“Poi qualcuno dice che il conflitto d’interessi non esiste”: piccola rassegna stampa utile a capire lo scandalo Rai
Non è la prima volta che qui, su TvBlog, citiamo Alessandro Gilioli e il suo blog “Piovono Rane”, per la puntualità di certe sue argomentazioni in merito ai fatti televisivi. Considerato il mese ultra-estivo e la pochezza di contenuti, è forse giusto continuare sulla strada della comprensione, per quanto riguarda il bailamme che sta capitando
Non è la prima volta che qui, su TvBlog, citiamo Alessandro Gilioli e il suo blog “Piovono Rane”, per la puntualità di certe sue argomentazioni in merito ai fatti televisivi. Considerato il mese ultra-estivo e la pochezza di contenuti, è forse giusto continuare sulla strada della comprensione, per quanto riguarda il bailamme che sta capitando in questi giorni alla Rai, non soltanto un’azienda televisiva, ma un mezzo, potentissimo e penetrativo, capace di modificare le nostre vite, le nostre abitudini e, soprattutto, le nostre scelte.
Fatte le nomine, a Viale Mazzini tuona aria di tempesta, come abbiamo ampiamente spiegato: nel suo articolo, Gilioli, riprende un clamoroso articolo, scritto per il quotidiano “Libero” da Gianluigi Paragone (nella foto), neo vicedirettore eletto di RaiUno (con il voto contrario del presidente Garimberti, ricordiamolo). E’ una fortuna che lo abbia fatto, altrimenti lo stesso avrebbe rischiato di cadere nel dimenticatoio, o di rimanere meramente in pasto ai soli lettori del quotidiano dell’ex direttore Vittorio Feltri. Scrive Gilioli nel suo pezzo intitolato “Lui mente, tu paghi, Silvio incassa”:
“Si dice che durante la guerra contro l’Iraq, gli ayatollah iraniani mandassero i ragazzini a camminare davanti ai carrarmati: così, se c’era una mina, saltavano loro e il cingolato era salvo.
Bene: ora, in Italia, Berlusconi sta usando la Rai esattamente nello stesso modo. Nella sua guerra contro Murdoch, manda avanti la tivù di Stato facendole perdere ascolti e denaro, al solo scopo di preservare il suo cingolato, cioè Mediaset.
Se volete una prova plastica di questa strategia realizzata a spese nostre – visto che la Rai la manteniamo noi – leggetevi l’articolo su “Libero” di oggi del nuovo vicedirettore di Raiuno, Gianluigi Paragone. Un misto di bugie e di incompetenza che ha dell’incredibile.Paragone infatti spiega che la Rai fa benissimo a togliere i suoi canali satellitari a Sky perché, se inclusi nel pacchetto Sky, – «regalano opportunità di raccolta pubblicitaria a un concorrente. Come se uno vendesse un giornale fatto per un terzo da articolo scritti dai suoi giornalisti, per un terzo da articoli di Libero e per un terzo da articoli del Corriere, poi lo porta in edicola e presso gli inserzionisti pubblicitari piazzandolo come un suo prodotto. In poche parole quelli di Sky salgono sulla giostra di viale Mazzini e non pagano il biglietto: geni loro o pirla gli altri».
Ora, in questo capoverso Paragone è riuscito a infilare tre balle – o tre grezze – spaventose.
Primo, gli spot pubblicitari che passano sui canali Rai attraverso la piattaforma Sky non vengono pagati a Sky ma alla Rai. E’ stupefacente che Paragone non lo sappia, o finga di non saperlo. La Rai fa il sei per cento di audience sulla piattaforma Sky e quindi incassa circa 140-150 milioni di euro l’anno grazie al passaggio sulla piattaforma Sky.
Continua l’articolo di Gilioli:
Secondo, sulla “giostra della Rai” quelli di Sky pagavano il biglietto eccome. Cinquanta milioni di euro l’anno, secondo l’ultima proposta rifiutata da viale Mazzini al solo scopo di fare un favore a Berlusconi. Cinquanta milioni di euro che ora la Rai non incasserà più, peggiorando vistosamente i suoi conti già in rosso.
Terzo, per legge in Italia la Rai è un servizio pubblico (so che fa ridere ma è così). E per legge il servizio pubblico deve raggiungere tutti. Quindi ha l’obbligo di andare via satellite nelle zone non raggiunte dal digitale terrestre. Pur di impoverire il pacchetto Sky, ora quindi la Rai è costretta a pagare di tasca propria una nuova piattaforma satellitare, Tivùsat, fatta in joint venture con una’azienda che in teoria dovrebbe essere una concorrente, cioè Mediaset.
[…]
In altre parole: il proprietario di Mediaset, entrato a Palazzo Chigi, usa il suo potere politico per nominare alla Rai uomini che facciano la guerra al suo concorrente privato, Sky. E, pur di combattere Murdoch, fa perdere centinaia di milioni alla Rai, che tanto non è mica sua, la pagano i contribuenti”.
La conclusione della riflessione di Gilioli dà il titolo a questo articolo e la riproponiamo, perciò, senza le virgolette, incarnandola, quasi a volerla tatuare nello spirito critico di chi legge: poi qualcuno dice che il conflitto d’interessi non esiste.