Premio Barocco presenta Il Solito Senso di Bonolis: quando l’evento ti usura solo il big
E’ imbarazzante solo l’idea di dover offrire un “servizio” a chi, inspiegabilmente, cercherà Premio Barocco su Google. Commentare queste serate è quanto di più desolante ci possa essere per qualsiasi appassionato della vera tv, che spera di vedere carne fresca in prime time ed è costretto a un impietoso bilancio: gli eventi come questo fanno
E’ imbarazzante solo l’idea di dover offrire un “servizio” a chi, inspiegabilmente, cercherà Premio Barocco su Google. Commentare queste serate è quanto di più desolante ci possa essere per qualsiasi appassionato della vera tv, che spera di vedere carne fresca in prime time ed è costretto a un impietoso bilancio: gli eventi come questo fanno male all’intrattenimento.
Volendo ricostruire un hit parade ideale dell’horror vacui – per cui una tv di stato riduce la programmazione estiva a una serie di convenzioni comunali per riempire falle di palinsesto e introiti aziendali – Anna Falchi in versione madrina è sicuramente al primo posto. La sua ansia di rimuovere a tutti i costi il reato mediatico commesso con Ricucci l’ha trasformata in un risibile clone di Valeria Marini, con la stessa voglia di rientrare nel giro e un presenzialismo sterile, paragonabile a quello di Valeriona dopo la rottura con Cecchi Gori.
Ad una Falchi che denuncia falsità da tutti i pori, destreggiandosi con faccia tosta tra Lucignolo e i cinepanettoni, si aggiunge un’Ornella Muti sorridente per cachet. E’ da anni che, oltre a non fare nulla che sia degno di nota, si trincera dietro l’aura di attrice cult da trattare con i guanti. Ogni sua apparizione sa di coccodrillo anticipato, mentre sfoggia un fisico imbalsamato in grado di farla vivere solo di immagine. Ed è tutto un déjàvu, pare di rivivere insistentemente quei varietà inzuccherati di Ballandi con la diva straordinaria in superficie, che dispensa sorrisi, prende il bottino e scappa.
Poi è la volta dei grandi big, i fuoriclasse di quest’edizione che con la loro verve hanno imposto alla produzione di correre ai ripari: via l’incapace Luisa Corna, dentro il veterano Fabrizio Frizzi. Solo uno come lui poteva interagire sul palco con degli interlocutori sin troppo sprecati come ospiti di una kermesse. Con Paolo Bonolis ha condiviso la conduzione a staffetta di Luna Park e le gag nei programmi di Baudo quando ancora ne facevano i portaborse. Ora, però, che il Premio Barocco invita un dipendente Mediaset per fare Il Senso della Vita su Raiuno, è come provare un coito interrotto di cui si rimanda il piacere al secondo appuntamento.
La Rai aspetta al varco Bonolis e lo tratta con i guanti come in tutte le fasi di campagna acquisti. Cosa c’è di meglio che celebrare un format destinato al prosciugamento, visto che è stato sbattuto persino su Italia 1 senza troppa coerenza editoriale? In contemporanea su Canale 5, una replica darwiniana di Bonolis chiede ai suoi concorrenti cosa sarebbe accaduto se li avesse conosciuti prima di fare Sanremo. Della serie, corsi e ricorsi dell’etere.
Se a questo ci aggiungete il doppio ritorno in Rai di Giorgio Panariello, condannato all’esilio forzato dopo l’ostentato flop sanremese, l’evento nasconde qualcosa: aria di vecchi conti lasciati in sospeso. E si finisce, così, per dare il definitivo colpo di grazia al modo di fare spettacolo in Rai.
Se tutto si inflaziona, se i Pooh e Renzo Arbore sono ingredienti fuori stagione eppure propinatici in tutte le salse, allora si innesca un meccanismo di nausea. Di incapacità di distinguere il talento di Al Bano da quello di Anna Tatangelo a costo della comune overdose da gossip. Come del resto non si riesce più a ridere alle battute di Leonardo Pieraccioni, al pensiero dell’attrice che l’ha sedotto seduta in prima fila e che è destinata a fare la brutta fine di tutte le altre.
Tutto questo non fa più bene all’immagine degli artisti italiani e alla possibilità di mettere in piedi delle vetrine più ambiziose che li rendano rispettati dal pubblico. E quando dicono che non farebbero mai un reality, dovrebbero chiedersi se pensano di fare così una figura migliore. Visti in fila, l’uno più ingabbiato dell’altro, è come se facessero parte dello stesso format: La Posa Perfetta.