SENZA GURU: e se i talk show fossero foglie di fico?
Entro in un bar sulla Casilina, un posto da finis terrae anche se le strade sono soffocate da una gran ressa di macchine mentre si sentono sferragliare i tranvetti che piacevano tanto a Pasolini e ai suoi eroi, i ragazzi di vita. Bevo un caffè. Intanto il maxivideo trasmette da Mtv le clip di musica,
Entro in un bar sulla Casilina, un posto da finis terrae anche se le strade sono soffocate da una gran ressa di macchine mentre si sentono sferragliare i tranvetti che piacevano tanto a Pasolini e ai suoi eroi, i ragazzi di vita.
Bevo un caffè. Intanto il maxivideo trasmette da Mtv le clip di musica, tette, chiappe, ritmi afroanglofrancolatinoitaliani con pizzichi di Goran Bregovic. Una ragazza alla cassa vende a raffica grattaevinci.
Una barista consola una donna matura molto in carne tradita dall’ultimo uomo che diceva di amarla. Dal bagno esce un tipo fantastico, non giovane: riporto a 360 gradi di capelli stratinti e straimpomatati, blue jeas a zampadielefante, stivaletticheneanchejohnwayne. E’ sereno. Ordina caffè al bicchiere con latte uno schizzo di selz. Entra un giovanotto che fa gli occhi dolci alla ragazza del grattaevince, e dice: ” ‘A bella, quanto me piacerebbe darte una grattatina, ciai du bocce meglio di Cristina”. Cristina, la ex diva del GF dello scorso anno.
Punto a capo. Sono appena sceso dalla macchia dopo un lungo viaggio di quello che era il farwest delle borgate e degli accattoni alla Franco Citti. Ho ascoltato, per ingannare il traffico, la prima parte della trasmissione di Radio3Rai “Tutta la città ne parla”. L’argomento era quello dei talk show che Vigilanza, Agenzia, CdaRai, Tar si palleggiano: devono andare in onda o devono continuare ad essere sospesi? Mah. Boh. Però. Vorrei dire. Distinguerei. Scandalo. Bisogna pensarci. Opportuna suspense (sospensione della trasmissione). ‘Sti politici, ‘sti conduttori del piffero. ‘Sto pollaio. Preciso: questo mini elenco vuole sintetizzare le voci che circolano fuori dal bar, e circolano sulla stampa e in onda.
Nella trasmissione, che coglie il suggerimento di una telefonata di un ascoltatore di “Prima pagina” in onda sulla stessa Radio3Rai, intervenivano Peppino Ortoleva, docente universitario; Paolo Natale, un esperto di massmedia; Paolo Landi, un altro esperto che ha scritto un libro sulla rete internet. Tutte persone di valore. Coordinate dal bravo Giorgio Zanchini, pulito e concreto nel porre domande e raccogliere le opinioni del popolo delle email.
Il succo della discussione puntava a dire qualcosa in più sul vecchio, controverso, annoso tema: la tv ,e nella fattispecie
i talk show, influiscono sulle idee politiche dei telespettatori?
Le risposte, tutte sensate, e documentate, giravano intorno al fatidico “nin so” che spunta regolarmente fuori in questi casi . Ovvero: influiscono in misura non determinante, però…Ovvero: i talk show sono seguiti da un pubblico di affezionati che si divertono o s’inccacchiano, e comunque cercano conferme più che minacciare terremoti. I know. We know.
Verso il finale della discussione, Ortoleva, che conosco e stimo, ricorda che i talk show sono ormai diventati qualcosa di molto simile alla “commedia dell’arte” con personaggi, spesso sempre i soliti, nel ruolo di “maschere” che sfoggiano nei gesti e nelle parole i loro copioni politici o di partito, veri e propri canovacci scassati. Onorevoli, ministri, magistrati, giornalisti, opinionisti, eccetera tutti coinvolti nel remake di Arlecchino, Mirandolina, Pulcinella, Pantalone, eccetera…, per la maggior gloria della “commedia” e del “puparo” (il conduttore che sa il suo mestiere e mescola le carte al fine del risultato che importa: l’ascolto).
La discussione di “Tutta la città ne parla” alla fine risultava interessante e più in là non poteva andare. Infatti se è assurdo, inaccettabile, odioso sospendere i talk show -comunque, anche per par condicio, sotto elezioni- l’accento su un tema come questo andrebbe posto prima o poi posto su ciò che sono diventati i talk show , sempre più “macchine automatiche” con le loro sacrosante “maschere” più o meno fisse e con le loro “commedie” in cui “l’arte” è alla fine quella di una vaghezza da porta sfondata, da ripetitività e da urla che tirano su lo share, com’è dimostrato. “Macchine” oltre la “commedia”.
La discussione svanisce mentre entro nel bar. Guardo la cassiera, l’uomo con il riportone, er bullo de borgata, la barista che canta una canzone degli Zero Assoluto. Li vedo, loro e altri, come vere “maschere” di una Roma periferica,spaesata, sconciata dai lavori per la metro, stretta tra le auto e i televisori ammucchiati gli uni sulle altre, romani de Roma anche se magari rumeni o albanesi, quieti e caciaroni.
A costoro delle elezione e dei talk show non importa nulla. I talk show non li sfiorano, non cambiano le loro idee, la politica sta sui manifesti, le vere “maschere” neanche sanno se e come voteranno. I talk show sono per una minoranza di telespettatori che amano assistere al colosseo con i finti leoni o lenoni delle polemiche.
Le “maschere” della Roma periferica non li sopporta questi talk con relativi partecipanti, ma non lo dice, li sopprime con lo zapping e con le alternative delle isole dei famosi e delle gabbie di tutti i grandi fratelli, dei balli sotto le stelle e del revival monarchico di Emanuele Filiberto e dello scudiero Pupo, delle fiction pace e bene.
E’ l’Italia che non si lascia influenzare. Ha ben chiaro in testa quel che deve fare. Mtv, riporto, grattaevinci…
E’ l’Italia che poco sa di schieramenti e candidati, e forse ha scelto una volta per tutte la comoda alternativa del disinteresse, conquistata dal flusso delle televisioni che nell’insieme, pubbliche o private che siano, lavorano per questa Italia senza nome di una grande periferia colma di accattoni, e cioè di persone che magari tendono orecchie per cercare di capire qualcosa ma poi si stancano e tirano indietro orecchie e anche la mano: loro, l’accattonaggio presso le “commedie dell’arte” lo disertano. Navigano nei flussi generalisti e una emozione qualunque magari la pescano.
Italo Moscati