Il Milione di Bonolis: cifra immorale o legge del mercato? (Nel frattempo, prende posizione l’Associazione Cattolica dei Telespettatori…)
Tutti a parlare del Milione di Bonolis. Il conduttore dell’imminente Festival di Sanremo ha reso pubblico il proprio cachet e la cosa, in tempo di crisi, ha mosso improvvisamente il senso della morale dell’italiano medio, giammai incline a sollevarsi dalla poltrona del proprio salotto se non quando gli mettono nelle tasche le mani oppure gli
Tutti a parlare del Milione di Bonolis. Il conduttore dell’imminente Festival di Sanremo ha reso pubblico il proprio cachet e la cosa, in tempo di crisi, ha mosso improvvisamente il senso della morale dell’italiano medio, giammai incline a sollevarsi dalla poltrona del proprio salotto se non quando gli mettono nelle tasche le mani oppure gli fanno capire che esiste qualcuno, nel mondo, capace di accumulare più soldi di lui, facendo, peraltro, assai meno fatica.
Il borghesuccio con un falso in bilancio e il ficus finto nell’ufficio insorge: perché lui sì e io no? La casalinga di Voghera punta il dito verso la crisi economica nazionale e dice: non si può. Gli studentelli universitari non sanno più che pesci pigliare e si consumano dentro i bar riflettendo sui loro contratti a progetto e tutto quel talento sprecato.
Probabilmente hanno ragione tutti: perfino chi sostiene che Bonolis dovrebbe farsi avanti e rifiutare l’assegno, ridurselo, darlo in beneficenza o vattelapesca. Da che mondo è mondo si sa che è facilissimo fare i conti coi soldi degli altri. Non più di qualche settimana fa un nugolo di appassionatissimi tifosi del Milan si assiepò in eurovisione sotto il balcone del calciatore Kakà, in predicato di passare al Manchester City per 120 milioni di euro, al fine di bloccare l’operazione, sotto la convinzione comune che il soldo non facesse la felicità. Ad occhio e croce, guardandoli in faccia tra un’inquadratura e l’altra, quella era gente che per molto molto e ancora molto meno avrebbe venduto una prozia ma, si sa, l’italiano è “brava gente” e quando c’è da indignarsi lo fa sempre volentieri.
Qualcuno, insomma, tolga il Milione dalle tasche di Bonolis: c’è la crisi, c’è il petrolio, c’è il precariato, c’è, soprattutto, l’intellighenzia cattolica, perfino lei, che ci impone di fermarci a riflettere. Commenta Luca Borgomeo, presidente dell’Aiart (Associazione Cattolica dei Telespettatori):
“Un milione di euro a Bonolis per condurre Sanremo? La cifra era già nota, ma è chiaro che pone un problema, prima di tutto perché si tratta della tv pubblica, e dunque pagata con il canone; secondo perché in tempi di crisi economica ci si dovrebbe pensare dieci volte prima di stanziare una cifra del genere per pagare un conduttore. Come, gli italiani stringono la cinghia, molti manager si riducono i compensi e la Rai dà un milione di euro a Bonolis per condurre uno spettacolo d’intrattenimento”, prosegue il presidente che conclude: “Siamo sicuri di non essere i soli a pensarla così”.
Ha ragione. Infatti a fare compagnia all’Associazione Cattolica dei Telespettatori sbuca il Codacons che, approfittando della chance, va oltre e decide di dettare direttamente le regole di produzione:
“Con un guadagno cosi’ elevato Bonolis dovrà fare il pieno di ascolti e sbancare l’audience altrimenti saremo costretti a chiedere al simpatico conduttore di restituire buona parte del suo lauto cachet. Sollecitiamo la Corte dei Conti ad intervenire per verificare tutte le spese della Rai relative al prossimo Festival, dal cachet del conduttore ai compensi agli ospiti musicali e non”.
Certo, lo spettro del canone Rai, da che mondo è mondo, dà il “la” a chicchessia per dire la propria. Si sa che coi soldi pubblici non si scherza, soprattutto quando l’assolutismo italiano si palesa intorno a una trasmissione dal sapore nazional popolare. La gente si indigna se Bonolis si infila in saccoccia un milione di euro, quasi due miliardi del vecchio conio, per dirla alla sua maniera, ma sorride, spende e spande, quando si tratta di pagare 19 centesimi di scatto alla risposta alle compagnie di telefonia mobile. Naturalmente: gli spot televisivi con De Sica funzionano, fanno ridere e fanno stare bene la gente e, ad ogni modo, si può fare a meno di Sanremo ma NON del Gatto Virgola, per il quale gli stessi contribuenti italiani (e in numero massiccio) elargiscono fette dei loro stipendi non propriamente lauti.
Il Milione di Bonolis è eccessivo?
Probabilmente sì. Ma rispetto a cosa? Ad uno stipendio di un ricercatore universitario? Di sicuro. Fa più bene al mondo un Bonolis o uno scienziato? La risposta è pornograficamente scontata ma, signori, questo è lo show business. Se certe cifre sono diventate la normalità, la “colpa” è solo del seguito e il seguito, rullo di tamburi, siamo noi. Vogliamo distribuire meglio i soldi pubblici? Vogliamo dare un segnale? Bisogna spegnere la televisione. Avanti, chi è il primo?