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No all’Isola, da Piombino

Quel che mancava, a questa travagliata fase di preparazione della nuova edizione de L’Isola dei Famosi, era una petizione con richiesta di sospensione per motivi umanitari.Petizione che arriva da Piombino (si veda in merito Il Tirreno), dove un gruppo di studenti ha raccolto oltre settecento firme per chiedere la sospensione del programma. I ragazzi hanno

6 Agosto 2007 09:28

L'Isola dei Famosi
Quel che mancava, a questa travagliata fase di preparazione della nuova edizione de L’Isola dei Famosi, era una petizione con richiesta di sospensione per motivi umanitari.

Petizione che arriva da Piombino (si veda in merito Il Tirreno), dove un gruppo di studenti ha raccolto oltre settecento firme per chiedere la sospensione del programma. I ragazzi hanno letto un articolo di Betty Schiavon, pubblicato sul numero di febbraio del mensile Popoli. Il reportage della Schiavon inizia con questo interrogativo:


Nell’arcipelago dei Cayos Cochinos, in Honduras, vive un popolo che lotta per la sopravvivenza in un paradiso naturale ambito da molti. A speculazioni e minacce si sono aggiunti danni e disagi creati da un noto reality show. Quale la realtà nascosta dietro le telecamere? Che cosa resta dopo che i riflettori si spengono?

Un interrogativo ovviamente senza risposta, se non per coloro che, a vedere cosa resta, ci sono stati. Per coloro che parlano di danni alle popolazioni locali, restrizioni alla pesca con divieto di avvicinarsi alle isole dove famosi o presunti tali di un’altra parte del mondo combattono la loro quotidiana battaglia per restare a galla nella loro aura di fama, accettando di fare la fame (così vogliamo credere) per qualche settimana. Mentre lì, poi, chi resta, la fa tutto l’anno.

Ma certo, sarà qualunquismo, sarà la solita ipocrita indignazione occidentale, vero? E il reality non si fermerà, e il sistema non si cambia, no? A me però piaceva dar voce anche qui a questa insolita protesta ispirata dai ragazzi della Scuola Media Guardì di Piombino. Sono nuove generazioni, magari loro possono ancora credere di cambiare il mondo.

A questa utopia, chissà cosa risponderà, RaiDue. Ammesso che risponda.

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