The Comey Rule, la ‘Sfida al Presidente’ di Showtime a un mese dalle elezioni in due prime serate Sky
The Comey Rule, la miniserie evento di Showtime con Jeff Daniels nei panni dell’ex direttore dell’FBI, su Sky Atlantic il 12 e 13 ottobre.
The Comey Rule… Se il nome di James Comey non vi dice molto non preoccupatevi: forse ricorderete meglio lo scandalo delle mail di Hillary Clinton, quelle che l’ex segretario di Stato sotto il governo Obama e candidata alla Presidenza contro Trump inviò da indirizzi privati su server non sicuri con documenti classificati. Un materiale su cui si gettarono a pesce hacker russi e che, sembra, siano stati girati al comitato elettorale di Trump per favorirne l’elezione, supportata da Putin. Si parla, insomma, dei grandi scandali dell’Emailgate e del Russiagate che hanno infiammato i due anni a cavallo delle Presidenziali 2016.
Nel mezzo vi si ritrovò l’allora direttore dell’FBI, proprio James Comey, che sulla base delle indagini condotte a pochi mesi dall’Election Day suggerì al Dipartimento di Giustizia di non procedere contro la Clinton, non essendoci ipotesi di reato. Si pensava che il polverone si sarebbe placato di fronte alla mancanza di reati, ma poi nuovi scandali e nuove indagini portarono a un nuovo turbine a pochissimi giorni dalle elezioni: e per dimostrare la correttezza e la trasparenza dell’FBI, Comey si ‘sacrificò’ (portando con sé, per molti, anche i Democratici) dichiarando l’apertura di una nuova indagine su “Hillary la disonesta“ (Crooked Hillary, come la definì immediatamente Trump. E così Comey è diventato per gli oppositori di Trump il colpevole della sua vittoria elettorale. Anche per la Clinton.
Questo il nucleo intorno cui si muove Sfida Al Presidente – The Comey Rule, political drama in due parti in onda in prima serata il 12 e il 13 ottobre su Sky Atlantic e in streaming su NOW TV, e di cui in alto potete vedere una clip estratta dalla prima puntata. Prodotta da Showtime, diretta da Billy Ray e tratta da A Higher Loyalty: Truth, Lies, and Leadership, bestseller firmato proprio da Comey che ha consegnato alle stampe la ricostruzione del caso che ha tenuto banco negli States tra il 2015 e il 2017, la miniserie non può che avere come punto di vista portante quello di Comey. (Quasi) tutta la storia è una sorta di semi-soggettiva che lo segue al lavoro e nella vita privata ad affrontare prima la tempesta delle mail di Hillary, quindi il Crossfire Hurricane, ovvero le indagini sui legami tra Trump, il suo comitato elettorale, la Russia e il Presidente Putin, e infine il licenziamento da parte di POTUS di fronte alla sua incorruttibilità.
La miniserie è quella che da noi verrebbe considerata una agiografia dell’ex direttore dell’FBI, presentato come un uomo tutto di un pezzo, mosso solo dal desiderio di dimostrare l’onestà e l’indipendenza del Bureau, un ufficio votato alla protezione delle istituzioni americane e (anche) per questo contrario all’arrivo nelle istituzioni di un uomo irrispettoso delle più elementari regole della democrazia. Lo spunto che dà il via al racconto è il classico ‘passaggio’ di consegne che assegna la ricostruzione temporale dei fatti a uno dei suoi ‘giuda’, ulteriore specchio di un sistema corrotto e spregiudicato.
E nessuno meglio di Jeff Daniels poteva dare volto ed espressione a un uomo integerrimo e votato al bene della collettività: un’interpretazione facilmente ‘sovrapponibile’ a quella regalata in una serie cult come The Newsroom nella quale incarnava, come anche in questo caso di fatto, un appassionato ‘cane da guardia’ della democrazia USA. Con lui altri volti noti e amati nei political drama USA: si pensi al suo vice, Andrew McCabe, interpretato da Michael Kelly (e ci si aspetta di veder spuntare il Presidente Underwood nella Sala Ovale). A interpretare Trump si impegna Brendan Gleeson, mente nel cast vale la pena ricordare la presenza di Holly Hunter nel ruolo dell’ex ministra della Giustizia Sally Yates, nominata da Obama e da Trump rimossa perché in netto contrasto col presidente sulla linea dura del bando anti-immigrazione. E nella versione originale si può apprezzare decisamente il lavoro sulla voce e sulla pronuncia fatto da Gleeson su Trump, del tutto perso nella versione doppiata.
