Check in, un ritorno al nonsense e una grande rivelazione: Daniela Martani
Check In che fa rima con Drive In: non a caso il regista Giancarlo Nicotra, storica firma del varietà televisivo italiano, ha portato a battesimo il programma di Antonio Ricci. Negli anni d’oro dello spettacolo scacciapensieri il comic show nonsense era il grande successo, la trasmissione demenziale che conquistava il grande pubblico e gli faceva
Check In che fa rima con Drive In: non a caso il regista Giancarlo Nicotra, storica firma del varietà televisivo italiano, ha portato a battesimo il programma di Antonio Ricci. Negli anni d’oro dello spettacolo scacciapensieri il comic show nonsense era il grande successo, la trasmissione demenziale che conquistava il grande pubblico e gli faceva dimenticare la realtà, secondo la piena filosofia della tv fast food. Poi è arrivata la televisione mimetica, fatta di becere riproduzioni della società o di polpettoni moralistici sulla stessa, e l’incantesimo paninaro è finito.
Ieri sera, con tutti i limiti tecnici di un numero zero (si parla di un bis il 12 gennaio, ma le guide tv annunciano Porta a porta), nonché di uno spettacolo teatrale dichiaratamente ispirato al film L’Aereo più pazzo del mondo e poi testato in tv, Check in ha fatto rivivere le stesse suggestioni, prospettandosi “meno peggio” delle aspettative iniziali.
Complice una fotografia molto curata, e una scrittura più vicina a una sitcom ben strutturata (Piloti?) che a un caotico carrozzone di comici, la seconda serata di RaiUno è apparsa decisamente fuori dagli schemi. Qualcuno dirà che la vetrina sarebbe stata ben più adatta ad altro tipo di comicità, nonostante il periodo di disarmo natalizio, e che quasi quasi c’era da rimpiangere Tintoria di RaiTre, ultimo varietà comico Rai decisamente più credibile come marchio.
Eppure Check In ha saputo fare di un aeroporto un pretesto perfetto per una comicità-cazzeggio, non necessariamente da buttar via. Quante volte, prima di prendere l’aereo, ci lanciamo in battutine ironiche per esorcizzare la paura e ci sentiamo così vulnerabili da risultare anche un po’ cretini? Di qui il susseguirsi di siparietti divertenti, a loro modo sapientemente collegati tra loro, grazie al supporto di una recitazione più vicina al linguaggio del teatro che al cabaret. Nella puntata di ieri si sono non a caso distinti per humor Andrea Santonastaso, già ottima spalla maschile della Marcuzzi in Così fan tutte, e per presenza scenica Michele La Ginestra, non a caso attore di palcoscenico.
Ma soprattutto c’è stata una grande rivelazione. E non stiamo parlando di Beppe Braida che, seppur “capocomico” sulla carta, era forse la presenza più fuori luogo, forse perché troppo vicina all’etichetta di comico da Zelig e Colorado.
La vera sorpresa, infatti, ce l’ha fatta Daniela Martani. Posto che non ha avuto troppe difficoltà di entrare nella parte della hostess, viste le sue traversie con l’Alitalia, il vederla interpretare proprio quel ruolo le ha dato inspiegabilmente una grande credibilità artistica. E per lei si può parlare di riscatto “profetico”, visto che è riuscita a “debuttare” in tv proprio partendo dal luogo del delitto sacrificale, dal lavoro che ha dovuto barattare, espiando le sue ambizioni di fama in un reality show, in cambio della celebrità.
Una celebrità faticosamente raggiunta a colpi di gossip e bis con i reality poco fortunati, sull’onda di una Belen Rodriguez che, seguendo lo stesso percorso autolesionista, ha avuto la fortuna di arrivare più lontano. La Martani, nonostante tutto, aveva ragione: è brava, ha una bella dizione e abbastanza prontezza e spontaneità per fare spettacolo.
Mentre gli scarti di Antonio Ricci (la Filippona Jeanene Fox e Lidye Pages) sculettavano, lei recitava le battute e anche in modo apprezzabile: qualcosa vorrà pur dire. Anche chi l’ha detestata e continua a farlo, insomma, deve darle atto di essersi messa a nudo in quanto a schiettezza, anziché su un calendario, per raggiungere i suoi obiettivi. E la verità, anche nello sputtanamento, prima o poi paga sempre… se qualcosa sai fare.
Ora non resta da capire se Check in ha un futuro, in una tv in cui ciò che è inutile e superfluo (ma ha un’intuizione solida alla base) non ha mai lunga vita. Trovandogli la collocazione giusta, magari estiva, e una rete forse meno ambiziosa ce la potrebbe fare a sopravvivere in palinsesto.