Tvblog intervista Emanuele Dabbono: “Sarebbe stato facile rendere X Factor un Amici Bis”
Dopo la cronaca in studio, ecco la prima intervista ai semi finalisti di X Factor. Oggi abbiamo intervistato Emanuele Dabbono, della categoria “over 25”. Un’intervista che parla di musica, televisione, dinamiche umane e arricchito da confronto con Amici. Ringraziamo Emanuele per la sua gentilezza e disponibilità.Per molti partecipanti al talent show sei il papà morale
Dopo la cronaca in studio, ecco la prima intervista ai semi finalisti di X Factor. Oggi abbiamo intervistato Emanuele Dabbono, della categoria “over 25”. Un’intervista che parla di musica, televisione, dinamiche umane e arricchito da confronto con Amici. Ringraziamo Emanuele per la sua gentilezza e disponibilità.
Per molti partecipanti al talent show sei il papà morale di questo X Factor: a chi hai insegnato qualcosa e da chi hai imparato?
Devo dire che non mi sento il papà morale di nessuno qui dentro, perchè anche se non sembra perchè sono uno dei più grandi vengo coccolato qui dentro dagli altri. Posso dirti che penso di aver lasciato un buon ricordo ai 4 sound, gruppo eliminato nelle prime puntate. Con loro siamo rimasti ancora in buoni rapporti. Ho imparato da tutti: un po’ di sicurezza dagli Aram, un po’ di dolcezza da Ilaria, un po’ anche di determinazione da Tony che anche se ha 19 anni. E’ uno che ha le idee molto chiare su quello che vuole fare. E un po’ di follia da Giusy.
Puoi farci un ritratto personale di Simona Ventura?
Simona oltre che a rappresentare la gente, il “popolo”, penso che stia dimostrando di avere una competenza musicale, non tanto nei contenuti, ma su quale tipo di musica è giusta in un momento come questo. Lei non sbaglia la canzone, anche quando mi dà il cavallo di battaglia, l’inno generazionale. Lei ha sempre un occhio al pubblico, e questo per me è importante, perchè mi ha permesso di arrivare all’11a puntata non sbagliando mai. Questo programma cerca di tirare fuori una pop-star, quindi il termine popolare ci entra di diritto. Sono molto contento di lei, anche del rapporto che si è creato di puntata in puntata. Mi ha dimostrato fiducia e anche affetto.
Qual è stata l’eliminazione più immeritata?
Eliminazioni immeritate non ce ne siano state molte. Va anche un po’ a fortuna: ci va l’esibizione giusta, la canzone giusta. Mi dispiace che siano usciti i Sei Ottavi, anche se penso che abbiano fatto vedere ampiamente di cosa sono capaci. Se i Cluster fossero entrati all’inizio, avrebbero avuto vita lunga in questo programma. Sono stati un po’ penalizzati dal fatto di essere entrati due settimane fa.
Durante il percorso di X Factor, Emanuele è cambiato o c’era solo timidezza?
Penso di essere cambiato molto dall’inizio. Io sono timido, un po’. Poi sul palco forse non si vede per niente perchè noi molto timidi quando arriviamo sul palco poi esplodiamo. Tante volte mi maschero un po’ dietro una finta sicurezza, che non mi rende poi finto, è che devo fare così per sembrare più solido che posso altrimenti vengo mangiato.
Un rocker timido.
Penso che ce ne siano tanti così. Quando penso a Vasco Rossi, io me lo immagino così: sul palco un leone e fuori una persona timida e riservata. Nelle interviste appare come una persona molto fragile e la sensibilità del rock è anche quella cosa lì.
Ogni volta la canzone che ti assegano non sembra mai essere quella giusta. Se potessi scegliere tu, cosa canteresti?
Sicuramente una mia, perchè per quanto brutte siano, comunque sono quelle che sento di più. un’altra sarebbe “One” degli U2. Quello è il mio vero cavallo di battaglia, che non posso fare e non farò qua. E poi una canzone di un cantautore sconosciuto, giusto per me: Ryan Adams o qualsiasi cosa di Springsteen.
