Mondiali in 16:9 – Ma la tele è piccola
Un 16:9 anamorfico – SKY trasmette così su un suo canale – verosimilmente sottoposto a pan&scan per essere visto regolarmente sui televisori 4:3, è l’effetto che utilizza la RAI per mandare in onda le poche partite che si può permettere in questo anomalo Mondiale di Calcio Germania 2006, che vede la rinascita del bar come
Un 16:9 anamorfico – SKY trasmette così su un suo canale – verosimilmente sottoposto a pan&scan per essere visto regolarmente sui televisori 4:3, è l’effetto che utilizza la RAI per mandare in onda le poche partite che si può permettere in questo anomalo Mondiale di Calcio Germania 2006, che vede la rinascita del bar come luogo di aggregazione per tifosi e appassionati.
Una scelta estetica più che contenutistica, che ho spesso difeso in molte trasmissioni – anche laddove si trattava di un mero effetto con bande cinema montate su un 4:3 tradizionale – ma che trovo assolutamente inadeguata per trasmettere una partita di calcio.
Già la televisione si presta poco a totali di ampio respiro – che sono fondamentali per capire la successione dell’azione. Fateci caso: tradizionalmente, una partita di calcio ha una bella camera centrale che si segue l’azione, in totale. Poi, eventualmente, ci sono i primi piani, i campi differenti, le soluzioni stilistiche e di ripresa che lasciano un minimo di inventiva al regista. Ma l’essenza fondamentale della regia di un evento sportivo dev’essere il racconto dell’evento stesso, non i voli pindarici di chi sta in cabina di regia -. E si presta poco a totali di ampio respiro perché, di base, è piccola, le attrezzature che si utilizzano non hanno la stessa sensibilità della pellicola e maltollerano le forti differenze di esposiozione e occorre uno spiegamento di forze e mezzi per fare un totale decente che spesso non ne vale la pena. E poi, mi ripeto, la televisione è fondamentalmente piccola.
Qualcuno, nei commenti, chiosa ipotizzando che la scelta di questo 16:9 sia dovuta al fatto che il mondiale RAI è ristretto. Restringiamo allora anche l’immagine, per metafora. Mi sembra l’unica motivazione che abbia un minimo di senso, nella sua amara ironia, anche se – ahimé – la scelta è della regia internazionale.