Donne che accarezzano i cuscini
Qualche anno fa, mi colpì una dichiarazione di Serena Garitta, vincitrice della quarta edizione del Grande fratello. In soldoni, l’incontenibile genovese (ora approdata al simil giornalismo di “La vita in diretta”) si augurava, fresca di vittoria e ubriaca di neopopolarità, di fare qualcosa in Tv, ad esempio delle telepromozioni. Pur apprezzando la surreale modestia di
Qualche anno fa, mi colpì una dichiarazione di Serena Garitta, vincitrice della quarta edizione del Grande fratello. In soldoni, l’incontenibile genovese (ora approdata al simil giornalismo di “La vita in diretta”) si augurava, fresca di vittoria e ubriaca di neopopolarità, di fare qualcosa in Tv, ad esempio delle telepromozioni. Pur apprezzando la surreale modestia di tale aspirazione e la conseguente, lodevole consapevolezza di cosa sia una gavetta, la cosa mi colpì, proprio perché avevo sempre considerato pressoché umiliante il ruolo di quelle sorridenti ragazze che, nei noiosissimi spazi tra una trasmissione e l’altra o anche all’interno di uno stesso programma, sono pagate (quanto?) per accarezzare un cuscino, abbracciare un materasso, appoggiare la guancia su un piumone “reversibile, tutta piuma d’oca”, cingere felici una coperta “pura lana merinos”. Sempre sorridenti, sempre con la testa inclinata da un lato e lo sguardo in camera. Con un po’ di distacco, occorrerebbe considerare però che qualunque lavoro comporta una gavetta, e che chi aspira a lavorare nello spettacolo sa che questa gavetta, a differenza della gran parte di quelle altrui, avverrà, per umiliante che sia, sotto i riflettori, proprio come la carriera che si intende intraprendere. Quindi accarezzare un cuscino per lavoro è normale? E trovarlo una cosa umiliante è snob?