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SASSOLINI IN TV (2): il controcanale Mussolini, smemoratezze

Sto leggendo, senza impazzire di piacere, il romanzo di Pennacchi, “Canale Mussolini” che ha vinto l’ultimo Premio Strega. Un bel libro che mi piacerebbe sceneggiare per un tv movie più puntate, perchè Pennacchi racconta bene e va a fondo dell’avventura di una famiglia veneta che scelse il fascismo negli anni della bonifica Pontina. Un’ impresa

pubblicato 5 Agosto 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 13:43


Sto leggendo, senza impazzire di piacere, il romanzo di Pennacchi, “Canale Mussolini” che ha vinto l’ultimo Premio Strega. Un bel libro che mi piacerebbe sceneggiare per un tv movie più puntate, perchè Pennacchi racconta bene e va a fondo dell’avventura di una famiglia veneta che scelse il fascismo negli anni della bonifica Pontina. Un’ impresa memorabile del regime, dopo anni di rinvii dei governi liberali prefascisti; molto apprezzata dagli inviati di Lenin e di Stalin che cercarono di ispirarsi ai criteri e alla velocità della bonifica Pontina per avere idee sui problemi di enormi bonifiche che il nuovo stato comunista, l’Unione Sovietica, doveva affrontare nei suoi sterminati territori.

Ho scritto che sto leggendo senza impazzire “Canale Mussolini” perchè l’autore spesso parte per lunghi incisi e digressioni che disturbano la stessa lettura e menano il can per la esaltazione della bonifica. Sono a due terzi del libro e può darsi che le mie limitate riserve possano cadere.
Leggendo leggendo mi è tornata alla mente una disavventura che mi era capitata quando un amico mi propose di sceneggiare una fiction sulla bonifica, scrissi il soggetto. L’amico sparì. Si rifece vivo per farmi pagare dalla produzione- committente era Mediaset- la collaborazione per il soggetto. Niente di nuovo. Sono cose capitano sotto il sole delle fiction o del cinema. Quando la fiction andò in onda non mi pentii di non aver potuto continuare, il risultato era mediocre e del lavoro a puntate mi pare sia rimasto ben poco nella memoria televisiva.

Sempre leggendo leggendo, e tornando agli anni del fascismo dominante, mi si è accesa una lampadina. Possibile che non si possa vedere, capire meglio la nostra storia , in mezzo a rozzi revisionisti storici e a giornalisti-storici che tornano su fascismo e Resistenza non tanto per raccontare quando per prendere al balzo il treno di labili successi editoriali? Possibile che le televisioni non siano in grado di raccontare quei tempi, esaltanti o tragici secondo i punti di vista, con l’occhio di un cinema e adesso di una fiction meno preoccupati, meno complessati, meno orientati di ideologie, di rivincite dei vinti o di enfasi poco sentite dei vincitori? Penso, tanto per fare un solo esempio, a come l’America ha saputo mostrare la guerra tra nordisti e sudisti, e di come lo abbia fatto anche nella riduzione del romanzo alla base della fiction più fiction: “Via col vento”?
Continuando a leggere e a pensarci su, mi sono ricordato del film di una persona, un regista che considero un amico e che stimo soprattutto per “I cento passi” su Impastato, la voce dissonante di una radio libera, voce e radio colpite a morte dalla mafia.

Si tratta di Marco Tullio Giordana di cui è stato trasmesso poco tempo fa “Sangue pazzo” su Osvaldo Valenti (Luca Zingaretti) e Luisa Ferida (Monica Bellucci) con un ascolto piuttosto basso e con un esito pari a un flop nelle sale (c’era la versione più ridotta per il cinema). Esiti che mi dispiacciono. Non ho visto nè fiction nè film, per vari motivi. Uno in particolare.

Un motivo personale. Ho girato, come soggettista, sceneggiatore e regista, “Gioco perverso” dedicato a Valenti (Fabio Testi) e Ferida (Ida Di Benedetto). Per realizzarlo siamo diventati matti io e la Di Benedetto. Notizie in proposito si possono trovare in un mio scritto nel sito “Drammaturgia. it” intitolato “Il back stage del gioco perverso tra Valenti e la Ferida” . I personaggi e il tema facevano paura ai dirigenti che, in mezzo a pubbliche polemiche esterne sulla legittimità storica e ideologica del progetto, decisero con fatica alla fine di fare il film. Ma ne prendevano intanto,costantemente, le distanze. Senza neanche avere visto un fotogramma. Sempre per paura ed evitare paventate polemiche le due puntate diventarono una, e vennero trasmesse l’8 settembre del 1993, con buoni, buonissimi ascolti e buone critiche.

Ebbene, “Gioco perverso” può avere i suoi difetti, e li ha, sarei pronto a rimettersi le mani, serve poco. Aggiungo che il film è stato venduto e visto anche in televisioni straniere. Difendo quel lavoro. Difendo la storia, il film viene da un mio libro, stesso titolo, che continua ad avere successo; e dalla storia ha ricavato un documentario di 103′ intitolato “Passioni nere”, trasmesso da Rai 3 anni, un documentario ripresentato con strepitoso esito all’ultimo Festival di Spoleto all’interno di una rassegna dedicata ai miei lavoro.

Ma il silenzio sul film “Gioco perverso” continua. E’ la dimostrazione di una smemoratezza “voluta”‘? Ritengo proprio di sì. Il film giace in polverosi archivi, non viene presentato neanche nelle ore notturne. Eppure perchè non ripescarlo nel 2010, a settanta anni dall’entrata in guerra dell’Italia accanto alla Germania di Hitler? perchè non riscoprire il lungo viale del tramonto di un regime, la cui metafora che propongo riguarda la trasformazione di Cinecittà, altra grande creazione del regime con la bonifica Pontina? Sarebbe un “controcanale Mussolini” che si fonda su documenti rigorosi e su un racconto spassionato, sincero, persino istruttivo alla luce di quel che sta avvenendo oggi.
Scusate il sassolino. Grosso grosso.
Italo Moscati