Mare Fuori, tra coming of age e prison drama, ecco com’è la nuova serie tv di Raidue
La recensione di Mare Fuori, la serie tv di Raidue ambientata in un Istituto di pena minorile di Napoli, dove si incontrano (e scontrano) giovani ed adulti
Se sei costretto a restare chiuso in una cella e l’unica finestra verso il mondo che hai si affaccia sul mare di Napoli, la pena è doppia. Lo diventa ancora di più se sei un adolescente e quel mare rappresenta una libertà che si è già messa a rischio. Non fa sconti Mare Fuori, la nuova fiction di Raidue in onda dal 23 settembre 2020 (ma i primi due episodi sono stati resi disponibili dal 19 su RaiPlay).
La rete conferma così la sua vocazione verso narrazioni seriali d’impatto, più politicamente scorrette e vicine ad un pubblico già avvezzo ai linguaggi delle serie moderne rispetto all’ammiraglia Raiuno. Ambientata in un Istituto di Pena Minorile di Napoli che si affaccia, appunto, sul mare, l’idea di Cristiana Farina è quella di portare in tv l’universo giovanile affrontandolo però in un modo meno buonista e più struggente.
Un bivio di fronte al mare
La Napoli che ritroviamo su Raidue (e che abbiamo visto solo pochi mesi fa in Vivi e lascia vivere su Raiuno) è una città che offre ai giovani protagonisti un bivio, non solo prima che entrino in carcere, ma anche mentre vi scontano la pena.
Quel mare che vedono (e che grazie ad alcune attività, come si vede nelle prime immagini della serie, solcano) ricorda a tutti i protagonisti che la loro libertà ed un futuro diverso sono lì che li aspettano. A loro, il compito di decidere se raggiungerli o farsi inghiottire dall’oscurità delle scelte sbagliate.
Tra il ragazzo viziato che da Milano si ritrova in prigione a Napoli (Filippo, interpretato da Nicolas Maupas) e quello che vuole sfuggire al Sistema (Carmine, interpretato da Massimiliano Caiazzo), in mezzo passa uno spettro di esempi di come bene e male non siano così facilmente distinguibili.
Il boss, l’appassionato di canto, la zingara che preferisce stare in prigione piuttosto che seguire le regole della propria famiglia: il ventaglio di storie che la fiction propone si apre lentamente, svelando realtà tanto differenti quando accomunate tra di loro da quel desiderio di riscatto che fa quasi rima con la paura di ottenere ciò che si vuole.
Tra coming of age e prison drama
Da buon coming of age drama, Mare Fuori parte presentando delle figure facilmente riconoscibili ed, utilizzando gli spazi ristretti previsti dal prison drama, li costringe a crescere velocemente, sotto lo sguardo del mondo degli adulti che, come sempre, si divide sul come comportarsi.
La regia di Carmine Elia cerca di evidenziare questi due mondi opposti ma così vicini. Se nelle scene con i giovani protagonisti prevalgono le emozioni (dalla tensione all’amore, passando per la rabbia e la paura), in quelle con gli adulti -tra cui segnaliamo i bravi Carmine Recano e Carolina Crescentini– prevale il distacco, la diffidenza e la cautela.
I giovani stringono alleanze tra di loro per sopravvivere dentro l’Istituto, i grandi stabiliscono le regole e vigilano affinché siano rispettate. In mezzo, la figura di Massimo (Recano), il Commissario della Polizia Penitenziaria, un tramite tra i due mondi, ruolo non sempre facile ma necessario.
Una storia di formazione tutta italiana
Più che un confronto, uno scontro, che fa parte della vita. Mare Fuori fa degli echi di Gomorra-La serie che si possono percepire soprattutto nei flashback di alcuni dei protagonisti un modo per raccontare una storia di formazione tutta all’italiana, che vuole arrivare dritto al cuore di quel pubblico che fatica a seguire la tv perché interessato dagli altri media, ma che vuole farsi anche ascoltare dai loro genitori.
Mare Fuori è un’altra serie che abbellisce il palinsesto di Raidue, rete che può considerarsi orgogliosa, a prescindere dal risultato in termini di ascolti, di testare nuove formule, di superare l’idea di serie italiana per anziani e sporcarsi le mani con la riscrittura della realtà.