Il CAZZEGGIO IN TV
Andiamo avanti con il tema della tv neopedagogica. Le lezioni si vanno moltiplicando ogni giorno di più. La tv è come il sole e tutti le ruotiamo intorno. Ma non salgono in cattedra soltanto coloro che comandano, producono, fanno tv. Salgono in cattedra, e anche più su, i critici televisivi ai[…]
Andiamo avanti con il tema della tv neopedagogica. Le lezioni si vanno moltiplicando ogni giorno di più. La tv è come il sole e tutti le ruotiamo intorno. Ma non salgono in cattedra soltanto coloro che comandano, producono, fanno tv. Salgono in cattedra, e anche più su, i critici televisivi ai quali varrà la pena in futuro di dedicare quella attenzione che meritano.
Adesso però una segnalazione tocca all’editorialista del Corriere, Piero Ostellino, che entra nel vivo delle polemiche e dei confronti (auditel) sul nuovo “Matrix” di Enrico Mentana e il consolidato “Porta a porta” di Bruno Vespa. Le sue osservazioni sono pertinenti e chiamano in causa il “cazzeggio”, ovvero lo stile giornalistico fatto di luoghi comuni, linguaggio politicamente corretto ma talvolta anche scorretto in senso di eccessivo e folcloristico, fatto di sempre maggiore evasione al posto dell’approfondimento.
Viviamo in pieno “cazzeggio” e gli esempi sono tanti, vanno dalle trasmissioni sportive all’insegna del tifo (Biscardi in testa) ai talk show (scegliete voi quali sono da escludere). Il “cazzeggio” è una continua osmosi fra chi fa e chi guarda la tv, in un circolo senza fine ,linguistico e non. Ostellino va oltre e non si limita a moraleggiare sull’argomento. Dice che Mentana mette in fila i fatti in “Matrix” ma non individua il nesso casuale perchè “questo non è pane per i suoi denti”; e che non basta essere un bravo direttore di Tg come lui, un centometrista, per correre la maratona di un approfondimento che richiede la capacità di costruire un racconto.
Per un approfondimento vero infatti serve andare al nocciolo delle questioni proprio leggendo dentro i fatti e interpretandoli. Isolando il cittadino dalla conoscenza del “nesso causale” tra i fatti- ciò che gli psicologi sociali chiamano “inerzia culturale”-nascono i regimi. Senza neppure dover instaurare la censura sull’informazione o limitare l’autonomia del giornalisti. Questo dice ancora Ostellino e non si può non essere d’accordo. La sua osservazione riguarda i programmi nel loro complesso, sia di Mediaset che della Rai. I due grandi canali infilano tante cose in una perenne calza della befana e i nessi sono in netta maggioranza casuali affidati ad un’inerzia culturale che si fa ogni giorno più ampia. E’ il regno, il dominio assolutistico del “cazzeggio” rispetto al quale i notisti di tv, i critici, sono impotenti più di altri, nel senso che si abbandonano all’inerzia anche se fanno la voce grossa. E’ questo il contributo che essi, non tutti per fortuna, danno spensierati al “regime”, come definirlo se non in questo modo?, che s’incrementa di un accumulo di fatti, e di intrattenimenti fossili anche se nuovi. Un ” regime” così nasce giorno per giorno nella ripetizione e nel mimare temi o interessi inutili.
Ma è proprio il punto centrale che si perde proprio nel chiassoso della sacra tenzone tra Rai e Mediaset, senza che gli specialisti o gli addetti ai lavori ne abbiano valutare realtà e conseguenze. Chicco Mentana e Brufolo Vespa, ma anche Baffo Costanzo, A Bocca Aperta Funari, Paciosa La Rosa, e seguaci, imitatori, cloni, ma anche sostenitori e ispiratori si salvano nel tempo perchè vivono delle discussioni e delle controversie, dei duelli tra direttori e funzionari, perchè incarnano da professionisti senza dubbi e senza troppi pensieri il “cazzeggio” che scorre nei canali e si travasa fuori. I catastrofisti parlano di tsunami o di uragani ma sbagliano, scambiano il corso ormai normale delle cose per un’esplosione di tempeste. Nel corso obbligatorio delle cose ognuno si salva come può ed ecco che la vittoria di Pupo su Bonolis assume il valore di uno scontro tra gladiatori, la gara tra la Ventura e lo sportivo Bonolis (anche lui elencatore di fatti e nemico dei nessi non casuali), quella tra la Sicilia di Montalbano e i costumi degli sceneggiati di Cinzia Th Torrini sembrano, negli sbandamenti che fanno registrare, il segno di un disorientamento del pubblico che è forse anche voglia e tentativo di reagire e di protestare.
Mai come quest’anno l’inizio della stagione televisiva è stata ed è ricca di sorprese, i giornali ne sono pieni, i dirigenti si interrogano soffrendo tutte la mattine davanti al tabernacolo dello share, gli sconfitti in potenza (Del Noce) battono i vincitori certificati fino a prova contraria (Pier Silvio Berlusconi). Pure questo retroscena costituisce, costituirebbe, materia di riflessioni meno abbandonati all’improvvisazioni e ai giochi verbali, letterali, mediatici. Già, ma chi lo fa? Capita di imbattersi in spunti degni di sviluppo, in opinionisti che si lasciano sfiorare da domande e curiosità, ma non c’è tempo, non ci sono margini, non c’è una motivazione plausibile. Le ore scorrono ma i programmi tv sono più veloci di loro,e si depositano negli occhi senza fatica, e vanno giù.
Italo Moscati