L’UNICO FLOP DEL GRANDE PIRRO
Ero abituato alle vittorie di Pirro. Ugo. C’ero abituato perchè molti dei suoi film avevano la chiara ed efficaca qualità della sua mano di grande sceneggiatore. Altro che vittorie di Pirro. Erano vittorie vere e lo sono ancora; basta guardarli i suoi film. Non faccio l’elenco perchè i giornali e le tv, nei coccodrilli, hanno
Ero abituato alle vittorie di Pirro. Ugo. C’ero abituato perchè molti dei suoi film avevano la chiara ed efficaca qualità della sua mano di grande sceneggiatore. Altro che vittorie di Pirro. Erano vittorie vere e lo sono ancora; basta guardarli i suoi film. Non faccio l’elenco perchè i giornali e le tv, nei coccodrilli, hanno pianto a dirotto sulla morte di Ugo e sulle sue pellicole (che non vanno per fortuna in tomba con lui).
Mi voglio limitare a ricordarne uno, uno solo: “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri, 1970,vincitore del premio della giuria a Cannes e di un Oscar come miglior film straniero. A scriverlo questo bel film, che non finisce di stupire rivedendolo, sono stati Petri, davvero uno dei nostri migliori registi, e naturalmente Ugo. Siamo oggi a quarantanni dal ’68, anzi dal Sessantotto. Se qualcuno vuol capire il clima di quegli anni torni all'”Indagine”, ne ricaverà molto di più rispetto alle chiacchiere commemorative già iniziate.
L’idea base del film, o meglio della sceneggiatura, veniva da una intima convinzione che Pirro ha versato nelle pagine di un libro su come si progetta e scrive un copione per il cinema. In breve. Serve la capacità di individuare il tema centrale di una società, identificarlo, documentarsi e quindi rappresentarlo. L’Italia allora era un paese scosso dalla contestazione, spaventato dalla minaccia del terrorismo che serpeggiava o veniva paventato a chi sapeva leggere in profondo. Era la paura a scuoterlo, il paese, e questa paura (soprattutto del potere) si scatenava nella logica obbligatoria e poliziesca della repressisione.
In questo senso, il poliziotto-assassino, interpretato da Gian Maria Volontè ,ha una tala forza da costringerci ancora a ripensare a quel periodo e a trarre riflessioni sulla dialettica estremismo-repressione, un tema che non tramonta.
Qui però vorrei aggiungere qualcosa sul Pirro che lavorò, non molto, per la televisione, cioè per la Rai. Insieme al giornalista Vincenzo Talarico, un pò pittoresco ma molto simpatico, fece la sceneggiatura di ” Luisa Sanfelice”, nel 1966, storia della eroina della rivoluzione napoletana del 1799, interpreti Lydia Alfonsi e Giulio Bosetti, regista Leonardo Cortese (ex attore). Era uno “sceneggiato” riuscito, vivo e impetuoso per l’epoca. Poi dovranno passare molti anni, e bisognerà arrivare al 1994, per trovare il nome di Ugo tra gli autori delle quattro puntate di “Casa Ricordi”, regista Mauro Bolognini. Una confezione accurata, prestigiosi personaggi della musica, buono.
Infine, ed è il punto a cui volevo approdare, un programma di Rai3 durante la direzione di Angelo Giuglielmi. Era un periodo in cui andava forte il “Processo del lunedì” di Aldo Biscardi. Ugo ottenne di fare un “Processo al cinema” (credo che sia questo il titolo, ho cercato ma non ho trovato traccia nei sacri testi degli archivisti capo). Intendeva, con uno stile diverso ovviamente a quello di Pel di Carota, aprire una discussione sui film, creare contrapposizioni, presentare creatività e problemi legati alla sopravvivenza dello stesso cinema. Una sopravvivenza , o meglio una vita vera che Ugo voleva salvaguardare con ogni mezzo protestatario, ivi compreso- come disse non senza ironia- il legarsi con le catene davanti alla Camera o al Senato della Repubblica. Cosa che non accadde, per fortuna.
Il programma andò in onda ma visse poco. Erano gli anni Ottanta. Ma non per colpa di Pirro, del suo spunto, della sua “sceneggiatura” configurata nelle sue intuizioni, bensì per la oggettività di animare il cinema. Era un segnale chiaro. La tv generalista non poteva far vivere o rivivere il cinema sia perchè si presentava schiava dei block busters sia perchè affollata da cinefili senza scrupoli favorevoli a un cinema antispettacolare, castigatorio, per pochi intimi. Un cinema che non si può neanche processare e discutere, tanto è anemico e inerte.
In questi giorni in America gli sceneggiatori sono impegnati in un lungo sciopero per rivendicare i loro diritti ( tra l’altro avere la loro parte nei proventi di internet). In Italia gli sceneggiatori tacciono. Al massimo borbottano. Si consolano con la fiction anch’essa spesso senza nerbo e qualità.
Caro Ugo, non ci sei più. Nessuno pensa ad incatenarsi. Neppure come paradosso. Nessuno pensa seriamente a discutere. O a tentare un flop per fare meglio . Sia nelle reti generaliste che in quelle satellitari.
Servirebbe un’indagine vera su una televisione che non è al di sopra di ogni sospetto. Ugo parlane con Elio,e fateci coraggio. Con affetto e stima…
ITALO MOSCATI