La regola di Comey, quindi, è quell’onestà di cui nel Trump di Ray non c’è traccia, anzi. L’attuale presidente, ormai alle battute finali di una campagna elettorale che potrebbe consegnargli un altro mandato alla Casa Bianca, è dipinto come un uomo infantile, capriccioso, arrogante,vendicativo, preoccupato solo della propria immagine pubblica, irrispettoso delle istituzioni e delle procedure, interessato solo a sé e intenzionato a circondarsi solo di persone ‘leali’, che subordinino il servizio al Paese al suo benessere e al suo potere. “Attenzione, prende le cose sul personale: se gli fai uno sgarro non lo dimentica”dicono a un certo punto a Comey per metterlo in guardia dalle lusinghe di un presidente che viola ogni procedura pur di garantirsi la lealtà del Bureau. E risuonano le parole delle nipote di Trump pubblicate nel libro da poco dato alle stampe e nel quale ricostruisce il profilo dello spregiudicato zio.
La ricostruzione si serve di estratti reali di dibattiti e tg: se l’oggetto della narrazione è la vicenda di Comey, il vero obiettivo è ‘raccontare’ ai telespettatori chi sia Trump, quale la sua gestione della Cosa Pubblica, quali i suoi principi ispiratori. Devo dire che il titolo italiano, così come la sua presentazione al pubblico tv, non mi sembra focalizzi davvero il cuore del racconto: non c’è davvero una ‘sfida al Presidente’ quanto piuttosto l’impegno di un direttore per garantire una navigazione dritta nella difesa dei principi costititutivi dell’America di cui Comey, in questo caso anche sineddoche del Bureau, si fa incarnazione. La preoccupazione che fa da costante è che la fama e il rispetto verso l’FBI non deve mai (più) venir meno tra i cittadini americani: certo non si possono dimenticare certi pregressi e anche per questo nelle primissime scene non manda un riferimento alla ‘fama’ del Bureau nell’era Hoover. Ma, tornando al titolo italiano, è anche vero che il nome Comey da noi dice poco, mentre un ‘conflitto’ buoni vs Trump può avere una certa presa.
In effetti quello che colpisce in questo racconto è che si basa sulla classica (e diremo anche narrativamente superata) dicotomia eroe/villain senza mezze misure, aspetto questo certo conseguenza dell’origine traspositiva da un’opera autobiografica. Un elemento che permea di una certa ingenuità narrativa e anche di confezione l’intero prodotto, che perde così di profondità: a tratti sembra più una docufiction Lifetime che una miniserie d’autore e se non fosse per la credibilità dei protagonisti, Daniels e Kelly in testa, farebbe fatica ad accreditarsi. Ma la storia scivola, non foss’altro che per capire fino a che punto si arriva. Mancano eroi ambigui e villain sfaccettati: questa storia non lo permette, o meglio l’antagonista Trump non lo ammette. E così questa miniserie, tagliata con l’accetta, finisce per parlare solo ai suoi.
The Comey Rule è andato in onda negli USA il 27 e 28 settembre scorso e non ha paura di prendere posizione. Da noi sarebbe impensabile un titolo del genere sotto elezioni. Si può dire, comunque, che entra a far parte di un filone che si potrebbe definire di ‘voto consapevole’ che passa anche per le civic-series Il voto in poche parole, disponibile su Netflix con la voce narrante di Leonardo diCaprio che spiega agli americani come nasce e come funziona (non sempre benissimo) la loro (decantata) democrazia, e All In – The fight of Democracy, sullo stesso soggetto (e con testimoni condivisi) ma su Amazon Prime Video. Insomma, la battaglia per la democrazia in USA si gioca anche sulle pay-tv. E forse è un gioco per (troppo) pochi.