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GURU: Battista, Busi, Grasso quanti bei guru madame tv…

Pier Luigi Battista, ottimo opinionista, vecchi incontri, sporadici saluti, qualche biglietto, qualche telefonata, persino un’intervista che mi fece . Preparavo il tv movie “Gioco perverso” su Osvaldo Valenti e Luisa Ferida. Mi chiese: perchè lo fai? Risposi che la storia dei due attori di Cinecittà accusati di essere complici dei torturatori fascisti, e poi scagionati,

24 Marzo 2010 13:55

Pier Luigi Battista, ottimo opinionista, vecchi incontri, sporadici saluti, qualche biglietto, qualche telefonata, persino un’intervista che mi fece . Preparavo il tv movie “Gioco perverso” su Osvaldo Valenti e Luisa Ferida. Mi chiese: perchè lo fai? Risposi che la storia dei due attori di Cinecittà accusati di essere complici dei torturatori fascisti, e poi scagionati, raccontava da vicino la storia della guerra civile tra il 1943 e il 1945; capì subito, e scagionò anche me da sospetti ideologici non ancora sopiti.
Pigi, come viene chiamato, ha scritto per “Il Corriere della sera” un pezzo il 22 marzo da condividere dalla prima e ultima riga. Per dimostrare quanto sia inutile accapigliarsi sul fatto che i programmi influenzino i risultati delle elezioni, racconta per filo e per segno che la sinistra o la destra perdono sempre quando acquistano potere politico sul piccolo schermo Rai. E’ una breve e puntuale rievocazione di rovesci dell’uno o dell’altra parte contro i poteri acquisiti e messi in moto sperando bene.
La rievocazione prova un aspetto della questione che i politici non vogliono capire perchè “vogliono” apparire, essere citati, presidire tg e talk show, e questo a loro e ai loro partiti sembra sufficiente, anche se il giorno dopo le elezioni quasi regolarmente sono dolori.
Tuttavia, una spiegazione al dilà della questione elettorale sull’andazzo televisivo c’è. Destra e sinistra, in mille modi diversi, si disputano sì gli spazi tv in onda ma uno degli aspetti forti del loro desiderio di dominio è dovuto alla circostanza consolidata che la tv pubblica esse la sentono soprattutto al loro servizio per collocare autori, capi e capetti, alti e altissimi dirigenti. Secondo la vecchia logica della partitocrazia. Pensano e fanno: posso anche perdere le elezioni, tanto i “miei” li ho piazzati, e voglio vedere chi li spiazza via, staranno al loro posto, e al “mio” servizio per le prossime elezioni e ancora per le successive. A vita. Il gioco dell’altalena dei risultati viene e verrà così bilanciato oggi, domani e dopodomani. Guai a chi tocca ” i miei” mai precari o provvisori.
Aldo Busi è stato intervistato da Antonio Gnoli per “La Repubblica” del 23 marzo. Parla ovviamente della sua uscita dall'”Isola dei famosi”. Una bella intervista alla Busi, cioè mossa, paradossale ma non imprevedibile. Perchè non imprevedibile? Perchè Busi, grande scrittore, uomo spiritoso e passionale, sa e disfa quel che fa, e sempre riesce ad uscire con dignità, da vincitore, anzi da martire.
Lo trovo straordinario sia quando fa il clown (da Chiambretti tempo fa) sia nella stessa “Isola”. E’ uno scrittore all’opposto di J.D. Salinger, l’autore del “Giovane Holden”, sempre nascosto, sempre silezioso o parco di parole. Busi è un parlator non sempre cortese ma re dell’onda capricciosa e provocatoria, è un Passatore che briganteggia nella foresta televisiva.
Ad un certo punto della intervista, Aldo (appena uscito con un libro e molto sugli scudi mediatici, auguri, complimenti) dice che i suoi compagni dell’ “Isola” non conoscono “l’arte dell’intrattenimento. Mi chiedo cosa ci stessero a fare. Sono persone che rimbalzano contro i loro muri mentali”.
D’accordo, sarà vero, non importa. Ma gli si può chiedere con simpatia: “Caro Aldo non ti pare che anche tu rischi di rimbalzare un pò troppo sui tuoi muri mentali?”. Penso che Aldo il forte, come si definisce, il lottatore, possa convenirne, poichè- come lui stesso sostiene nella intervista- “…Sono uno che alla fine se la suona e se la canta”. E da questo muro di gomma rimbalzano polemiche a non finire. Alla prossima. Se la Rai non lo vuole più, Aldo rimbalzerà altrove e così via.
Emanuele Pirella è morto. Profluvie di meritati coccodrilli. Aldo Grasso sul “Corriere” del 25 marzo ricorda che Pirella presa il posto di Sergio Saviane come critico televisivo dell'”Espresso”. Lo ricordo anch’io quell’anno: il 1988. Usciva una penna accuminata entrava una penna che Grasso definisce “amorosa” ma non priva di punte aguzze.
Pirella era garbato, generoso (senza concedere nulla), era un pubblicitario pieno di gusto e di misura, conoscitore della comunicazione. Fondò una “scuola”, anzi “La Scuola”. Sarà stata, non la conoscevo, un luogo di delizie. Peccato che fosse troppo tardi per Grasso: frequentarla avrebbe dato al suo lavoro critico tv che continua, grazia, acume, senso della proporzioni, purgandola di piccoli e grandi veleni che Pirella avrebbe sicuramente e con profitto corretto.
Italo Moscati