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Editoriale – Come vincere la sudditanza e la spocchia nei confronti della tv

C’è un fatto che accomuna tutto il magico mondo dei critici, siano essi musicali, televisivi, cinematografici o di qualsivoglia campo dello scibile umano che, per sua stessa natura, può essere sottoposto a critica – diciamolo: possono essere sottoposte a critica tutte quelle cose che, in un certo senso, diventano di dominio pubblico -: è il

18 Maggio 2009 17:51


C’è un fatto che accomuna tutto il magico mondo dei critici, siano essi musicali, televisivi, cinematografici o di qualsivoglia campo dello scibile umano che, per sua stessa natura, può essere sottoposto a critica – diciamolo: possono essere sottoposte a critica tutte quelle cose che, in un certo senso, diventano di dominio pubblico -: è il rischio, sempre e comunque, di passare per lacché o per rosiconi, a seconda dei punti di vista di chi legge. Con la televisione di oggi, poi, che in Italia si trasforma quasi quotidianamente in una questione di schieramenti politici, il problema diventa ancora più evidente.

Per tacer del fatto che, signora mia, chi vuole mai che sia messo in discussione il proprio lavoro? Nessuno, ovviamente. Eppure la tv è lì, pronta per essere vivisezionata e cannibalizzata, e non bisogna avere paura né di parlarne né di metterla in discussione né di assegnarle il ruolo che merita. A proposito di critica televisiva, di sudditanza, di snobismo nei confronti della televisione stessa, mi piace segnalarvi, cari lettori, un bel saggio di David F. Wallace contenuto nella raccolta Tennis, tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più. Il saggio, acuto e divertente come il miglior Wallace di sempre, oltre a mettere in rilievo il fatto che le ore passate davanti alla televisione sono, mediamente, davvero tante – appena un po’ meno di quelle passate in un letto a dormire. Questo era vero almeno nel 1997, oggi forse bisognerebbe ritarare il tutto considerando internet, ma tant’è, ci sarebbero pochi aggiustamenti da fare – fa notare che la tv ha un suo ruolo ben preciso nella società, nella letteratura, e che ci si dovrebbe approcciare ad essa in maniera più naturale, come a qualsiasi evento, media, accidente che occorra all’umanità.

La bella penna di Wallace scrive, fra l’altro:

E’ ovviamente innegabile che la televisione sia un esempio di Arte Bassa, il genere di arte che deve compiacere il pubblico per prendergli i soldi. A causa dei meccanismi che regolano l’entertainment televisivo a diffusione nazionale sponsorizzato dalla pubblicità, la televisione ha l’unico scopo – che nessuno che ci lavori dentro o intorno ha mai negato da quando l’RCA ha autorizzato per la prima volta i test di trasmissione nel 1936 – di assicurarsi quanta più audience possibile

La tv è summa dell’Arte Bassa nel suo desiderio di divertire ed essere oggetto dell’attenzione di un numero di persone mai visto prima. Ma non è Bassa perché è volgare, morbosa o stupida. La televisione è spesso tutte queste cose, ma questa è una conseguenza logica della sua necessità di attrarre e divertire. E con questo non sto dicendo che la televisione sia volgare e stupida perché le persone che compongono il Pubblico sono volgari e stupide. La televisione è ciò che è per il semplice motivo che la gente tende ad assomigliarsi terribilmente proprio nei suoi interessi volgari, morbosi e stupidi, e a essere estremamente diversa per quanto riguarda gli interessi raffinati, estetici e nobili. Non si tratta che di una sincretica diversità: non si può dare la colpa della bassa qualità né al mezzo né al Pubblico

Quando qualcuno ha detto quel che dovresti dire tu con le Parole Perfette, perché provare a parafrasarlo? Da ciò, la necessità, più che il desiderio, di farvi leggere, cari lettori, questo passo e di invitarvi alla lettura integrale del saggio, che un vero amante della televisione non più ignorare.

Tornando a noi, se la televisione ci sembra, ogni giorno di più, volgare e stupida, forse è perché non la guardiamo con attenzione. O forse è perché tende a esserlo sempre più spesso – dal saggio di Wallace sono passati dodici anni: i reality show non esistevano ancora, per dirne una. Non che siano la causa di ogni male, eh – e noi a assomigliarle sempre di più.

Persino nel patetico tentativo di criticarla o di salvarla.