La calda estate della Rai: il 19 luglio sciopero generale: “Piano industriale incompatibile col servizio pubblico”
La Rai: un’azienda che ha perduto completamente il contatto col pubblico, l’affezione e la stima. Tragico per una televisione di Stato che basa la propria sussistenza sul canone e gli introiti pubblicitari. La Rai è un’azienda, inoltre, in perenne collisione con i propri dipendenti e lavoratori: internamente come esternamente il colosso di Viale Mazzini sembra
La Rai: un’azienda che ha perduto completamente il contatto col pubblico, l’affezione e la stima. Tragico per una televisione di Stato che basa la propria sussistenza sul canone e gli introiti pubblicitari. La Rai è un’azienda, inoltre, in perenne collisione con i propri dipendenti e lavoratori: internamente come esternamente il colosso di Viale Mazzini sembra aver perduto quel timone interpretativo che significava soprattutto chiarezza tra le parti. Così, mentre “fuori” imperversano le critiche di chi guarda, “dentro” impazza la lotta sindacale di chi lavora. La Slc Cgil (Sindacato Lavoratori Comunicazione) ha indetto uno sciopero nazionale in Rai per il 19 luglio prossimo “contro un piano industriale che colpisce e mortifica solo ed esclusivamente i lavoratori, senza porre un freno a sprechi e nomine inutili, contro i tagli indiscriminati, le esternalizzazioni e le svendite del patrimonio della Rai”.
La Slc aggiunge in una nota ufficiale:
“La Rai ha presentato alle organizzazioni sindacali una proposta di conciliazione irricevibile, priva di punti fermi e di impegni concreti da parte dell’Azienda ad interrompere l’attuazione unilaterale del piano industriale. Bisogna discutere seriamente della riduzione dei costi inutili, ed è ormai urgente un confronto serrato con una controparte disponibile a rivedere le proprie posizioni. Il 7 luglio, in sede di audizione della Commissione di Vigilanza, saranno chiariti i motivi per cui il piano industriale non è compatibile con il ruolo di servizio pubblico della Rai”.
Di nuovo questa espressione: “servizio pubblico”, un mantra che i dirigenti della tv pubblica sembrano aver dimenticato a favore di un altro: “guadagno” e “compiacenza col potere”.