Home Reazione a catena, l’unico “successo” di un’estate nera per RaiUno. La tv-cazzeggio di Pupo e Sarabanda brilla nel nulla

Reazione a catena, l’unico “successo” di un’estate nera per RaiUno. La tv-cazzeggio di Pupo e Sarabanda brilla nel nulla

RaiUno, complici i problemi di ri-sintonizzazione in tutta Italia o gli effetti di un palinsesto sempre più replicante, sta passando una delle estate più nere della sua storia. Ad avere il suo peso è soprattutto la mancanza di titoli nuovi per la stagione delle vacanze, come potevano essere nelle scorse estati gli access prime time

4 Luglio 2009 21:02

pupo reazione a catena

RaiUno, complici i problemi di ri-sintonizzazione in tutta Italia o gli effetti di un palinsesto sempre più replicante, sta passando una delle estate più nere della sua storia. Ad avere il suo peso è soprattutto la mancanza di titoli nuovi per la stagione delle vacanze, come potevano essere nelle scorse estati gli access prime time di grande successo affidati a Fabrizio Frizzi, riuscito prima a tener testa a Cultura Moderna di Teo Mammucari con il bellissimo I Soliti Ignoti e poi a difendersi benissimo dalle Veline, pur con un brutto gioco estivo come La Botola.

In più nell’ammiraglia sono scomparsi i numeri zero, che l’anno scorso occuparono ben quattro sabati sera con risultati lodevoli per Ciak, si canta (non a caso riconfermato in garanzia), come anche l’idea di salvaguardare un marchio storico come Stasera mi butto, nuovamente archiviato dopo la dimessa conduzione di due anni fa di Caterina Balivo.

Insomma, in Rai si risparmia e le conseguenze sono un access prime time in caduta libera, a causa degli spezzoni respingenti di Supervarietà, e una prima serata che non riesce più a farsi guardare neanche quando Bruno Vespa propone uno speciale Porta a Porta, miseramente battuta dall’ennesimo passaggio di Notting Hill su Canale 5. Non è un caso che, tra tanta desolazione, spicchi l’unico programma che costituisca un effettivo competitor per Mediaset. Stiamo parlando di Reazione a Catena, un quiz sulle parole “leggero leggero” tornato da lunedì scorso per la terza edizione di seguito.

La sfida con Sarabanda è sul filo di lana, i due se la giocano da questa settimana senza che la proposta di Canale 5 riesca davvero a spiccare rispetto alle ambizioni iniziali. In realtà, la decisione di “inflazionare” d’estate la coppia tv del momento come Teo Mammucari e Belen Rodriguez doveva sortire un effetto boomerang per il nuovo periodo di garanzia, mentre per ora l’aspirazione a una promozione invernale non sembra così auspicabile.

Reazione a catena Pupo
Reazione a catena Pupo
Reazione a catena Pupo
Reazione a catena Pupo
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Sia Sarabanda che Reazione a catena peccano di un difetto di forma: quello che in tv d’estate ci si può permettere di tutto. Tette e culi, perché la critica vera è in ferie e non si prospetta una mobilitazione censoria dei media, con paginone a tutto campo e critiche di Giletti annesse e connesse. Mediocrità dei testi, nella convinzione che chi è appena tornato dal mare o è frastornato dal caldo non ha troppa voglia di pensare. Ludibrio generale, visto che l’estate degli italiani viene immaginata come un eterno gioco aperitivo che livella i background culturali e le aspirazioni intellettuali del telespettatore. Come ci si ritrova a cazzeggiare tutti insieme in spiaggia, così bisognerebbe apprezzare le basse pretese della scarsa offerta televisiva, sia povera di novità che di contenuti quando le novità ci sono.

