Californication – Recensione
Californication non è ancora stata acquistata da alcun canale italiano, sebbene sia contesa da Jimmy e Italia1 – secondo i rumors in rete, la gara sarebbe stata vinta da quest’ultima -. Perché sia contesa, questa serie, e perché sia discussa, be’ è facile capirlo fin dalle prime immagini del pilot. Lo screenshot qui sopra è
Californication non è ancora stata acquistata da alcun canale italiano, sebbene sia contesa da Jimmy e Italia1 – secondo i rumors in rete, la gara sarebbe stata vinta da quest’ultima -.
Perché sia contesa, questa serie, e perché sia discussa, be’ è facile capirlo fin dalle prime immagini del pilot.
Lo screenshot qui sopra è tratto dalla sequenza iniziale. Al di sotto dell’inquadratura, impegnata in pratiche fin troppo acili da immaginare, c’è una bellissima bionda in abito da suora.
Lui, be’, lui l’avrete riconosciuto. Un po’ invecchiato – il giusto – un po’ ingrassato, con la barba perennemente di tre giorni e la Porche col fanale rotto, un po’, un bel po’, meno bravo ragazzo di quando faceva sognare gli appassionati degli X-Files e gestiva la sua ingestibile unresolved sexual tension con Dana Scully (Gillian Anderson). Ebbene sì, lui è David Duchnovy, già Fox Molder per tutti gli amanti di telefilm vecchia maniera.
In Californication David è Hank Moody, uno scrittore in crisi d’ispirazione. Nel Pilot vengono brevemente e funzionalmente presentati quasi tutti i personaggi principali della serie. L’inizio del pilot, secondo uno schema che si ripeterà, è completamente decontestualizzato dal resto della serie e riguarda una situazione particolare che, ovviamente, è spoiler.
Si comincia, infatti, dentro la mente di Hank. Con un sogno – come il caso del pilot -, con una fantasia, con una speranza.
La serie, ancora in onda negli States su Showtime con i 12 episodi da mezz’ora l’uno della prima stagione (ne mancano 3 mentre scrivo), è evidentemente un prodotto via cavo e già i fan tremano – come il sottoscritto – all’idea di un’eventuale messa in onda su una tv in chiaro in Italia.
La critica è generalmente positiva, sebbene quasi ovunque (la serie è già in onda o comunque già stata acquistata anche in Regno Unito, Irlanda, Australia, Canada, Brasile, Francia, Argentina, Svezia e Islanda) i conservatori si oppongano nettamente alla natura troppo esplicita della storia.
Vi ricordavate un David ossessionato dagli alieni? Be’, ora le sue ossessioni sono il blocco dello scrittore, l’ex fidanzata, il sesso e le donne che deve portarsi a letto. Deve, letteralmente. In particolare, la sequenza di apertura del pilot, in cui una suora (che poi suora non è) si dedica a pratiche di sesso orale con Hank – bel biglietto da visita, no? – è stata duramente criticata e si sono levati gli scudi dei cattolici invitando a boicottarne la visione e persino l’inserimento di spot pubblicitari. Risultati? Della serie si parla ancora di più.
La regia è tradizionale, il look decisamente filmico, la scrittura ottima, il tema, per quanto ancora una volta distante dalla vita dell’uomo comune, umanizzato come non mai. Il trio di produttori esecutivi (lo stesso Duchnovy, Tom Kapinos e Stephen Hopkins, quel’Hopkins che creò la prima stagione di 24) ha fatto un ottimo lavoro. E’ vero, la serie non è rassicurante. Anzi.
E non lo è perché prende posizioni. Perché Hank scrive un libro dal titolo “God Hates Us All”. Perché si scaglia contro il cinema che ha tradotto quello che possiamo immaginare un capolavoro di pessimismo cosmico contemporaneo alla Houellebecq in un filmetto-filmaccio con Tom Cruise e Katie Holmes dal titolo “A Crazy Little Thing Called Love”, che Hank stronca a modo suo. Perché rimorchia Mia senza saper chi sia mentre lei legge quel suo libro – e il mondo, è ovvio, si divide in due: quelli che pensano che il film sia meglio del libro, i condannati, e quelli che conoscono la verità, i salvati -, perché fa un monologo che insulta l’uomo – la donna – medio, perché mentre fa sesso con Mia, sedicenne, lei lo picchia.
Perché prende in giro gli scrittori che hanno un blog (!), perché Dani California è una Suicide Girl e ha il suo Myspace.
Per tutti questi motivi, che sanno di vita vera. Quella vita vera che fa mettere in bocca a una dodicenne un po’ cresciuta, con due genitori separati e sbandati, nell’ordine, la parola vagina e un bong. Poco dopo essere stata sorpresa a farsi toccare a scuola e aver detto a un’insegnante: “in quale altro modo ci si può far amare dai ragazzi?”
Globalmente, una serie da vedere e da gustare, vietata ai puritani.
E se vi chiedete che cosa scrive uno scrittore in crisi d’ispirazione davanti al suo portatile, be’, Californication vi dà la sua risposta.
Questo il cast:
Natascha McElhone (Karen Van Der Beek), ex fidanzata di Hank, da Ronin a The Company, alle serie tv.
Evan Handler (Charlie Rumkle), agente di Hank, era nel pilot di Lost e in Studio 60 on the Sunset Strip.
Madeleine Martin (Rebecca “Becca” Moody) figlia dodicenne di Hank e Karen,
Madeline Zima (Mia Gross), figlia sedicenne del nuovo fidanzato di Karen
Rachel Miner (“Dani California”) è la segretaria di Charlie
Damian Young (Bill Gross) è il fidanzato di Karen.
Di seguito, alcuni screenshot dal Pilot