Qual è i il tuo rapporto con il web?
Il mio rapporto con il web prima di arrivare qua era difficile. In passato era ottimo, ero sempre attaccato al computer, pure troppo. Poi sono andato a vivere a Varazze, in un posto senza linea ad alta velocità. Internet è un bene per il mondo dell’informazione, a volte un male per la musica. Mi piace ancora il disco che si tocca, invece adesso gira sul web: si passa, si downloada e non si tocca più con mano.
Quanto ti manca suonare live sul palco?
Mi manca suonare la mia chitarra dal vivo. Qua è la terza puntata che ho cantato senza chitarra, e per me è stato un passo grosso.
E’ la tua protesi.
Sì, esatto, mi manca parecchio. Ho fatto tantissimi concerti e mi manca la relazione diretta con il pubblico. Quando ho cantato Ligabue ho fatto un po’ un gesto di buttarmi in mezzo alla gente ed è stato bello.
Lo studio di X Factor rende quindi difficile il rapporto con il pubblico?
No. Le prime volte le telecamere possono un po’ inibire, perchè ti senti davvero osservato. Dalla seconda puntata quando ti dimentichi o non guardi più la luce rossa della telecamera, diventi più spontaneo, è preferibile. Faccio finta che non sia un programma tv ma un concerto, con un pubblico di 300 persone, secondo me canti molto meglio.
Un bilancio dell’esperienza?
X Factor è una cosa che rifarei “piedi”. Quando siamo entrati, è un’opinione comune, eravamo un po’ spaventati. Io non volevo uscire come l’Emanuele che ha fatto X Factor e tenertelo addosso tutta la vita. Ora spero che lo dicano. Spero che dicano ‘Emanuele Dabbono, quello che ha fatto X Factor’. Ne vado fiero perchè è una realtà molto dignitosa per la musica. Non sappiamo come stia andando con gli ascolti, ma nemmeno ci poniamo il problema, perchè abbiamo visto che la musica viene trattata seriamente. Non c’è solo musica qua e lo sappiamo bene: c’è anche la tv. Ma sappiamo che il rispetto per la musica è tanto e non vedo l’ora di riuscire a cantare una canzone mia, sarebbe bellissimo arrivarci con gli Aram, Tony, Ilaria, quelli con cui siamo da tre mesi ormai.
Forse rispettano voi, ancor prima della musica.
Penso che sarebbe stato facile rendere di questo programma un Amici Bis, e questo non è successo. Mi farebbe piacere uscire di qua e che dicessero: forse questa è la fotografia di un Italia giovane e un po’ diversa che ama la musica, che tutti gli italiani amano. Che può dimostrare qualcosa di diverso. Ti accorgerai che non c’è competizione sul serio: a telecamere spente io vado dagli Aram, gli Aram e ci facciamo coraggio e il pubblico in sala non ci crede. Quando convivi tre mesi con qualcuno, ti ci affezioni. Con loro scriviamo canzoni, non siamo qua per farci dei trabocchetti. C’è un bel clima, è un esperienza davvero arricchente.
Com è il tuo rapporto con le telecamere?
All’inizio è stato un po’ critico il rapporto con le telecamere. Mi irrigidivo tantissimo, poi smettevo di parlare, adesso ci siamo abituati, specie in casa. Ovvio che se a fine puntata vedo la mia ragazza 5 minuti, io ci provo, chiedo “time out”. mi sembra che alcune cose private debbano rimanere tue e dell’altra persona è basta e chi cerca di fare musica è più interessante quando cerca di mantenere un po’ di mistero. tra una mano aperta e una mano chiusa, la gente sceglie quella chiusa per scoprire cosa c’è dentro. Regalare tutto non è rispettoso per l’artista, ma non credo faccia bene nemmeno al pubblico, toglie ogni immaginazione.