ESTATE TV 2: Mino sui carboni ardenti del lacrimatoio video
Tv blog ha ricordato con misura e precisione Mino Damato. Facendo una ricognizione sulla stampa ho notato che il lacrimatoio tv (il solito coro di coccodrillisti che Totò odiava) si è divertito a camminare sui carboni ardenti che Mino ha calpestato- con le ragioni di un professionista del teleschermo, un po’ per scherzo e un
Tv blog ha ricordato con misura e precisione Mino Damato. Facendo una ricognizione sulla stampa ho notato che il lacrimatoio tv (il solito coro di coccodrillisti che Totò odiava) si è divertito a camminare sui carboni ardenti che Mino ha calpestato- con le ragioni di un professionista del teleschermo, un po’ per scherzo e un po’ per non morire.
I lacrimosi a comando, ma qualcuno anche col cuore e la testa, hanno rifatto le tappe di una carriera che non sto a ripetere. Voglio dire qualcosa d’altro. Tenendomi lontano dai fazzoletti di carta o di nastro elettronico.
Ho conosciuto Mino quando eravamo collaboratori del settimanale “Europeo”. Entrambi facevamo anche programmi televisivi ma la circostanza di scrivere sullo stesso prestigioso settimanale, ci unica. Lo facevamo volentieri. Ci incontravamo poco. Ognuno avevo i suoi campi di lavoro e tra noi ci furono poche chiacchiere e molti saluti cordiali quando capitava. Però, poi, capitò qualcosa.
Mino divenne conduttore di show, camminò sui carboni e piaceva al pubblico dei grandi contenitori. Il suo stile era composto se non addirittura freddo. Nella interviste non si scaldava mai troppo. Di fronte a una soubrette o a un comico non s’inchinava e, anzi, conservava un elegante distacco condito con un sorriso a mezza bocca sotto quella fronte distesa e quel ciuffo dritto che sembrava di marmo. Lo apprezzavo molto ma non impazzivo, come non riesco a impazzire mai davanti ai conduttori tv, anche se nel gruppo di scalmanati e di tributi si distingueva, come ho già detto, per la pacatezza e la ragionevolezza.
Seguii, come tutti, più tardi, la sua disponibilità tenace verso i bambini dimenticati, offesi, dimenticati, a rischio, dolenti e sorridenti insieme. Ho notato che i versatori di lacrime a getto di fontana perdono la testa per cose del genere. Sono disposti, nella ipocrisia trionfante dei massmedia, a nascondere qualsiasi altra cosa per di urli di carta e di commozione plasticata sui metodi della solidarietà. La solidarietà è una cosa seria, anche quando si giova dell’appoggio delle tv e della informazione, ma diventa retorica insopportabile nella versione di certi tipacci della critica o della opinione generosamente pelosa.
Mino nascondeva qualcosa. Anni Novanta. In quel periodo ero vicedirettore di RaiEducational. Un periodo per fortuna fruttuoso come lavoro ma che ricordo come un incubo per le vicissitudini dei poteri al vertice della Rai, demenziali. Un periodo gloriosamente breve, travolto dai cambiamenti postelettorali, comme toujour. Un mio capostruttura, uno bravo, mi avvicinò e mi fece il nome di Mino che avevo perso di vista, non collaborava più all’Europeo e non faceva nulla per la Rai. Mi chiese di incontrarlo. Lo feci.
Non dimenticherò mai l’incontro. Mino aveva gli occhi bassi, mi parve sofferente, esitava nel parlare. Disse poche cose. Non lo volevano più sul piccolo schermo. Lo consideravano out,bruciato. Aveva aderito ad Alleanza Nazionale. Una scelta elettorale che lo rese inviso a molti in Rai e altrove. Tutti, o molti, si dimenticavano del professionista capace che pure conoscevano e con il quale avevo persino lavorato. Tutti, o molti, lo guardavano storto. Gli era stato dato l’ostracismo.
Avevo in mente, fra i programmi da fare (mi occupavo di ideazione e di strategie creative) uno di viaggi intitolato emblematicamente “Grand Tour”: viaggi intorno al mondo ma anche nel pensiero, nell’arte, nel sociale. Gli chiesi se gli interessava una proposta per questo progetto. Lo vidi illuminarsi. Balbettò qualche parola. Cercò di ringraziare. Non cedette al lamento. Ma compresi che era giù perchè la mia proposta gli sembrò una ciambella di salvataggio a un collega in crisi, smarrito, in cerca non di aiuto ma di una valutazione di merito.
Andai avanti con “Gran Tour” in mezzo a mille difficoltà, fra dirigenti e gente di sinistra e d’altro che arricciavano il naso al nome di Mino, l’uomo dei carboni ardenti che aveva imparato, stava imparando la dura via di chi è costretto a muoversi tra preconcetti, divieti ideologici, settarie visioni di partito. Riuscii nel mio intento, non senza fatica.
“Gran Tour” andò in porto e Mino su impeccabile. Se già prima di questa esperienza, sapevo, ero convinto della necessità di non avere prevenzioni e dell’obbligo non solo etico di scegliere solo sul merito e le capacità, l’uomo dei carboni ardenti rafforzò le mie convinzioni. Non appena sento odore di bruciato vero (preconcetti, discriminazioni, censure) penso a Mino. E lo penso intensamente, senza lacrime, in questi giorni di lutto. Ma anche di simpatia e di sorriso per lui avaro di sorrisi, uomo buono.
Italo Moscati