SuperVarietà e Super Show: un confronto impari
D’estate, si sa, l’amarcord la fa da padrona. Per anni la leadership revivalistica è stata di un solo indissolubile marchio: Varietà, poi preceduto dall’enfatico Super che ha contagiato tanti titoli d’annata (primo fra tutti Quark). A curarlo da sempre è Paolo De Andreis, capostruttura di Raiuno prossimo alla pensione e con un posto fisso in
D’estate, si sa, l’amarcord la fa da padrona. Per anni la leadership revivalistica è stata di un solo indissolubile marchio: Varietà, poi preceduto dall’enfatico Super che ha contagiato tanti titoli d’annata (primo fra tutti Quark). A curarlo da sempre è Paolo De Andreis, capostruttura di Raiuno prossimo alla pensione e con un posto fisso in prima fila insieme al direttore Fabrizio Del Noce. In un’intervista da poco rilasciata a Italia Oggi si è dichiarato orgoglioso della sua creatura:
“E lì che si vedono i miei meriti. Attingo alle teche e scelgo degli spezzoni che per fortuna piacciono al grande pubblico. Mentre fanno arrabbiare qualcuno… Fiorello per esempio. Abbiamo un ottimo rapporto. Abbiamo lavorato assieme, eppure ogni volta che propongo una sua scheggia va su tutte le furie. Mi telefona e mi urla che così lo danneggio perché lo sovraespongo. E’ lo stesso con Carlo Verdone. Che io però utilizzo in maniera stratosferica. E lui puntuale mi chiama per ricordarmi che sto esagerando. Per fortuna c’è Enrico Montesano che ogni volta che ripropongo scene da Bravo mi chiama per ringraziarmi. Un grande attore che meriterebbe di essere rispolverato dalla tv”.
Il merito indiscusso del suo SuperVarietà resta quello di istituzionalizzare qualunque personaggio gli capiti a tiro, passando dal repertorio più vetusto agli sketch di nuova generazione. Da Mina a Paola Cortellesi, da Gianni Morandi a Giorgio Panariello, ne vien fuori un ritratto brillante dello spettacolo italiano, a metà tra vecchio e nuovo, disillusa nostalgia e rinnovata fiducia verso le nuove leve. Il segreto del suo successo, dinanzi a cui soccombe qualsiasi risposta della concorrenza, è di rievocare senza addormentare, sulla scia di una ritmata operazione nostalgia sempre al passo coi tempi e per tutti i gusti. A poco, insomma, è servita la mossa di Canale 5 di sfoderare un competitor pseudo-analogo, con l’auspicio di insidiare il monopolio Rai sul vintage estivo.
L’illusione (perduta) era che anche gli archivi Mediaset, riesumati senza troppo rumore da Ieri e Oggi in Tv, potessero garantire degli ascolti a costo zero. E così è nato Super Show, con un vizio di forma alla base: limitare paurosamente il raggio d’azione. Chi sperava di rivedere momenti cult da C’eravamo tanto amati, piuttosto che da Il Gioco delle Coppie, è rimasto deluso. L’intrattenimento è stato categoricamente bandito dagli autori per gusti personali decisamente autolesionisti. Super Show, infatti, è tutto all’insegna della comicità, dall’era dei paninari di Drive In fino ai tormentoni del nuovo Zelig.
Maurizio Costanzo si intravede appena sulla scena, mentre lancia il cabarettista di turno nella sua storica passerella, e della signora De Filippi pur richiamata nella sigla neanche l’ombra (per ovvi rischi di sovraesposizione?). Per il resto c’è un’overdose di Gialappa’s che al pubblico di Canale 5 non ha mai garbato. Con tutto il rispetto per il suo genio, che senso ha riproporre insistentemente Paolo Hendel e il suo Carcarlo Pravettoni, che con la generalista hanno rotto i ponti da anni?
Sintonizzandosi nella stessa ora su Italia 1 sembra quasi di assistere a un paradosso: trasmettono Il Mammo in attesa dei Cesaroni. Hanno invertito i loghi per sbaglio? Non si rendono conto che i fans di Geppi Cucciari stanno copulando in riva al mare, mentre Pronto Elisir si soffia l’unico spettatore di mezza età allergico alle paillettes?
E’ come se Canale 5 avesse sprecato un’occasione: soffiare un po’ di geriatria a un Viale Mazzini estivamente inespugnabile, tra i turni di Derrick e la Signora in Giallo di vedetta. E proprio ieri che Super Varietà ha dedicato un puntatone domenicale alla Carrà è scattato subito un pizzico di pathos, per la bella tv di una volta in cui forse la Rai resta inimitabile.