Bagarre in Rai per il nuovo piano editoriale: Tg1 minaccia lo sciopero
C’è un elemento di novità nelle reazioni che hanno seguito l’approvazione nei giorni scorsi da parte del Cda Rai del Piano Industriale e del Piano Editoriale per il prossimo biennio. Non ci riferiamo alle diffuse lamentale, ma alla presa di posizione nettamente contraria che si è spinta fino alla minaccia di 3 giorni di sciopero
C’è un elemento di novità nelle reazioni che hanno seguito l’approvazione nei giorni scorsi da parte del Cda Rai del Piano Industriale e del Piano Editoriale per il prossimo biennio. Non ci riferiamo alle diffuse lamentale, ma alla presa di posizione nettamente contraria che si è spinta fino alla minaccia di 3 giorni di sciopero da parte del Tg1.
Il Comitato di Redazione ha votato all’unanimità la bocciatura sia del Piano Editoriale che di quello Industriale. Come ai colleghi del Tg2, comunque più teneri nel muovere le loro obiezioni, non piace la scomparsa della figura dei Montatori con i giornalisti chiamati a confezionare e montare autonomamente i propri servizi. Per il Cdr del Tg1 però c’è un problema insormontabile: il tentativo, a loro dire, di ridurre “gli spazi del Tg1” con la cancellazione di edizioni, nonchè degli approfondimenti della testata.
Dall’esterno diventa difficile capire cosa sia stato effettivamente approvato dal Cda Rai in questi ormai famigerati “piani”, tant’è che al loro annuncio sembravano contenere novità generalmente positive, anche per il Tg1 che dovrebbe vedersi affidata una prima serata per un approfondimento. Evidentemente il “prezzo da pagare” è il taglio dell’edizione di “mezza-sera”, un modo per legare direttamente il lunghissimo prime time all’inizio della seconda serata, contemporaneo a quello di alcune delle rubriche che seguono l’edizione delle 13.30.
Cappon non prevedeva certamente una reazione di questo tipo, al contrario sembrava entusiasta del lavoro fatto sia per i tagli previsti nei costi (si parla di circa 150mln di euro l’anno in meno), sia di un nuovo taglio editoriale che dovrebbe rilanciare la Rai proprio lì dove soffre di più, con la fuga dei telespettatori di sesso maschile e appartenenti alle fasce d’età più basse.