DALLE 5 GIORNATE ALLE FICTION DAL COEUR IN MAN …
Un invito gradito. Alla Casa del cinema di Roma, direttore Felice Laudadio. Siedo accanto a Dario Argento, maestro dell’horror, innamorato del suo, mio e nostro Hitchcock (continuano le repliche su internet del programma per “Alle 8 della sera”), dobbiamo presentare il suo, di Dario Max, vecchio film del 1974 con Adriano Celentano intitolato “Le cinque
Un invito gradito. Alla Casa del cinema di Roma, direttore Felice Laudadio. Siedo accanto a Dario Argento, maestro dell’horror, innamorato del suo, mio e nostro Hitchcock (continuano le repliche su internet del programma per “Alle 8 della sera”), dobbiamo presentare il suo, di Dario Max, vecchio film del 1974 con Adriano Celentano intitolato “Le cinque giornate”. Sceneggiatori Nanni Balestrini, ex di Quindici, ex di Potere Operaio, poeta e comunicatore; Enzo Ungari, critico, coinvolto nelle lunghe giornate del Film Studio di Roma, tempio dei cinefiles degli anni Settanta, sceneggiatore in prova, troncato in giovane età dal male allora più terribile; e Luigi Cozzi, sceneggiatore e regista, un isolato, un ago nel pagliaio del cinema di fantascienza.
Naturalmente vi risparmio la cronaca del pomeriggio e del dibattito (il dibattito sì, fattene una ragione Nanni), e vado al tema che è affiorato dopo scambi di opinioni sul sonno con cui il nostro cinema guarda alla storia e ovviamente anche al Risorgimento, sonno dovuto alla retorica patriottica insopportabile e al nazionalismo cretino che i potenti (compresi i piccoli come i prof della materia) dedicano alle Cinque Giornate e alle Tre Guerra d’ Indipendenza, uso le maiuscole per ricordare i monumenti di bronzo nelle piazze italiane e di paroloni che ci rimbombano nelle orecchie di tutti noi.
Completo questo paragrafretto aggiungendo che non sopporto neanche la retorica degli ant-risorgimentali, sia in chiave aristocratici (nemici di Carlo Alberto di Piemonte e soprattutto di Giusseppon Garibaldi). Indico, come antidoto, il libro di Luciano Bianciardi “Le cinque giornate”, scritto dall’autore della “Vita agra” poco prima di morire nel 1971; e un secondo libro, “Merope IV” di Imbriani, racconto su due garibaldini nella spedizione dei Mille.
L’argomento che è balzato fuori è la incredibile tendenza che sta divorando la fiction della tv italiana,sia quella della Rai che quella di Mediaset. A parte qualche eccezione, sembra che le due grandi emittenti, sia pure in modo diverso (Mediaset spesso è più coraggiosa), siano prigioniere di un terribile pregiudizio. E cioè che il pubblico delle tv, il loro pubblico, è completamente rincoglionito ma ancora non basta e bisogna continuare con l’olio di ricino del rincoglionimento over dose.
La coca del rincoglionimento è la insistenza sulla storie d’amore a tutti i costi, dai questurini ai manager, dalle mezze tacche alle mezze calzette, dalle gnocche con la testa alla gnocche dalle gnocche senza testa, dagli imbianchini agli idraulici (italiani), dai prof alle vallette (e va bene per entrambi), eccetera eccetera. Si può raccontare di tutto: dalle vicende di un commissario o di una mamma che dovrebbe avere le palle piene dei mocciosi, da quelle di un grande scienziato a stiliste di gran moda d’antan, ma è d’obbligo, tassativo, incluso nel patto demenziale prima e durante e dopo la firma di un contratto con gli autori, indispensabile inserire passioni di chiacchiare e di preservativo mentale, lacrime e sangue della gelosia e della depressione, vischide, vischiose, svenevoli, irritanti, inutili, dose di amour fou, amor penoso , amor appiccicoso come una c…ca pestata per strada.
Con Dario ci siamo trovati d’accordo nell’imboccare la strada dell’horror del cuore, micidiale come un delitto di sangue, come una censura fascista o del Kgb o dell Stasi, come un’anatema clericale. Insomma, la fiction ha alti e bassi, più piacere o non piacere. Ovvio. Ma ci si domanda perchè debba essere il mostro di Frankenstein, ovvero risultato alchimie nei laboratori non tanto di bassa competenza ( ci sono, ci sono) quanto di calcolo mediocre e vischido come la bava di una lumaca stantia. Abbasso l’horror del cuore. Abbasso il profondo rosso delle rose rosse tv. Abbasso le trame più che melassanti, velenose. Abbasso questa fiction dei conventi dei padri televisivi, parroci delle campagne squallor dell’emozione bucate come la caldarroste con il verme. Il verme del trash.
ITALO MOSCATI