Home Notizie DA CANTANDO SOTTO LA PIOGGIA A TARICONE…

DA CANTANDO SOTTO LA PIOGGIA A TARICONE…

Ricordate l’inizio di “Cantando sotto la pioggia” con Gene Kelly e Donald O’Connor, forse il più bel musical della storia? No, eccone una sintesi. Gene Kelly, vestito con un impermiabile chiaro e cappello chiaro, arriva ad una prima cinematograficaa Hollywood. Giornalisti, fans, riflettori[…]

pubblicato 18 Settembre 2006 aggiornato 11 Febbraio 2021 07:32

Ricordate l’inizio di “Cantando sotto la pioggia” con Gene Kelly e Donald O’Connor, forse il più bel musical della storia?
No, eccone una sintesi. Gene Kelly, vestito con un impermiabile chiaro e cappello chiaro, arriva ad una prima cinematograficaa Hollywood. Giornalisti, fans, riflettori soprattutto riflettori a grattare il cielo, polizia molta polizia per proteggere i divi (delirio: siamo alla fine del “muto” e vigilia del “sonoro”, Gene è uno di questi divi), folla folla folla…Un microfono si avvicina alla labbra di Gene che comincia a fare una sintesi della sua carriera e non nasconde sacrifici, cose ridicole, speranze e gaffes, e conclude ogni frase con la parola “dignity” ripetuta più volte, ovvero, com’è facile tradurre, “dignità”.
Questa situazione e questa parola mi sono affacciati alla memoria quando in “Wild West”, il nuovo reality di Alba Parietti, gambe accavallate però in blue jeans, è comparso Pietro Taricone, il primo campione del primo reality in Italia, “Il grande fratello”. Riflettori, riflettori, spettatori deliranti in studio, musica fragorosa invadente trionfalistica. Una cosa esagerata. Un’imitazione di quella Hollywood che non c’è più. La tv, questa tv, si sbraccia per dimostrare che nel piccolo schermo tutto è grande, molto grande, grande ben più dei muscoli del buon Pietro stretti in una camicia da cow boy. Alba, esaltata dal ruolo e dal profumo di scuderia (Pietro ha adesso una fattoria), lo intervista come se stesse parlando con Gene Kelly o Marlon Brando, Yves Montand o Marcello Mastroianni. La intervista dura a lungo, troppo, attorcigliandosi su se stessa, vuota, anche se il buon Pietro (intelligente)cerca di mantenersi all’altezza della situazione, ovvero simpatico, gradevole, complimentoso, senza dubbio troppo complimentoso.Alba sembra in estasi, innamorata, felice, gratificata, splendente (e imbarazzata sotto sotto). Fantastico. I riflettori si alzano verso il cielo e lo esplorano, ma non vanno tanto in là, il cielo è sotto il tetto dello studio.

Intanto, la trasmissione -infinita- non prende quota. Alba va imperterrita: è il suo ritorno dopo quello di Santoro, e anche lei è in fase di lancio o rilancio. Pietro sorride a 400 denti e mai, mai, gli viene in mente di dire “dignity”.
Ecco per noi che amiamo il cinema, e che non disprezziamo la tv, anzi, basterebbe che la tv o meglio i personaggi con voglia di divismo facessero tutto quel che vogliono-nel bene e nel male, più nel male-arrivassero almeno a dire: “dignity”, anche solo una volta o per caso.
Dignity, dignità, ossia ironia o autoironia. Ne vedo poca in giro, sia in tv che purtroppo nel cinema d’oggi. Altro che “Wild West”, molto meglio una scena qualsiasi di un qualsiasi film western, e non c’è bisogno di citare il dignitosissimo, immenso Sergio Leone che ogni tanto si affaccia sul video con il suo incontenbile cinemascope.
ITALO MOSCATI