Home Fiction Per la Padania: “I Cesaroni non sono lo specchio di nessuno”

Per la Padania: “I Cesaroni non sono lo specchio di nessuno”

I leghisti, si sa, sono schizzinosetti in fatto di romanità e tengono a una tv fatta di dialetti locali. Insomma, ai padani il romanesco non piace e non hanno mai perso occasione per rimarcarlo. Coerenti con questa visione della realtà televisiva si scagliano contro I Cesaroni, quintessenza della romanità pura. L’occasione è data dalla ripresa

di marina
pubblicato 8 Settembre 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 12:59


I leghisti, si sa, sono schizzinosetti in fatto di romanità e tengono a una tv fatta di dialetti locali. Insomma, ai padani il romanesco non piace e non hanno mai perso occasione per rimarcarlo. Coerenti con questa visione della realtà televisiva si scagliano contro I Cesaroni, quintessenza della romanità pura.

L’occasione è data dalla ripresa della fiction su Canale 5 venerdì 10 settembre giovedì 9 settembre. Scrivono perciò i leghisti sul loro quotidiano La Padania (come riporta AdNKronos) un pezzo intitolato “I Cesaroni non sono lo specchio di nessuno” in cui definiscono la serie:

Solito cliché dei buoni borgatari che tra un bianchetto dei Castelli e un amorazzo finito male, si barcamenano in un Paese dove il furbetto del quartierino vale sempre un pizzico in più degli altri.

Difende il prodotto Claudio Amendola che dichiara:

Mi sembra un attacco pretestuoso ma a dir la verità da loro non mi aspettavo niente di diverso. Sia a livello di contenuti che a livello linguistico abbiamo avuto sempre un riscontro positivo nelle persone: da Trento, a Milano, fino alla Sicilia.


La critica dei leghisti si estende proprio al plot de I Cesaroni e per il quotidiano del carroccio ci sono parecchi stereotipi che non rendono, invece, la realtà del Paese:

In molti hanno spiegato che ‘I Cesaroni’ hanno il pregio di rappresentare la famiglia media di questo Paese. Che le loro storie sono un po’ le storie di tutti. Ma da qui a dire che ‘I Cesaroni’ sono lo specchio degli italiani ce ne corre. La disoccupazione che colpisce i giovani? Solo un fantasma che vaga sullo sfondo della vineria romana. La disperazione di molte famiglie erose dagli odi tra marito e moglie? Tutte rose e viole. Un giardino in cui gli amori svolazzanti si rincorrono senza drammi. Senza lacrime. Senza un reale pathos. Il resto della fiction è solo un collegamento tra un innamoramento e l’altro: tutto in perfetta salsa romanesca, compreso, ovviamente, quello dei linguaggio declinato in ogni spessore semantico dai vari personaggi e protagonisti. Abbiamo cercato di trovare anche un solo vocabolo in lingua toscana nel trailer, ma è stato veramente difficile. Una ricerca inefficace anche con un qualsiasi lanternino verbale. Tutto rigorosamente in dialetto romanesco.n In sè la cosa potrebbe anche non essere del tutto negativa nel rispetto della parlata di quella città. Quello che stride è che si cerca di far passare quelle vicende per storie comuni. No, quella è una fiction, non rappresenta nessuno. Solo fantasie per una serata da passare sul comodo divano di casa.