L’Ispettore Coliandro va di fretta
Non avevo ancora avuto l’occasione di dirvi la mia sull’Ispettore Coliandro e, visto che stasera va in onda l’ultima puntata, non posso fare a meno di sottolineare un dato piuttosto sconcertante: la programmazione lampo. Perchè silurare un prodotto così interessante e avvincente in soli dieci giorni è davvero un peccato. La serie di ispirazione “lucarelliana”
Non avevo ancora avuto l’occasione di dirvi la mia sull’Ispettore Coliandro e, visto che stasera va in onda l’ultima puntata, non posso fare a meno di sottolineare un dato piuttosto sconcertante: la programmazione lampo.
Perchè silurare un prodotto così interessante e avvincente in soli dieci giorni è davvero un peccato. La serie di ispirazione “lucarelliana” (volendo alludere all’ottimo giallista e non all’omonima opinionista) è stata anticipata rispetto al periodo di garanzia per le perplessità manifestate sul suo appeal televisivo.
Realizzando al debutto, giovedì 24 agosto, un discreto 12.91%, ha peraltro goduto degli apprezzamenti di Agostino Saccà, direttore di Raifiction, che si è detto entusiasta di aver colto nel segno di un pubblico giovane, più maschile e più nordico (?!?).
Proprio quando i media hanno iniziato a esprimere termini lusinghieri su questo ispettore così atipico eppure surrealmente realistico, in grado di suscitare umorismo e coinvolgimento, non c’è stato più il tempo materiale per parlarne e apprezzarne globalmente la portata.
Ve lo dice un telespettatore per caso, normalmente non avvezzo al genere poliziesco, che si è talmente appassionato alle vicende del personaggio da guardare la prima puntata con enorme trasporto e recuperarne i tasselli mancanti, a una prima visione, con il filesharing.
Coliandro è una di quelle sorprese che non ti aspetti e torna a farti incuriosire davanti alla tv.
Per poi passare in sordina, nel bailamme dei palinsesti autunnali, costringendoti a inseguirlo vorticosamente prima che arrivi il settembre inoltrato e dominato dai grandi colossi…
La forza di Giampaolo Morelli e della sua interpretazione, per quanto mi riguarda, vale da sola le ragioni di un successo seriale non adeguatamente valorizzato.
E che, proprio perchè di serialità si tratta, andava “educato” e non bruciato come un tappabuchi qualsiasi.
Ve lo dice uno che è fermo a metà vhs della seconda puntata e preferisce il gusto dell’attesa e della riflessione nel tempo al vizio del telefilm usa e getta.
Che poi qualche pecca strutturale ci sia (primi fra tutti certi racconti un po’ stereotipati), non saremo qui a negarlo. Ma, se vogliamo a tutti i costi criticare un esperimento così innovativo e ben orchestrato, dalla regia alla musica passando per i dialoghi brillanti, allora dovremmo perdere ogni speranza nei confronti della scatola parlante…