28 anni fa… Goldrake
La “ricorrenza” in oggetto è passata sotto silenzio ma AdnKronos me l’ha ricordata e ne parlo con piacere, seppure con due giorni di ritardo. L’altroieri è caduto infatti il 28° anniversario della prima messa in onda di Goldrake, avvenuta il 4 aprile 1978 su RaiDue alle 19:00. Giunto in Italia dopo il grande successo ottenuto
La “ricorrenza” in oggetto è passata sotto silenzio ma AdnKronos me l’ha ricordata e ne parlo con piacere, seppure con due giorni di ritardo. L’altroieri è caduto infatti il 28° anniversario della prima messa in onda di Goldrake, avvenuta il 4 aprile 1978 su RaiDue alle 19:00.
Giunto in Italia dopo il grande successo ottenuto in Francia, Atlas Ufo Robot (nome che da noi era stato dato alla serie), ebbe il merito di introdurre nel nostro paese il filone dell’animazione robotica giapponese, presentando le vicende di un eroe che combatteva contro i nemici alieni essendo alieno egli stesso, e letteralmente incantando una generazione di ragazzi.
Io stesso ero uno dei tanti bambini incollati davanti al teleschermo quella sera del 1978, in compagnia di mio padre, anche lui estimatore di Goldrake. Il colore era stato introdotto soltanto l’anno precedente, quindi le prime puntate le ho viste su un televisore in bianco e nero (molti dei lettori più giovani non sapranno neanche di cosa parlo).
La serie è stata creata da Go Nagai, autore di altri mitici robot come Mazinga Z, Il Grande Mazinga e Jeeg Robot, per un target di adolescenti/adulti. Le tematiche affrontate dal cartone e il realismo dell’azione, non esattamente adatto a bambini troppo piccoli, fecero quindi incappare la serie prima nella censura dell’emittente TV di Stato, poi la resero oggetto di critiche e proteste da parte di molte mamme, preoccupate per la violenza del cartone (come una sorta di MOIGE ante litteram).
Ricordo chiaramente che all’epoca le critiche più feroci ponevano l’accento sulla crudezza della narrazione e che, per scoraggiarne la visione, facevano leva su una presunta cattiva qualità tecnica del prodotto che secondo molti era “fatto con il computer”. In realtà le imprecisioni dei disegni denotavano proprio la lavorazione manuale dei disegnatori e degli animatori (mentre la Disney ha poi sdoganato l’uso del computer per creare le animazioni con l’asettico La Bella e la Bestia… eh, ma loro erano la Disney!).
La censura di fatto condannò le serie robotiche all’esilio dai canali RAI, decretandone però il successo nei circuiti alternativi privati, allora di proprietà di Mondadori (Rete 4), Fininvest (Canale 5) e Rusconi (Italia 1).
Il resto della storia lo conosciamo; se invece volete rispoverare i vostri ricordi sui cartoni animati giapponesi non posso non consigliarvi l’ottimo sito Enciclo*Robo*Pedia.