “7 vizi Capitale” per la prima stagione ed aver contribuito con alcuni suoi brani alla colonna sonora della seconda, ha regalato a Suburra 3 un intero album di inediti.

In uscita sulle piattaforme digitali lo stesso giorno del debutto della serie, “Suburra-Final Season” include dieci tracce, comprensive di due strumentali ed un remix. Brani che il rapper romano ha pensato appositamente per i personaggi della serie, descrivendone caratteristiche e comportamenti, e che s’incastrano alla perfezione all’interno della trama, accompagnando i personaggi verso l’epilogo.

Ballad, suite electro ed episodi latin, con archi, pianoforte e chitarre ad accompagnare musicalmente Aureliano, Spadino & Co. Tra i brani, da citare “Cuore Nero-Samurai”, “Fiore dell’infame-Angelica & Nadia” e “La Giostra-Anacleti’s groove”. Una curiosità: nel terzo episodio sentiamo Adamo Dionisi cantare “La ballata di Manfredi”, brano scritto da suo figlio Cristiano Dionisi insieme a Vanessa Cremaschi.