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Wild West, analisi di un insuccesso

Non se ne era accorto praticamente nessuno, ma Wild West dopo la chiusura del serale è continuato ugualmente. Domani pomeriggio, nello studio de L’Italia sul Due, verrà proclamato il vincitore di questa prima (e presumibilmente ultima) edizione, uno tra Matteo, Stefania e Mathieu. In queste settimane i novelli cow-boy hanno attraversato l’Arizona a cavallo, con

5 Novembre 2006 20:48

Wild WestNon se ne era accorto praticamente nessuno, ma Wild West dopo la chiusura del serale è continuato ugualmente. Domani pomeriggio, nello studio de L’Italia sul Due, verrà proclamato il vincitore di questa prima (e presumibilmente ultima) edizione, uno tra Matteo, Stefania e Mathieu.
In queste settimane i novelli cow-boy hanno attraversato l’Arizona a cavallo, con mandria al seguito (59 mucche su 100 sono arrivate a destinazione), destreggiandosi tra la natura e gli animali selvaggi, la scarsità di cibo e la mancanza di agi.

Tentiamo per un attimo di analizzare quali siano state le vere pecche di questo grandissimo flop. L’idea che sta alla base di Wild West non è così malvagia: un gruppo di sconosciuti viene portato in una terra difficile, con il minimo indispensabile per sopravvivere. I malcapitati cercheranno, dopo una settimana di training da cow-boy, di portare ad un’asta, in un villaggio lontano, quanti più capi di bestiame possibile, per poi venderli e ricavarne quello che sarà il montepremi finale.
Per capire se l’idea avrebbe meritato miglior fortuna, azzardo un paragone con un altro reality, L’isola dei famosi, la cui idea di base non differisce poi di molto: un gruppo di (s)conosciuti viene portato in una terra (isola) difficile, con il minimo indispensabile per sopravvivere. I malcapitati cercheranno di non annoiarsi e, soprattutto, di non annoiare il pubblico.
Come vedete le similitudini tra i due reality ci sono, ma solamente uno ha avuto buoni ascolti (anche se minori delle precedenti edizioni) e non si tratta di Wild West, quindi l’ipotesi “idea sbagliata” è da scartare.

Osserviamo ora la “gestione” del prime time e anche qui il paragone con L’isola è d’obbligo: da una parte abbiamo una Simona Ventura addirittura eccessiva nello “sprizzare verve” da tutti i pori, dall’altra invece un’Alba Parietti la cui conduzione si può paragonare a quella di Maria De Filippi a C’è posta per te. Se in quest’ultimo programma però una certa rigidità è d’obbligo, vista la seriosità di molti degli argomenti trattati, dall’altra è totalmente fuori luogo. Si tratta pur sempre di un reality, uno show che deve far appassionare e anche divertire il pubblico.
Una prima pecca quindi è proprio la conduzione, nonostante Alba in queste settimane si sia scrollata di dosso ogni colpa imputando invece la causa dell’insuccesso a questa fantomatica – solo in parte vera – “crisi dei reality“.
La conduzione però da sola non basta. Se parliamo di “gestione” del prime time, dobbiamo anche spendere qualche parola sulla lunghezza della serata e proprio qui entra in scena una scelta autoriale totalmente sbagliata, non imputabile quindi alla Parietti, ossia la pessima amministrazione del tempo. Il “vizietto” di questi ultimi anni di unire prima e seconda serata ha sicuramente dei pro in termini di share, ma dei fortissimi contro in termini di interesse da parte degli spettatori. Scegliere di andare in onda fino a mezzanotte inoltrata (in alcuni casi fino all’una) può essere vincente se gli argomenti per “riempire” una puntata non mancano, ma può rivelarsi deleterio nella situazione opposta, ossia quando si è costretti a ricorrere a trucchetti per colmare i vuoti del programma. E proprio questo a Wild West è stato fatale. Interviste a personaggi che nulla c’entravano con lo show (come ad esempio Pietro Taricone), chiacchiere infinite con parenti e opinionisti in studio e attenzione quasi morbosa verso i fatti personali dei concorrenti hanno inevitabilmente annoiato il pubblico fin dalla prima puntata.

Credo che alla fine l’insuccesso di Wild West sia dovuto proprio a questi fattori, ai quali aggiungerei una certa preferenza da parte del pubblico nei confronti di reality che offrono la visione di personaggi famosi (o presunti tali) messi a nudo e, ovviamente, la messa in onda in contemporanea di troppe trasmissioni tutte uguali. Il risultato è che un adventure show dal buon potenziale, sul quale io stessa avrei puntato, si è trasformato fin da subito in un flop colossale…costato tra l’altro al servizio pubblico milioni di euro per l’impossibilità di accelerarne la chiusura, come è stato per Reality Circus. D’altronde le 100 mucche non possono mica mettersi a correre…