Il Canone Rai, ossessione anche per i Pc?
La battaglia dell’associazione dei consumatori ADUC per l’abolizione del Canone Rai per la quale ha lanciato una petizione è stata rilanciata e spinta dall’esasperata denuncia di molti cittadini che dopo aver disdetto (o mai sottoscritto) l’abbonamento Rai vengono bersagliati da continue lettere dai toni “minatori” da parte del Servizio abbonamenti televisivi.L’esperienza è comune a tantissimi
La battaglia dell’associazione dei consumatori ADUC per l’abolizione del Canone Rai per la quale ha lanciato una petizione è stata rilanciata e spinta dall’esasperata denuncia di molti cittadini che dopo aver disdetto (o mai sottoscritto) l’abbonamento Rai vengono bersagliati da continue lettere dai toni “minatori” da parte del Servizio abbonamenti televisivi.
L’esperienza è comune a tantissimi italiani: non appena si cambia residenza, si attivano utenze telefoniche, con l’Enel o per la fornitura di gas, si viene raggiunti da una delle famigerate lettere del SAT. Il messaggio è più o meno simile nei contenuti: “lei non risulta abbonato alla Rai, quindi sta evadando il canone e deve pagare“. A chi non possedeva un televisore, almeno fino a qualche tempo fa, bastava ignorare le fantasiose minacce sul rischio di pignoramenti per essere lasciati in pace.
Le cose però sembrano cambiate ora che la Rai ha deciso di sfruttare l’obsoleta formulazione del Regio Decreto del 1938 per includere nella categoria degli “apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni” anche Personal Computer, Tvfonini, decoder digitali e altri apparati multimediali. In sostanza non basterebbe nemmeno essere privi di un televisore per evitare di dover pagare il famigerato Canone Rai.
Non sono pochi i cittadini che pur di risparmiare seccature, probabilmente inconsapevoli del fatto che nel nostro paese non sono di fatto presenti accertatori autorizzati ad entrare in casa per “dare un’occhiata “alla ricerca di una tv o di una radio, preferiscono pagare.
Il tutto mentre la politica continua ad ignorare la richiesta, ormai decennale, di rivedere la formula della tv di stato con una parziale privatizzazione e mentre l’effettiva qualità della programmazione Rai instilla nei cittadini (non evasori) la sensazione di stare buttando 106 euro ogni anno per finanziare qualcosa che nulla ha a che vedere con il “servizio pubblico”.