Violenza e scemenza: se “Romanzo Criminale” istiga a delinquere, “I Cesaroni” favoriscono la mediocrità?
Mi sono imbattuto in un interessante articolo su Affaritaliani, a firma di Mariano Sabatini: la riflessione, che mi avrebbe certamente interessato in ogni caso, ha definitivamente attirato ogni mia residua attenzione, soprattutto alla luce di quanto da poco dichiarato dal sindaco di Roma Alemanno in merito alla presunta responsabilità delle serie Tv à la “Romanzo
Mi sono imbattuto in un interessante articolo su Affaritaliani, a firma di Mariano Sabatini: la riflessione, che mi avrebbe certamente interessato in ogni caso, ha definitivamente attirato ogni mia residua attenzione, soprattutto alla luce di quanto da poco dichiarato dal sindaco di Roma Alemanno in merito alla presunta responsabilità delle serie Tv à la “Romanzo Criminale” relativamente all’incremento di violenza nella Capitale. L’articolo di Sabatini non parla di “Romanzo Criminale” e non parla di violenza, almeno non direttamente; però parla de I Cesaroni e sempre di Roma si tratta e sempre nell’ambito di una potenziale fenomenologia collettiva siamo. (il sesquipedale successo della ficition non è un mistero). Che cosa scrive questo giornalista, che per Affaritaliani si occupa di una piacevole rubrica che si chiama “A tu per Tv”, a proposito dell’epopea di Amendola & Co.? Scrive, per esempio:
“Dialoghi ai limiti dello stato vegetativo, svolte improvvise (poco credibili) della trama, personaggi-macchietta. Ci vuole coraggio, e una buona dose di faccia di tolla, per paragonare – come ha fatto Amendola – “I Cesaroni” a “Tutti pazzi per amore”. L’ironia e la leggerezza contro la comicità involontaria del generone romano. Lo sforzo nel’individuare nuovi schemi e linguaggi, contrapposto all’appiattimento sui soliti tipi del cinepattonismo. I fan dei “Cesaroni” parlano con il cellulare al cinema (infatti Fassari chiama la figliola a scuola, e quella risponde pure!), si nutrono di pajata e trippa, vanno al mare a Fregene e Ostia per arrivare cotti come una cotoletta all’estate, pagano tutto a rate, vanno a messa la domenica e bestemmiano regolarmente. Esagerato? Facilone? Sì, come i “Cesaroni”, il cui successo appare davvero sproporzionato”.
Non vorrei tanto soffermarmi sul successo: sproporzionato o meno, non sta a me deciderlo. L’offerta risponde (quasi) sempre a una domanda: il punto, siamo alle solite, è la qualità. C’è questa cosa, che si chiama “qualità” che prima dell’ascesa di Sky non veniva quasi mai dibattuta: da qualche tempo a questa parte, invece, da quando la tv di Murdoch si è elevata a terzo polo generalista, per esempio, molti artisti, attori e presentatori hanno fatto coming out, forse nella speranza di un nuovo contratto satellitare, ammettendo di non poterne più dell’ansia da audience, perché tale ricerca ossessiva ha minato, senza speranza, il fattore qualità. Non è incredibile – lo domando a voi – che la qualità in televisione sia inversamente proporzionale agli ascolti? Ormai passa per un dato di fatto acquisito, tuttavia non è pazzesco? Un programma più è scemo più ha successo. Quando l’aberrazione diventa normalità, i cervelli pensanti dovrebbero iniziare a preoccuparsi. Tutto ciò, secondo il parere di chi scrive, non ha nulla a che vedere con la crisi economica, la recessione e il bisogno di fuga: c’è scemenza e scemenza.
Scrive ancora Sabatini nel suo articolo:
“Quello dei “Cesaroni”, alla terza edizione su Canale 5, suggerisce un fenomeno di isteria collettiva. Le vicende della famiglia di romani de Roma più che portare agli onori delle cronache il quartiere capitolino della Garbatella non ha fatto. “Prima era Alex che non voleva Eva, adesso è Eva che non vole Alex…”, sintetizza papà Cesaroni ed è un po’ la tragedia della fiction, inchiodata sullo schema “lui vuole lei, o viceversa, ma…”. Il Lui in questione, dopo aver scoperto che la sua Lei è incinta, si dà alla fuga per mesi, lasciandola nel più cupo sconforto. Quando Lui si rende conto che lo spavento dell’imminente paternità va scemando e che il cuore mozzica – come diceva Francesca Antonellli in “Mignon è partita” – cerca di ricucire ma a questo punto è Lei che si ritrae… Un diuturno gioco a rimpiattino con estroversioni vernacolari. Potrebbe durare altri vent’anni”.
Beninteso: la fiction “I Cesaroni” non è di certo il Male Assoluto della televisione e, anzi, vorrà scusarci l’allegra combriccola di Garbatella se ho voluto prenderla a modello esemplificativo di un ragionamento. Alemanno ha accusato “Romanzo Criminale” di fare apologia di violenza. Quando succederà che qualcuno, un politico, un assessore, un critico, un commentatore occasionale, parlerà di apologia della scemenza?