Se Sarabanda vede notevolmente abbassato il livello di conoscenze musicali dei suoi partecipanti, perché d’estate anche un secchione delle sette note fa paura, a Reazione a Catena si fa della lingua italiana un’alternativa al Divertinglese di Rai Educational. Della serie, prendi il vocabolario, riducilo ai minimi termini e vantati di fare un quiz di spessore. E’ bastato poco perché Pupo, miracolato da una conferma in palinsesto (dopo il disastro al sabato sera di Volami nel cuore e il flop di Chi fermerà la musica), si montasse addirittura la testa. Alla presentazione della prima edizione nel 2007 volava basso:

“Non capisco se la Rai mi apprezza davvero o mi manda allo sbaraglio perchè una volta mi hanno fatto condurre Affari tuoi dopo i record d’ascolti di Bonolis e oggi mi danno un programma che sostituisce l’Eredità, ossia una garanzia. Ma io sono pronto, questo quiz è una vera novità e poi mi dà la possibilità reale di lavorare, cosa che ad altri non succede. C’è gente sotto contratto che non lavora, anche in Rai. E molti, in generale, non hanno niente da dire. Io in tv, se non ho niente da dire, non ci vado. Infatti me ne sono stato lontano un anno”.

Oggi esterna, tutto tronfio:

“Il segreto di Reazione a Catena? Piace perché diverte e insegna al tempo stesso. I risultati ottenuti (una media nella prima parte del 22,4 % di share e nella seconda del 22,6 % ndr) sono straordinari e sopra alle nostre aspettative, soprattutto in un periodo di crisi di ascolti di Raiuno. Con questo quiz la Rai ha fatto un bel colpo perché é riuscita a mettere mano su un programma prodotto e gestito completamente dall’Azienda”.

Ricorderete il lungo contenzioso scoppiato nel 2007, alla vigilia del debutto di Reazione a Catena su RaiUno. Innanzitutto il format di partenza è il datato Chain Reaction, nato nel 1980 sulla NBC con il presentatore Bill Cullen e durato cinque mesi, poi ripreso nel 1986 con Geoff Edwards fino al 1991 sulla rete Usa network e dopo quasi 15 anni riproposto in una versione moderna, sul canal Gsn nel 2006, con il giovane presentatore Dylan Lane. A decidere di produrlo per l’Italia è stata la Sony – che detiene i diritti originali della formula – in collaborazione con Magnolia (una sinergia improbabile che ha fatto scoppiare un vero giallo).

Inizinalmente, infatti, sembrava che ad esportare Chain Reaction dagli Usa fosse stato Enrico Papi. Il quale aveva dichiarato a suo tempo, scatenando il temporale:

“Ho scovato il programma in America e ho pensato di prenderlo in società con Giorgio Gori. La prima proposta l’ho fatta a Mediaset, emittente dove lavoro, pensando che fosse un gioco interessante per il preserale di Italia 1, ma non è piaciuto. Cosi Gori l’ha offerto alla Rai che invece l’ha accettato”.

Tale paternità è stata poi sconfessata quando la Sony Pictures ha precisato che in Reazioni a catena il signor Enrico Papi non c’entrava per niente. E che era l’unica detentrice dei diritti del programma che deriva da due format americani: Chain reaction e Combination look.

Il meccanismo del gioco è tutto basato sulle catene di parole: si parte da una parola data e ci si collega ad altre secondo principi logici o lessicali. A sfidarsi tra loro, in questa terza edizione in onda fino al 5 settembre, due squadre composte da tre amici che si danno man forte su argomenti di ogni tipo e varie prove: caccia alla parola, le catene musicali, l’intesa vincente (quello detestabile in cui, perché uno dei tre indovini la parola “burro”, gli altri due formulano insieme la domanda con una parola alla volta, parlando come dislessici) e infine la catena finale (una Ghigliottina facilitata a gruppi di due, che ha visto trionfare questa settimana le mitiche Sante subito).

La sensazione è che Reazione a Catena serva a far riposare il vincente quiz invernale anche dalle repliche, ma soprattutto il neurone del telespettatore che per le leggi del marketing, appunto, “non pensa” a luglio e agosto. Ma è ancora lucido per preferire una sana tv scacciapensieri, seppur di basso profilo, alla replica di Capri.

Reazione a catena Pupo

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