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MITOMANI E VITTIME

Il Festival di Sanremo se n’è andato, dopo le Olimpiadi sul ghiaccio, mentre langue la campagna elettorale in tv, scuotendosi a tratti per duelli che avranno magari un grande ascolto ma che per adesso sono circondati da universale indifferenza. Ma chi ci crede? Anche la serata dell’Oscar se n’è andata in sordina. Se avesse vinto

6 Marzo 2006 22:09

Giorgio Panariello Il Festival di Sanremo se n’è andato, dopo le Olimpiadi sul ghiaccio, mentre langue la campagna elettorale in tv, scuotendosi a tratti per duelli che avranno magari un grande ascolto ma che per adesso sono circondati da universale indifferenza. Ma chi ci crede?
Anche la serata dell’Oscar se n’è andata in sordina. Se avesse vinto “La bestia nel cuore” di Cristina Comencini forse qualcosa in più, sul piano d’interesse, avrebbe ottenuto sul piano della grancassa. Nonostante che l’Italia sia un paese diviso e lacerato, in preda a nostalgie o a sogni separatisti, funziona ancora molto non tanto il richiamo della bandiera o dell’inno di Mameli quanto l’orgoglio nazionale . Quell’orgoglio che Indro Montanelli definiva legittimo e importante ma che da noi scade rapidamente come il patriottismo in retorica insopportabile e nazionalismo cretino. Diceva proprio così.
Lo scadimento è favorito, come sappiamo, dal dilagare delle tv che se possono mandano cinicamente avanti la banda dei carabinieri e la vittoria dell’Italia calcistica del 1982, con Pertini che esulta quasi inghiottendo la pipa, per coprire il tutto. Non c’è spettatore che non se ne renda conto. E del resto certi orgogli sono davvero improponibili. Faccio un esempio. Pare che il Festival di Sanremo sia andato in giro per il mondo. Davvero? Le note della sigla della eurovisione lasciavano lo schermo ed ecco che subentrava un provinciale spettacolo per iniziati.
A parte le canzoni, brutte come al solito, che cosa avrà capito il cittadino danese, tedesco, polacco, eccetera di espressioni come “par condicio” sulle quali il povero Panariello tentava di fare dello spirito? E che cosa questi signori- a cui bisogna aggiungere tanti italiani- possono avere tratto dalla comparsata del bolso John Travolta che arriva, carezza un piede, fa due passi per ricordare “La febbre del sabato sera” e si porta via un sacco di soldi senza neanche cantare “Nel blu dipinto di blu”? Che cosa ha suggerito la presenza del campione di lotta americana e baraccona, tal Cena, un altro oriundo, con i suo predicozzi sulla qualità e sulle premure etiche del suo stupidissimo sport? Archiviamo. Passiamo ad altro.

Guia Soncini, la “deficiente” che scrive di tv sul “Foglio”, tempo fa parlando degli eroi del nostro piccolo schermo (conduttori o mentecatti del reality show) ha detto che da tempo ormai la stessa tv ci consente di vedere sciorinati tranquilli e beati gruzzoli di “mitomani”, persone che non hanno alcun freno e si sentono al centro del mondo. Giustissimo. La tendenza, tipica tendenza del paese, stava prima fuori dal video, poi è entrata prepotentemente quando il video è diventato il condominio nazionale per eccellenza, e adesso deborda fuori di esso con regolarità. Se servisse a pareggiare i conti economici con l’estero saremmo a cavallo.

Si veda il caso della nomimations del film “La bestia del cuore” di Cristina Comencini, non uno dei suoi migliori, non uno dei migliori nella recente nostra produzione. Sono rimasto a lungo colpito dalla campagna stampa che giurava, più che sperava, nella vittoria della pellicola della figlia del grande Luigi nella categoria dei film stranieri. Ma soprattutto ho creduto di aver letto male quando la regista, e i suoi sodali, hanno esplicitamente lamentato che lei e il film erano stati lasciati “soli” nella fase precedente della gara. Al punto che il ministro competente dei beni culturali e dello spettacolo, Buttiglione, si è sentito in dovere- sollecitato dalla stampa- ad assicurare che l’Italia mai e poi mai avrebbe abbandonato i nostri candidati allo sbaraglio della gara di Hollywood.

La formula è perfetta. Va oltre la circostanza dell’Oscar. Mi pare una conferma di un qualcosa che si va consolidando. Ovvero, si può essere “vittime” (nessuno mi sostiene, nessuno mi supporta) e nello stesso tempo “mitomani” ( non sono tanto un caso personale ma sono un vessillo, la bandiera di tutto il paese) . Non solo si può non avere un’idea anche vaga dei valori in campo , e quindi essere “mitomani” , esaltandosi per un soffio di gloria invocata senza prudenza; ma si può sentirsi “vittime” perchè non sorrette dalle braccia e dalle influenze di un ministro o di questa o quella categoria.

Guardiamo, come controprova, a Panariello. Anche lui ha dichiarato alla stampa di essere stato lasciato solo dalla Rai al Festival. In che senso? Colpa del produttore o degli autori che sono stati scelti? Colpa del direttore di rete, del capostruttura, del regista? Se non si specifica vuol dire che bisogna essere per forza “mitomani” per condurre Sanremo; e se si sceglie di fare gli orfani di mamma Rai , si diventa proprio in quanto “vittime” in certificati “mitomani”.
L’esito di questo processo nel circuito mediatico, come lo chiamano quelli che se n’intendono, è la situazione attuale. Nessuno paga. Nessuno è responsabile. Nessuno viene chiamato a rendere conto.
Si tratta di un processo che contiene una verità, a ben pensarci.
I “mitomani vittime” sono i prediletti del circuito mediatico, e dei suoi potenti e potentati, perchè assorbono in loro tutto ciò che non va e lo espellono nelle fogne dei palazzi della comunicazione, cosicchè i veri responsabili dello stallo o declino o dèbacle o sfinimento delle nostre arti e culture comunicative (boom!) possono continuare a stare seduti nelle loro poltrone.
La controprova? Dirigenti e ministri cambiano non perchè vengono valutati e rimossi se non si sono rivelati all’altezza, ma perchè serve un giro di poltrone, un rimpasto teso non a guarire il “male” (boom!) ma a nasconderlo onde perpetuarlo. I “mitomani vittime” hanno, consapevolmente o inconsapevolmente, il ruolo del Milite Ignoto. di fronte al quale ogni dubbio, ogni problema deve cadere, necessariamente. Una corona di alloro, e via. Per poi risorgere e , se serve, continuare a far danni.

Ogni anno sogneremo di vincere l’Oscar, di vincere alla (nostra) Mostra del cinema di Venezia (all’estero ci hanno proprio dimenticato se non in rassegne di periferia terzomondiste), di imbroccare il conduttore di Sanremo, di…
Questa è la vigna, il circuito mediatico, dove vendemmiamo. Ma della vigna si dirà un’ altra volta. Perchè c’è una speciale variante dei “mitomani vittime”, quella dei “mitomani vittime gladiatori”. Il massimo esponente è il Baricco nella sua tenzone con la critica che non lo critica abbastanza. E’ un’altra storia. Come ho detto, varrà la pena di tornarci su.

Italo Moscati