SE NE VANNO (NON SOLO DALLA TV) E NON SI FA IN TEMPO A SALUTARLI
Se ne vanno. Voltano le spalle alla vita, al mondo, alla tv. Se n’è andato Carnevali, in punta di piedi anche se l’ultima cosa che ha fatto era fragorosa, rimbonbante : il “Grande Fratello”. Lo incrociavo nei corridoio della Rai in viale Mazzini. Aveva l’aspetto severo e sbrigativo di chi sapeva[…]
Se ne vanno. Voltano le spalle alla vita, al mondo, alla tv. Se n’è andato Carnevali, in punta di piedi anche se l’ultima cosa che ha fatto era fragorosa, rimbonbante : il “Grande Fratello”. Lo incrociavo nei corridoio della Rai in viale Mazzini. Aveva l’aspetto severo e sbrigativo di chi sapeva che , in questa azienda, le chiacchiere servono a poco e bisognava lavorare sodo. Era fra i pochi. La chiacchiera da corridoio, da bar, da bagno, ufficio e moviola è centrale nella pratica delle tv, lo era ieri e lo è soprattutto oggi (anche nelle aziende private). Ci sono le raccomandazioni, le telefonate ai politici di riferimento, eccetera.
Con Carnevali scambiavamo solo poche parole. Noi dovevamo lavorare. Ebbe qualche espressione gentile sulla mia attività ai programmi sperimentali, avevamo debuttato (inizio anni settanta) con un breve e bel film di Gianni Amelio, “La fine del gioco”, uno dei suoi migliori. Carnevali, che si occupava di show, mi disse che non avrei avuto vita facile. Così fu.
Se n’è andata Perla Peragallo, attrice, e non solo. Perla era ormai solo una badante. Stava accanto da anni al suo uomo, Leo De Berardinis, un attore e regista degli anni di Carmelo Bene (la cosa lo faceva un poco soffrire), che era caduto in coma e ancora non si è svegliato. Chi prenderà il posto di badante? Un brivido.
Perla, figlia di un compositore, amava la musica. Un particolare della sua biografia mi colpisce. Sto lavorando a un film doc su Maria Callas, anche qui un corpo e un talento scomparsi (da trent’anni) e apprendo che la decisione di fare teatro Perla la prese incontrando proprio la Callas in un intervallo della “Norma”, l’opera in cui è inclusa una delle più belle pagine della lirica, “Casta diva”, che la Callas cantava in modo struggente. Basta risentirla nelle registrazioni.
La decisione di entrare sulla scena come attrice portò Perla a unirsi nell’amore e nel mestiere con Leo. Erano gli anni di quando l’avanguardia teatrale era ben viva, come del resto quella cinematografica. Roma era una città invasa dagli artisti e molti venivano dall’estero: Jean Luc Goodard e Glauber Rocha, tanto per citare due nome. Circolavo in questi ambienti, nei miei primi passi di raccontatore di spettacoli e di sceneggiatore. Perla mi conquistò subito.
La vidi nel ‘67 in “La faticosa messa in scena dell’Amleto di William Shakespeare” , in “Sir and Lady Macbeth” e successivamente nel “Don Chisciotte” di Carmelo Bene. Li seguivo, li cercavo: Perla, Leo, Carmelo; ci cercavamo. Tentavo di portarli in televisione. Non fu facile. Leo andò a vivere a Marigliano per cambiare aria e fare un teatro fuori le mura del conformismo e dell’abitudine. Perla gli era sempre accanto. Spettacoli magari scomposti ma vivi, come se ne fanno pochi o nessuno.
Girarono un film “A Charlie Parker”, il grande innovatore del jazz , “Compromesso storico a Marigliano” e “Pamphlet” uno “sceneggiato televisivo” presentato nel 1981. Quest’ultimo non lo conosco, che sarà?, sarebbe bello venisse recuperato un pamphlet cha per oggetto uno dei nostri eterni crucci televisivi. Gli altri li ricordo come film intensi. Si potranno rivedere?
Sia Perla che Leo schizzavano la tv e li capivo, li capisco. Ma avrebbero accettato di realizzare qualcosa se la tv glielo avesse consentito come è
accaduto per Carmelo,e non solo per il suo memorabile pezzo tv”Majakovsky”. Il loro lavoro comunque contagiava e le loro idee finivano nelle discussioni sui progetti sperimentali fino alla partenza per Marigliano. Penso che sarebbe utile raccontare i contagi, le irruzioni, i colpi di mano, i rifiuti e le assenze di tanti artisti che capivano molto di tv proprio perchè artisti e non funzionari delle meste pratiche quotidiane delle stessa tv.
Infine, se n’è andato Alfredo Giuliani, scrittore, poeta, saggista. Sfiorò la tv. Nel senso che partecipò sul finire degli anni settanta al grande festival dei poeti di Castelporziano, un gran casino di veri poeti, hippies, avventurieri, nudisti, falsi poeti, lattine di birra e di coca (cola) lanciate dal pubblico sui poeti che con coraggio salivano sul palco davanti al mare per dire quel che dovevano dire o leggere. In un mio film doc, che usava in parte filmati raccolti alla brava durante il festival da un giovane cinesta diventato poi un abile falegname, compare Alfredo. Il filmato si chiama “Lapsus” e andò in onda qualche tempo dopo sulla tv, allora solo Rai, scatenando reazioni di tutti i tipi. Il placido pubblico tv non capiva, non accettava certe provocazioni, i sabba di quelle lunghe notti. Nello spezzone con Alfredo, lo si vede mentre cerca di far ascoltare i suoi versi, ha metaforicamente i capelli dritti per la paura, volano lattine. Risolve con la velocità. Spiazza per qualche minuto tutti quanto gesticolando, sibilando le parole, alla fine voltando le spalle, fuggendo via, dal clamore che era solo un enorme vuoto.
Quando ripenso a quella performance, penso alle risorse che un poeta, un artista scova nei momenti più impensati, difficili. Vorrei richiamare Alfredo e chiedergli in confidenza: ma tu, in mezzo al grandissimo casino non della tv ma delle tv d’oggi, cosa faresti? cosa suggerisci? Ultimamente lo avevo perso di vista. Sono sicuro però che avrebbe inventato qualcosa rapidamente, qualcosa di giusto e di appropriato. Al volo. Sibilar parole e voltare le spalle. Per proteggersi .Certe fughe sono senza fine. Come dice il titolo di un gran libro di Joseph Roth. Nella ambiguità in cui viviamo, qui, occupandoci di tutto quanto fa o disfa la tv: tra interesse e interessi, tra voglia di capire e necessità di fuggire per non finire nel vuoto del tubo (catodico).
Vi saluto Carnevai, Peragallo, Giuliani… vostro affezionato Italo