Carlo Verna, segretario UsigRai in esclusiva a TvBlog: “Canone Rai, pagarlo significa assicurare il pluralismo”
Il vespaio di polemiche e le inziative di una rediviva ma non eletta Santanché, che cavalca l’onda, coadiuvata da Vittorio Feltri, direttore de Il Giornale e Maurizio Belpietro direttore di Libero, contro il pagamento del canone Rai, animano la discussione di questi giorni. La protesta di disobbedienza civile, messa sin qui in atto, è in
Il vespaio di polemiche e le inziative di una rediviva ma non eletta Santanché, che cavalca l’onda, coadiuvata da Vittorio Feltri, direttore de Il Giornale e Maurizio Belpietro direttore di Libero, contro il pagamento del canone Rai, animano la discussione di questi giorni. La protesta di disobbedienza civile, messa sin qui in atto, è in realtà un grimaldello per scardinare la trasmissione AnnoZero di Michele Santoro, all’origine della vertenza. Il discorso ora verte su un solo asse: è giusto pagare il canone Rai? La domanda sbuca ciclicamente e la risposta è sempre stata la stessa: si, è giusto perché conviene.
Un lettore ieri nei suoi commenti al post relativo all’iniziativa di Feltri e Belpietro, faceva notare che nel resto d’Europa il canone esiste, si paga e viene difeso dai consumatori/telespettatori, come unica garanzia di pluralismo e democrazia.
Della necessità di pagare il canone Rai, della sua pertinenza e degli obiettivi della protesta di Feltri, Belpietro e Santanché ne ho parlato con Carlo Verna, giornalista Rai nonché segretario UsigRai, che ho raggiunto ieri al telefono e a cui ho appunto chiesto:
Le polemiche di questi giorni racchiudono una vera necessità di rivedere il sistema di finanziamento della Rai o nascondono un insidia alla libertà di informazione?
Il punto è che c’è una stranissima correlazione tra le iniziative del Ministro Scajola, cioè la convocazione di una istruttoria del Governo a proposito della trasmissione Annozero di Michele Santoro e le iniziative della Santanché, Feltri e Belpietro. “Il Giornale” è di proprietà della famiglia Berlusconi, “Libero” non ha mai nascosto le sue simpatie verso l’attuale Governo. Se non si tratta di una strategia si tratta di un attacco al servizio pubblico che assicura il pluralismo. Trasmissioni come quella di Santoro hanno ragione di esistere perché l’informazione va fatta a 360 gradi. Se non piace allora c’è sempre il telecomando. Non dimentichiamoci che il potere del telespettatore è quello di cambiare canale.
In questo quadro come si inseriscono le mancate nomine a RaiTre?
Di certo non si può aspettare il congresso del Pd. Comunque, altrove sono state fatte le nomine dopo che le danze sono state aperte dalla promozione di Gianni Riotta che ha lasciato vacante il posto di direttore al Tg1. Di lì si è proseguito con le nuove collocazioni. Non si può però scompaginare una squadra, quella di RaiTre, che dà ampie soddisfazioni: basta pensare alla crescita, in termini di ascolti, del Tg3.
Secondo te, davvero in Italia esiste un pericolo “libertà di stampa”?
Va considerato che il 54% degli italiani si informa guardando la televisione. Dunque se in Italia non si informasse anche quel 54% con la messa in onda di una trasmissione come quella di Santoro, allora ci sarebbe l’elusione dell’art.21. Tra l’altro i documenti usati da Santoro nella prima puntata non erano prodotti in esclusiva, ma presi da altre fonti, diversamente consultabili. Ecco, la sua operazione è stata quella di mostrare una informazione che diversamente non era facilmente raggiungibile da quel 54% e questo è proprio l’obiettivo del servizio pubblico.
Perciò: pagare o non pagare il canone Rai?
Il servizio pubblico è sostenuto dal pagamento del canone, è quello che assicura la pluralità di espressione e di informazione. Pagare il canone Rai significa assicurare che non vi sia l’elusione dell’art.21.
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