Venezia 2010 e Tv: ma c’è anche la radio; e vecchi pagliacci a fumetti
Non ci sono solo i programmi tv dedicati alla Mostra, come ci è già capitato di dire. Ci sono anche i programmi radio. Hollywood Party è quello più noto, venuto alla luce una dozzina di anni fa, ha subito varie trasformazioni, si è imposto come quasi- quotidiano, dal lunedì al venerdì su Rai3; e viene
Non ci sono solo i programmi tv dedicati alla Mostra, come ci è già capitato di dire. Ci sono anche i programmi radio. Hollywood Party è quello più noto, venuto alla luce una dozzina di anni fa, ha subito varie trasformazioni, si è imposto come quasi- quotidiano, dal lunedì al venerdì su Rai3; e viene a Venezia più o meno dall’inizio. Vi ho partecipato a lungo. Ho trovato tanti amici, bella atmosfera, una tenace curiosità per tutti gli aspetti del cinema. Mi sono divertito molto con uno dei più grandi doppiatori e attori italiani a cavallo fra teatro, cinema e video (anche se un po’ meno). Si chiama Elio Pandolfi, specialista nelle imitazioni, cantante di pezzi d’opera, costante voyeur di film che passano ad ogni ora della giornata sui tutti i canali, memoria formidabile nel riconoscere volti, voci, scene.
Mentre HP procede, sono stato invitato a partecipare alla prima trasmissione in assoluto dal Lido, su Rai2, di Caterpillar, un programma molto seguito da sempre. Che ha mantenuto lo spazio mentre un altro programma di Radio2 su cinema e musica è stato diviso in due segmenti, “Gli spostati” di primo mattino con Massimo Cervelli e Filippo Solibello; e “Cactus” con il ex compagno di viaggio Roberto Gentile, a cui si è unita Elena Di Cioccio.
“Caterpillar” ha un piglio sciolto e intende seguire fino alla conclusione la Mostra. Nella puntata d’esordio, 6 settembre, i due conduttori Massimo e Filippo hanno messo a loro agio il pubblico che si è raccolto intorno allo studio, all’aperto, e hanno cominciato a raccontare la Mostra. Sono stato chiamato in causa per la mia prima esperienza, avvenuta nel lontano 1968, in piena contestazione. Indimenticabile. Film, proteste, polizia e gas lacrimogeni, Carmelo Bene, Pier Paolo Pasolini…
E poi siamo passati alle epoche più recenti (l’avvento del red carpet, moquette lisa da cambiare), i premi e le novità di quest’anno. Intanto continuava il dialogo con il pubblico, con Enrico Ghezzi, al telefono, smarrito nei cespugli intorno al Palazzo del cinema e con Ascanio Celestini e altro. Molta energia, simpatia degli astanti, verve di Massimo e di Filippo. Un’altra storia rispetto a un film finanziato dalla tv spagnola, e poi noi ci lamentiamo della nostra.
Un pasticcio circense, televisivo, fumettistico: Balada triste de trompeta di Alex de la Iglesia. Comincia nel 1937, il secondo anno della guerra civile spagnola, e va avanti fino al 1973, quando il regime franchista è al potere, e il regista ha solo otto anni, e legge/guarda i fumetti e la tv. Al centro del film, in concorso, due pagliacci in competizione fra loro per una bellissima soubrette del circo.
Il terzetto circense , insieme a tutta la Spagna del terrore che culmina con l’attentato mortale degli antifranchisti contro Carrero Blanco, fedelissimo del dittatore Franco- vive un gran fumetto all’insegna del grottesco senza risparmio di trovate o trovatone di gusto discutibile, a volte fastidioso. De la Iglesia è eccessivo, assordante, rutilante, forzato, e inventa ogni bruttezza persuaso dei suoi mezzi. Sex, drug e rock and roll. Da rigattiere.
Il buon Alex, traumatizzato dalla tv da sua confessione, copia fumetti stampati ma anche quelli di Batman resi in film che prima o poi arrivano a una torre, alla cima di un grattacielo, in questo caso la punta di un’altissima croce. Un’arca di noè. Metafore. Beh. Si fa per dire. L’intenzione dichiarata è quella di liberarsi di incubi storico-televisivi. Già, a noi, chi ci libera? Dai pagliacci e dalle pagliacciate tv.