Annozero: perché il boom d’ascolti è necessario a questo Paese e a questa tv
Per la seconda settimana consecutiva, mezza Italia ha seguito Annozero di Michele Santoro, la prima COSA giornalistica de-Minzolinizzata e de-Vespizzata della nostra recentissima storia democratica. Questo fatto, non la trasmissione in sé, il fatto che mezza Italia abbia deciso di piazzarsi davanti alla televisione, su RaiDue, e di non cambiare canale fino alla fine, è
Per la seconda settimana consecutiva, mezza Italia ha seguito Annozero di Michele Santoro, la prima COSA giornalistica de-Minzolinizzata e de-Vespizzata della nostra recentissima storia democratica. Questo fatto, non la trasmissione in sé, il fatto che mezza Italia abbia deciso di piazzarsi davanti alla televisione, su RaiDue, e di non cambiare canale fino alla fine, è qualcosa di importante, di rassicurante, di necessario per un paese come il nostro, negli ultimi mesi messo alla berlina dai suoi stessi governanti e condotto in una specie di vuoto cosmico intellettuale da cui sarà complicatissimo venire fuori con dignità. Il successo del progetto di Michele Santoro dovrebbe essere una goduria fisica assolutamente bipartisan, perché la libertà d’informazione è qualcosa, come scrive oggi Roberto Saviano su la Repubblica, che tutti dovremmo tenere a cuore: naturalmente non andrà così. E’ ovvio che gli elettori di centrodestra, quasi per induzione inerziale, dovranno forzatamente dire male della puntata di Annozero, prendendo a schierarsi al fianco di gente come Vespa e Belpietro e scodinzolare al fianco del padrone, riportando ogni tanto, semmai, pure il bastone. Ed è altrettanto ovvio che gli elettori di centrosinistra (o quel che ne rimane) adesso sceglieranno improvvisamente la via del rumore, della voce alta, adotteranno l’apologia del “ve l’avevamo detto”, “avevamo ragione noi”, innalzeranno una escort a paladina e, semmai, sabato pomeriggio, in occasione della manifestazione per la libertà d’espressione, spunterà pure qualche inutile bandiera di Che Guevara, mandando completamente in pappa il significato stesso della riunione. Purtroppo la strumentalizzazione politica, quella di bassissimo profilo, in Italia è inevitabile: da questo punto di vista abbiamo esattamente la classe politica che ci rappresenta.
Eppure il successo totale della puntata di Annozero di ieri dovrebbe farci uscire tutti dalle case a braccetto: l’Italia non è “libera”, ovviamente, ci vorranno decenni e almeno un’altra generazione (possibilmente anche de-Tronistizzata) perché questa coltre di pochezza idiota che ci è calata sopra si dissipi. Però oggi, stamattina, l’Italia è un Paese che non ha più alibi. L’amplesso censorio e lecchino, perpetrato dalle varie direzioni dei telegiornali e da Bruno Vespa, per un paio d’ore si è trasformato in un brusco coitus interruptus: improvvisamente l’italiano si è trovato davanti alla Verità. Una verità per forza di cose patinata, gossipara, volgare, di basso profilo, certamente, è proprio così, è questo il quadro che viene fuori, perché di tale portata è la pellicola che il governo italiano ha srotolato sopra ogni cosa: gossipara, volgare e di basso profilo. E’ la politica che dovrebbe essere più “elegante” della stampa, non il contrario. Il problema non è una escort in studio: il problema è una escort nel letto di Putin nella notte dell’elezione di Obama. Il problema non è una escort intervistata: il problema è una escort candidata alle elezioni Europee. La trasmissione di ieri di Santoro ha ridato un nome alle cose: chi è che deve vergognarsi e perché? Scrive oggi Curzio Maltese, in maniera lucidissima:
“Sembra una canzone di Fabrizio De Andrè, questa storia della prostituta cercata di notte e ripudiata alla luce dei riflettori. Santoro non trova un politico di centrodestra disponibile a frequentare la stessa trasmissione inquinata da ‘quella là’. Eppure nessuno di loro s’è mai sentito in imbarazzo a presentarsi nelle liste elettorali accanto a Patrizia e le altre. Nessuno ha chiesto spiegazioni al capo”.
Il successo di ascolti di Annozero è la prova che c’è una sete di verità ben più forte di quella soddisfatta dai “dopo festival” organizzati da Bruno Vespa (una specie di pluralismo a progetto, evocato solo in una direzione). Mezza Italia, finalmente, a seguire una trasmissione in dubbio fino all’ultimo, con l’opinionista di punta senza contratto, in nero, e il conduttore diffidato, senza ospiti di uno schieramento politico e con direttori di rete quasi minacciati dagli esponenti del governo in carica: uno scenario, torno a dire, distopico, à la Orwell, al quale sembrava che ci fossimo bellamente abituati. Otto milioni di persone, solo tra quelle conteggiabili, è un numero che sta a dire che è quasi così ma non è esattamente così. Non c’è ancora salvezza all’orizzonte, ma da questa mattina siamo un Paese senza più alibi. Siete stati appena de-Minzolinizzati: approfittatene.