LA TV E’ LA VERA MACCHINA DEL TEMPO…
Per ragioni che non sto a spiegare e forse spiegherò più avanti, mi sono messo davanti al televisore per vedere almeno un pezzetto di “Vita di paparazzo“. Beh, un’espressione unica nel suo genere per uno come me che ha amato la dolce vita felliniana e ha fatto un film doc intitolato “Via Veneto Set” che
Per ragioni che non sto a spiegare e forse spiegherò più avanti, mi sono messo davanti al televisore per vedere almeno un pezzetto di “Vita di paparazzo“. Beh, un’espressione unica nel suo genere per uno come me che ha amato la dolce vita felliniana e ha fatto un film doc intitolato “Via Veneto Set” che gira il mondo: “vita da paparazzo”; cioè una favola agrodolce in bilico tra gli anni cinquanta e sessanta, anche se tutti si sono affrettati a tirare fuori Corona, le sue paparazzate, i suoi giochi, le sue spacconate.
Mentre la vita si dipanava e i paparazzi si facevano l’un l’altro amichevolmente le corna, e fotografavano naturalmente per vendere scandali o scandaletti, o scene di cronaca al cardiopalma (gente che si butta da una finestra, delitti, ect), mi stropicciavo gli occhi incredulissimo. Possibile che il film man mano che passava mi sembrasse tanto vuoto e inutile, raffazonato, con una sceneggiatura buttata giù alla meglio e dialoghi davvero impensabili, ovvero fuori di testa? Ma siccome sono buono, ed era bendisposto rispetto al tema dei fotografi d’assalto, mi sono accanito nel volere andare avanti, farmi male, affliggere occhi e orecchi. Sicuro che qualcosa prima o poi dovesse accadere.
Certo, non mi aspettavo Paradisi il paparazzo amico di Marcello felliniano, nè uno dei tanti paparazzi di qualità che hanno lasciato fior di documenti e sono passati alla storia. Certo, non sognavo di essere di fronte a un’opera dei Vanzina che, se non vado errato, al tema della Roma by night di Via Veneto e dintorni hanno dedicato chilometri di pellicola. Speravo in una riedizione di un cineromanzo d’antan, e cioè com’era quei cineromanzi, ingenui, approssimativi, scontati, sentimentali,spudorati. Niente di niente. Stavo per andarmene ramingo di canale in canale, quando all’improvviso mi è apparsa Aikè Nanà, la ballerina turca del più celebre spogliarello della storia dTtalia: quello con cornice di Anita Ekberg e altri attori, gente della mondanità, con nudo e intervento della polizia, sequestro di rollini e denuncia della Nanà per offese al pudore.
Lì, davanti a quella scena mitologica in mutande, ho capito a cosa serve la televisione. Serve a raccontare? a creare emozioni? a divertire? a far incazzare? a formare coscienze? a cincicarle? Serve a fare spettacolo, trash, mezzo trash, midi trash? Serve a titillare, irretire, arrampare? O mortificare, offendere, umiliare il buon gusto?
No, la televisione con film come “Vita da paparazzo” serve a fare la storia.
Un passo indietro. Ricordate di sicuro i film storico mitologici a lungo resistiti fra il neorealismo di De Sica e Visconti, e la commedia italiana. Sapete o ve l’hanno fatto sapere quanto faceva sensazione la caccia al particolare, al dettaglio, al tocco che dava il timbro di un’epoca. Sapete che, in questa caccia, era assolutamente indispensabile cercare e individuare il centurione romano in piena corazza, il legionario in pieno elmo, il gladiatore che si mangia i leoni, lo schiavo negro che si stuzzica i denti con la spada dell’imperatore. Per scoprire cosa aveva al polso. Non di rado si scopriva che aveva un bel orologio anche se non proprio un Rolex.
Ebbene, ho scoperto in “Vita da paparazzo”, nello svolgimento dello strip ruspante, che le tette della spogliarellista non erano doc, non somigliavano a quelle delle famigerata turca che le aveva piccole piccol, tutte risolte in un capezzolo, o quasi. No, erano tettone al silicon, tonde, dritte, di sasso, a sacchetto turgido.
Allora, ho capito. Per stabilire un ‘epoca, per capire di quali anni o era si tratta al cinema bisogna assolutamente esplorare sotto i reggiseni (che sono peraltro fuori moda, tranne i push up). Due tettone di mattone sono una garanzia che aiuta a fissare il tempo, a dirci gli anni più di una stratificazione geologica. Un’idea che viene da una regia illuminata che sa guardare la tv come strumento di archivio storico e come strumento di divulgazione culturale. Dal Fattore T al Fattore C il passo è breve.
Peccarte che abbiano spostato il tv movie da un canale all’altro. Forsed mi sono perso un passo sperimentale in più. L’apoteosi del Fattore C. Dal davanti al didietro della storia. I registi e i loro collaboratori sono avvertiti. Dopo gli orologi sono sdoganate le orme del tempo sui corpi.
Ho detto che ho fatto “Via Veneto Set”. Aggiungo che ho fatto anche un film doc intitolato “La più bella sei tu” sull’ambiente e sugli eroi dei paparazzi. In tempi in cui la storicizzazione delle T e del C non era ancora così plasmata e sviluppata. Povera Nanà in che bordello archivisto e di teche ci siamo ridotti.
ITALO MOSCATI