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BLA BLA: una volta c’era Ionesco, oggi ci sono le Tv

Tutti noi siamo ormai convinti che le televisioni facciano ricorso sempre meno alle immagini e sempre di più alla parola. Anche se non sembra, persino la musica (le canzoni) vale meno della parola. Ce ne rendiamo conto ogni giorno di più. Strilli, versi, non parole.Le notizie dei tg, anche se mostrano terremoti e altre terribili

pubblicato 7 Marzo 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 17:51


Tutti noi siamo ormai convinti che le televisioni facciano ricorso sempre meno alle immagini e sempre di più alla parola. Anche se non sembra, persino la musica (le canzoni) vale meno della parola. Ce ne rendiamo conto ogni giorno di più. Strilli, versi, non parole.

Le notizie dei tg, anche se mostrano terremoti e altre terribili tragedie, annegano nei commenti dei portavoce dei vari partiti o partitini ,montati a mò di hamburger , che hanno imparato a memoria la classica velina che non dice nulla, se non ribadire che gli altri (i colleghi portavoce e i colleghi partiti) sono dei mentecatti.

I reality show sono il trionfo della parola vigente, su sfondi e gabbie diverse.Non c’è neanche bisogno di fare i titoli delle trasmissioni.Il nucleo, diciamo così drammaturgico di questa offerta senza fine, sono le parole, parole nella versione di chiacchiere, confessioni, battibecchi, frecciate, insulti, calci in bocca con parolacce; il tutto per dare la sensazione di una spontaneità creativa; peraltro come sappiamo ben coordinata dagli autori e dai dirigenti mammasantissima e loro fiduciari.

Gli speciali e i talk show sono il trionfo della parola che mena il can per l’aia, chiedendo a noi di entrare nella comodità di una sorta di fattoria degli animali da cui escono tanti grugniti e poche parole sensate.

I talk show sono, in questo senso, le trasmissioni più automatiche che si possano pensare. Partono da immagini di un fatto o dalla rifrittura di altri fatti per condurci nella poltiglia dell’indistinto. Essi, a ben guardare, anzi a ben sentire, offrono la versione trash delle commedie di Eugene Ionesco, grande autore che si divertiva a colpire le abitudini del mondo in cui scriveva (anni Cinquanta e Sessanta) , un mondo che si riuniva per non dire un tubo, o meglio per farci comprendere che era proprio questo tubo lo stile e il contenuto di un’epoca, di linguaggi corrotti e inespressivi.

Il tubo delle televisioni è una impalcatura infinita di di tubi (poco innocenti) in cui si finge di affrontare i temi e i problemi posti. Tubi che soffocano lo spettatore come pitoni, ma tanto gli spettatori non se ne accorgono.

So bene che ricordare Ionesco, di questi tempi, può sembrare addirittura una citazione troppo pretenziosa e altisonante; ma so anche ogni tanto vale la pena di misurare i livelli. Ieri c’era un personaggio acuto, e pungente come Ionesco, oggi le televisioni affidato i loro talk show a tubisti o conduttori del tubo che stanno e faranno storia. Con l’autorizzazione dei dirigenti e il benvenuto alle casse.

Qualche nome? Se fino a qualche tempo fa si potevano fare graduatorie oggi il tubismo travolge anche i migliori da Maurizio Costanzo a Bruno Vespa, da Michele Santoro a Gad Lerner, da Alessio Vinci a Monica Setta, e su su su o giù giù giù ai conduttori dei contenitori.
Colpa loro, di talenti che si danno il tubo sui piedi mentre colpiscono le teste degli spettatori? Beh, penso proprio di no.

La mancanza di idee nella programmazione, la pigrizia di dirigenti incapaci, le megalomanie dei feudatari che governano il nulla o lo affettano, generano la parola o la parolaccia, in cui tutto deve essere convogliato verso un fine preciso, anche se inconsapevolmente perseguito: la Torre di Babele. Creare confusione per strozzare ogni interesse e curiosità, per offrire al netto della ben nota passività di gran parte del pubblico un delizioso placebo: il gusto della parola vuota che risuona di luoghi comuni e di emotività a buon mercato.

Confusione dai fiumi (le trasmissioni cancellate) agli affluenti (tutte le altre trasmissioni). Acque che girano nei tubi della comunicazione. Dalla politica alle tragedie, dalla cronaca nera a quella rosa. Senza distinzioni. E adesso andiamo a votare nel silenzio rumoroso delle parole che esondano, vengono deviate dai talk politici o similari, ci prendono dagli orecchi alla gola, entrano nel respiro complessivo delle televisioni. Ssssssss…Che parlino solo quelli che portano il badge.
Italo Moscati