Giornalismo Tv, vecchie e nuove storie
L’immagine di Indro Montanelli seduto in un corridoio del Corriere. Non aveva una stanza, era appena arrivato da un servizio. Seduto col cappotto, col cappello, mentre scriveva un articolo sulla sua amata lettera 22. E’ una foto nota, anzi stranota. Ma è bellissima e appropriata per un ricordo del grande giornalista. Se ci guardiamo in
L’immagine di Indro Montanelli seduto in un corridoio del Corriere. Non aveva una stanza, era appena arrivato da un servizio. Seduto col cappotto, col cappello, mentre scriveva un articolo sulla sua amata lettera 22. E’ una foto nota, anzi stranota. Ma è bellissima e appropriata per un ricordo del grande giornalista. Se ci guardiamo in giro di personalità, non personaggi,di tale levatura e libertà mentale se ne trovano pochini nelle redazioni tv e nella stessa carta stampata. Giusta l’idea di riproporre da parte di RaiSat la sua figura, il suo lavoro, la sua lezione.
Vorrei aggiungere qualcosa. Nel 2000, realizzai per Rai1, una serie intitolata “Cuore di Tv”, dedicata ai protagonisti della cultura e dei massmedia italiani. C’era Montanelli, in una puntata intitolata “Un uomo, un secolo”; Vittorio Gassman, “Uomo e mattatore”; Alberto Sordi, “Un amico infaticabile” ; Sophia Loren, “La ragazza di Pozzuoli”; Monica Vitti, ” Irresistibile”.
La serie si intitola “Cuore di Tv”-è stata trasmessa più volte , ha girato tra i canali satellitari, RaiInternazional e sono sicuro che RaiSat vi avrà pescato- perchè intendeva, intende andare al cuore dei documenti della tv, della Rai, per trovare un filo narrativo capace, almeno come tentativo, di rappresentare il protagonista prescelto in una luce di profondità e divertimento: Con l’uso di soli documenti senza testo aggiunto, senza interventi, insomma senza manipolazioni (se ne possono fare di intelligenti) e senza intrusioni.
Il critico Tullio Kezich, recensendo sul “Corriere della Sera” proprio la puntata dedicata a Montanelli, scrisse in modo esatto quel che mi premeva fare, e cioè scrisse che si trattava di un “autoritratto involontario”. Involontario ,perchè Montanelli non era stato messo al corrente della serie e non vi aveva partecipato con consigli, pareri o altro; autoritratto, perchè le immagini e la voce (le voci, gli intervistati) formavano una proposta che dava vita a un ritratto totalmente al servizio del protagonista stesso, con un montaggio, grafica e musiche rispettosi ma inventivi.
Ci si può domandare: inventivi, in che senso? Rispondo che la scelta dell’itinerario seguito era la mia, dell’autore, ma di un autore che si sfilava e cercava in questo caso come altri di restituire una rappresentazione seria, incisiva, in grado di andare oltre alle apparenze. In quel periodo, Indro (eravamo amici, mi considero un suo allievo) stava male, molto male. In una dichiarazione nel corso di un programma in cui duettava con Beniamino Placido- Idro era straordinario, spiritoso, impertinente- il grande giornalista disse : “Io sono qui, e non me ne vado. Per ora”. E batteva perentorio, con ironia rabbiosa, vitalissimo la mano sulla sua scrivania di via Solferino. Inserii la battuta nel mio doc. Completai il mio lavoro e spedii la cassetta a Montanelli.
Qualche giorno dopo al telefono mi giunse una voce lontana, affaticata, velata : era Indro. Si complimentò molto e aggiunse: “Mi hai fatto uno straordinario coccodrillo che non merito”. Come si sa, nel giornalismo, “coccodrillo” indica l’articolo già pronto in redazione per i protagonisti avanti con gli anni. Fui felice.
Da allora quel doc circola ancora, in festival o associazioni affezionate a Indro, al suo lavoro, alle sue scelte. Altri tempi, altra classe. Una penultima annotazione. Gli archivi Rai sono una miniera preziosa. Contaminarli con un affarismo affamato e con interessi speculativi (la vicenda di Benigni e dei diritti a lui girati come forma di compenso) è da condannare. Usarli senza criterio è persino peggio.
Un’ultima annotazione. Montanelli fu uno dei primi che seppe passare dalla carta stampata alla tv capendo cosa stava facendo e cosa di poteva ricavarne. E oggi?
Italo Moscati