Tutti contro Mamma Rai: il presidente Napolitano inferocito, Zavoli umilia Garimberti e Masi: “Riaprite subito la trattativa con Sky”. Noi proviamo a fare un po’ di chiarezza…
Più che tv, la Rai è diventata un affare di Stato. S’è arrabbiato anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. L’eletto al Colle ha impugnato la situazione e si è rivolto con cipiglio alle alte cariche di Viale Mazzini per esprimere il proprio disappunto per quanto accaduto in seno all’affare Sky: secondo Napolitano, la situazione
Più che tv, la Rai è diventata un affare di Stato. S’è arrabbiato anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. L’eletto al Colle ha impugnato la situazione e si è rivolto con cipiglio alle alte cariche di Viale Mazzini per esprimere il proprio disappunto per quanto accaduto in seno all’affare Sky: secondo Napolitano, la situazione così composta andrebbe definitivamente a rovinare un’azienda già in gravissimo deficit economico. Noblesse oblige: presidente e direttore generale hanno piegato il capo, pur senza combinare granché. Certamente il silenzio risulta assai più costruttivo di certe dichiarazioni, come per esempio quella di Garimberti, secondo il quale l’uscita della Rai dalla piattaforma di Murdoch risulterebbe perfino conveniente. Finanza creativa, accipicchia.
Quest’oggi altri tuoni. Sergio Zavoli, eminenza grigia e capo della Commissione di Vigilanza Rai, ha guardato in cagnesco i principali responsabili di questa debacle economica e morale, Garimberti e Masi, imponendo, nientemeno, la riapertura della trattativa con Sky:
“I giudizi via via più stringenti attorno a questa inopinata querelle, primo fra tutti quello del Presidente Napolitano, esigono di riaprire la trattativa finché non sia inconfutabilmente palese la convenienza, non solo aziendale, del sistema televisivo e quindi dell’interesse nazionale, di dirla conclusa. L’auspicio è esteso a Sky che mi auguro non disinteressata a un’equa soluzione del problema”.
Ancora Zavoli:
“Riportare i canali Rai e RaiSat sulla piattaforma Sky credo corrisponda, oltre che alla richiesta di un’utenza sempre più vasta, anche a criteri di utilità imprenditoriale e industriale, considerando che i canali di Rai Sat, cancellati dalla programmazione di Sky, non sono più ricevibili altrove. La Rai potendosi mettere nella condizione di ricevere questo invito, darebbe una prova inequivocabile di voler essere, com’è sua prerogativa e dovere, un autentico, reale servizio pubblico, cioè rispondente alla legge costitutiva e agli indirizzi della Commissione parlamentare”.
La partita, a questo punto, risulta evidentemente appuntita su almeno tre fronti:
– il fronte pubblico, con milioni e milioni di abbonati Rai sull’orlo di una crisi di nervi. Già incupiti da decenni, con l’obbligatorietà invasiva del pagamento del canone, costoro si trovano adesso improvvisamente privati di alcuni canali storici e importanti a cui avevano cominciato ad abituarsi proprio grazie al decoder di Sky. Volendo continuare a guardarli, servirà l’acquisto di un nuovo apparecchio, quel TivuSat frutto dell’intesa (amarissima e sospetta) tra Viale Mazzini e Mediaset. Non solo: i cittadini sono infuriati anche per un altro aspetto, cioè quello meritocratico. La Rai continua a proporre ai propri vertici personaggi che non sembrano mai all’altezza, eppure godono eternamente di considerazione e giudizio. Il modo in cui è stato gestito il caso Minzolini alla guida del Tg1, per esempio, è un esemplare lapalissiano di piccolezza assoluta. Viene fin troppo facile immaginare come in qualsiasi altro paese del MONDO, una direzione simile sarebbe stata immediatamente cassata dalle alte cariche; da noi non succede. Da noi Minzolini passerà da una Super Poltrona all’altra, senza che nessuno si azzardi mai a pronunciare la più facile e scontata delle domande: perché? Per non parlare dei vertici aziendali, capaci, fino a questo momento, solo di gettare la struttura in un precipizio tecnico, organizzativo e, soprattutto, finanziario da fare spavento;
– il fronte economico, con 50 milioni di euro perduti quest’anno che andranno a pesare su un bilancio che lo stesso Masi aveva previsto in rosso, ipotizzando una perdita tra i 100 e i 120 milioni. Tutto questo contando che anche gli ultimi due bilanci, nel 2007 e nel 2008, si erano chiusi malamente con una perdita, rispettivamente, di cinque milioni e di sei. Impensabile per un’azienda di Stato;
– il fronte politico, con l’aggiramento dell’attuale Contratto di servizio sottoscritto dalla Rai e dal ministero delle Comunicazioni. Uscendo da Sky, la tv di Stato andrebbe a intaccare questo atto siglato nel 2007 in pieno governo Prodi per il quale, secondo l’articolo 26, i canali analogici del servizio pubblico devono essere presenti “sulle diverse piattaforme distributive”. Da qui il grande patto tra Viale Mazzini e Palazzo Chigi: se davvero si vuole definitivamente “cancellare” la presenza della Rai da Sky (quindi comprese le tre reti principali dai canali 101, 102 e 103) occorrerà modificare tale Contratto di servizio (in scadenza, guarda caso, il 31 dicembre 2009). Operazione già allo studio presso gli uffici delle Attività produttive, secondo un criterio al quale questo governo ci ha abituati da tempo: modificare la legge secondo la propria convenienza. In questo caso stabilendo che i canali analogici della Rai siano presenti su ALMENO UNA delle piattaforme. Piccola modifica semantica ma decisiva, considerato che quest’UNICA piattaforma sarà proprio, rullo di tamburi, Tivusat.
Questa è l’Italia. Questo è il Belpaese: trucco e parrucco, assai più che pizza e mandolino. Poco male e ancor meno di cui lamentarci: d’altra parte è esattamente ciò che abbiamo voluto e democraticamente votato in cabina elettorale. Ci teniamo quello che ci dobbiamo tenere: con il vantaggio che per renderci conto del fango in cui siamo immersi fino alla gobba del naso non serve nemmeno un decoder. E’ sufficiente affacciarci dalla finestra. Gratis, siure e siuri.