Quel pasticciaccio brutto di “Quelli che il Calcio”. Ora Simona Ventura dovrebbe “dimettersi”…
Le cose stanno così: questo è un Paese poverello ma severissimo. Almeno nelle intenzioni. Come uno sbaglia, pubblicamente o istituzionalmente, si organizzano i tribunali e le corde per l’impiccato. Da che mondo è mondo, anzi da che Italia è Italia, funzioniamo in questo modo. Ultimamente poi – prendiamo i noti fattarelli politico-pecorecci che hanno coinvolto
Le cose stanno così: questo è un Paese poverello ma severissimo. Almeno nelle intenzioni. Come uno sbaglia, pubblicamente o istituzionalmente, si organizzano i tribunali e le corde per l’impiccato. Da che mondo è mondo, anzi da che Italia è Italia, funzioniamo in questo modo. Ultimamente poi – prendiamo i noti fattarelli politico-pecorecci che hanno coinvolto il nostro Presidente del Consiglio – siamo diventati, implacabili, tutti dei piccoli Emile Zola, il celeberrimo giornalista e scrittore francese che col suo “J’accuse” rivolto al Presidente francese fu costretto a scappare dalla Patria amatissima; volano richieste di dimissioni come stormi di rondini, da questa e da quest’altra parte, dalle colonne dei giornali i direttori lanciano strali – anche questi politico-pecorecci – verso esponenti di partito e personaggi in vista con l’unico scopo dichiarato delle dimissioni immediate del malcapitato. In televisione, pare, non succede così.
Quel pasticciaccio brutto di Simona Ventura è stato, secondo il parere di chi scrive, un fatto grave esattamente paragonabile ai festini di un premier o a qualunque altro caso indegno di pubblica coscienza. Che il tutto riguardi una “banale” trasmissione televisiva e una “inutile” (istituzionalmente parlando) conduttrice famosa non è importante. Bisogna ragionare per compartimenti stagni, guardare il microcosmo televisivo e occuparsi essenzialmente di esso: cos’è importante in televisione? La professionalità, la bravura, la coscienza, la precisione, lo studio accurato, la puntigliosità, lo zelo: questi sono lemmi che gli addetti allo spettacolo – e quindi alla cultura – dovrebbero farsi tatuare addosso, in quanto entità pubbliche, oltreché profumatissimamente pagate in barba a qualunque logica di crisi o di recessione, e per rispetto nei confronti nostri.
Se un capo di governo, di un qualunque governo, in un mondo distopico, à la George Orwell, proponesse, faccio per dire, leggi contro la prostituzione e la droga e poi andasse a prostitute e si drogasse, noialtri, i piccoli Emile Zola, insorgeremmo, se non mi sbaglio. E allora, fuor di metafora, se la più brava, pagata e famosa conduttrice italiana, diciamo il capo del governo delle conduttrici italiane, tra l’altro per due anni front-woman del più grande e importante talent show MUSICALE della televisione pubblica, non si accorgesse che il cantante e il batterista di uno dei più grandi gruppi rock del mondo si sono scambiati ruoli e che la persona che sta intervistando non è chi pensa che sia, ecco, se tutto questo accadesse, non in un mondo distopico, ma durante una domenica pomeriggio, nella Realtà, la conduttrice in questione, cioè Simona Ventura, dovrebbe prendere armi e bagagli e “dimettersi”.
Anche in questo caso è necessario, brevemente, prima di chiudere e lasciare a voi le opinioni e le riflessioni in merito, è necessario, dicevo, uscire un momento dalla metafora. In che senso “dimettersi”? Non chiedo molto: proprio perché mi piace ragionare per “microcosmi”, non pretendo di fare l’eroe col fondoschiena degli altri. Non sto dicendo che la Ventura dovrebbe fare a tal punto la lezioncina morale da non lavorare più in televisione. Nonostante i milioni e milioni di euro, il lavoro è SEMPRE lavoro ed è SEMPRE necessario alla vita di chi lo fa. Quello che mi piacerebbe, parlando di “dimissioni”, è vedere, finalmente, una conferenza stampa, per esempio, organizzata al solo scopo di domandare scusa, di abbassare la testa, di chinare il capo e dire: amici, ho sbagliato. Sei Simona Ventura, sei pagata come mille lavoratori “normali”, sei stata messa a capo di un programma musicale e, come se non bastasse, hai già intervistato i Muse meno di un anno fa. Non puoi – non puoi! – sbagliare. Hai uno stuolo, dietro di te, di autori anche loro pagati come dei re, hai le prove, hai un direttore di rete, uno di palinsesto, hai tutto perché nemmeno una sillaba esca dalla tua bocca macchiata del minimo errore. Se il cantante Matthew Bellamy, dei Muse, e il batterista Dominic James Howard si scambiano i ruoli tu devi – devi! – domandare perché, che cosa succede, come mai: sei Simona Ventura, sei una sedicente esperta musicale, hai insegnato musica a dei giovani musicisti per due anni, in diretta televisiva su RaiDue e hai questa responsabilità.
Altrimenti, signori miei, da oggi tutto diventa possibile, esattamente come in quel mondo distopico, inventato da un Orwell qualunque, in cui il capo dei capi fa le leggi e poi è il primo ad infrangerle.