Home True Blood Angel compie dieci anni. E da Buffy a The Vampire Diaries, il vampiro in tv è sempre più buono (e di moda)

Angel compie dieci anni. E da Buffy a The Vampire Diaries, il vampiro in tv è sempre più buono (e di moda)

Era il 5 ottobre 1999 quando The Wb trasmise la prima puntata di “Angel”, spin-off del cult “Buffy”, ai tempi giunto alla quarta di sette stagioni. Allora, il vampiro in tv sembrava essere una prerogativa di Joss Whedon, mentre oggi, festeggiando i dieci anni della serie con David Boreanaz nei panni del vampiro con l’anima,

pubblicato 7 Ottobre 2009 aggiornato 5 Settembre 2020 22:22

Era il 5 ottobre 1999 quando The Wb trasmise la prima puntata di “Angel”, spin-off del cult “Buffy”, ai tempi giunto alla quarta di sette stagioni. Allora, il vampiro in tv sembrava essere una prerogativa di Joss Whedon, mentre oggi, festeggiando i dieci anni della serie con David Boreanaz nei panni del vampiro con l’anima, assistiamo ad un crescendo di storie sempre più assetate di sangue.

Superfluo dire che la causa di questo boom sia rintracciabile nel successo cinematografico della saga di “Twilight”, anche se negli anni precedenti l’uscita del film con Robert Pattinson la tv non è mai stata passiva nella rappresentazione delle millenarie creature coi canini, che nel corso degli anni hanno trovato uno spazio sempre più presente e dei ruoli ancora più diversi dall’originaria idea che la letteratura ci aveva mostrato.

Se in “Buffy” (The Wb, 1997) il vampiro era il protagonista cattivo -almeno nelle prime stagioni, che ci hanno presentato big bads come il Maestro, il futuro comprimario Spike, Drusilla e la versione malvagia di Angel, meglio nota come Angelus-, proprio nel suo spin-off (The Wb, 1999) assistiamo ad un primo importante passo verso un’integrazione narrativa tra umani e vampiri: il protagonista in “Angel” non è più succube del proprio istinto, ma lotta con esso per garantire a chi lo circonda una protezione totale dai servitori del Male, anche a rischio della propria incolumità (e felicità).

I due show hanno successo e diventano in breve un punto di riferimento per gli altri drama vampireschi e non di quegli anni, e i tentativi di acchiappare lo stesso pubblico di giovani cresciuti a pane e morsi sul collo sono stati tanti. Possiamo citare il teen drama “Vampire High” (della canadese Ytv, 2001), strampalato -e presto accantonato- progetto che vedeva vampiri e adolescenti frequentare lo stesso liceo, ancora una volta all’insegna dell’integrazione tra naturale e sovrannaturale.

Ben presto, però, ci si accorge che il tema dei demoni, del loro tormento e della difficile convivenza con gli umani può diventare qualcosa di più di un semplice show per ragazzi. Dobbiamo aspettare sei anni, per assistere al ritorno del vampiro protagonista in tv: è il 2007, e la Cbs ci prova con “Moonlight”, un crime che ruota attorno alla figura del detective Mick St. John (Alex O’Loughlin), vampiro tormentato oltre che dal suo passato anche dai nuovi sentimenti per una donna umana.

Da questo momento in avanti, assistiamo ad un’inversione di tendenza, che prima vedeva il vampiro come il cattivo a tutti i costi. Entriamo in un limbo in cui gli sceneggiatori sguazzano tra i limiti del bene e del male, decidendo di volta in volta su quale sponda far cadere il protagonista di turno. Il tutto, ovviamente, sullo sfondo della società civilizzata, sempre (o quasi) all’oscuro della vera natura di chi vive insieme a loro i drammi notturni e non delle loro vite.

La trasgressione, ora, non sta più nei canini, dunque. Le storie che vedremo da qui a venire, e già Whedon l’aveva capito, si concentrano di più sul rapporto tra umani e demoni, con la conseguente storia d’amore (im)possibile tra un uomo vampiro e donna .

Ma i vampiri non sono proliferati solo in televisione. Sugli scaffali delle librerie, negli ultimi anni, le storie a questo proposito sono più che moltiplicate, e i grandi network americani non hanno saputo resistere alla tentazione di attingere da queste storie per cercare nuovi successi da proporre. Se i primi tentativi non sono andati pienamente in porto (leggasi “Blood ties” -Lifetime, 2007-, tratto dal libro di Tanya Huff), bisogna aspettare il boom di “Twilight”, prima in libreria e poi al cinema, per poter parlare di rinascita dei vampiri.

E’ il 2008 quando Hbo decide di produrre un telefilm ispirato ai libri della “Serie di Sookie Stackhouse” della scrittrice Charlaine Harris. Dietro il progetto si nasconde Alan Ball (“Six Feet Under”), e la premesse per un nuovo cult ci sono tutte. Nasce “True Blood”, serie evento dello scorso autunno e di quest’estate che gioca con la normalità di un mondo dove i vampiri hanno fatto “coming out” e vivono la loro natura al chiaro di luna, non senza scontrarsi con i dubbi e le pseudo morali di una società che vede la pagliuzza negli occhi degli altri e non la trave nei loro.

Ormai è fatta: siamo ai giorni nostri e i vampiri sono diventati una certezza della storia telefilmica contemporanea. L’ultima dimostrazione l’abbiamo ricevuta dal neonato “The Vampire Diaries” (The Cw), anch’esso tratto da una serie di libri (“I diari del vampiro” di L. J. Smith) e riadattato per la tv da Kevin Williamson, il papà di “Dawson’s creek”, teen drama della generazione pre Facebook ora alle prese con un triangolo amoroso liceale tra due vampiri ed una ragazza.

Ancora una scuola (da quella di Sunnydaile a quella di Mystic Falls), quindi, per chiudere momentaneamente un cerchio che ha quasi totalmente rivalutato una figura tipica da film horror negli anni che furono e che ora, invece, è stata riadattata a marchio di successo stagionale (e di guadagno per i produttori). Eh, sì: i tempi di “Angel” e del vampiro tutto d’un pezzo sono proprio lontani.

True Blood