Romani insiste: per fermare Sky beauty contest bloccato
Paolo Romani proprio non ne vuole sapere. A lui (“a chi per lui“, più che altro) non sta per niente bene che Sky Italia possa partecipare alla gara per l’assegnazione delle nuove frequenze nazionali del digitale terrestre. Non gli sta bene nonostante l’UE abbia dato il via libera e lo stesso abbiano fatto tutte le
Paolo Romani proprio non ne vuole sapere. A lui (“a chi per lui“, più che altro) non sta per niente bene che Sky Italia possa partecipare alla gara per l’assegnazione delle nuove frequenze nazionali del digitale terrestre. Non gli sta bene nonostante l’UE abbia dato il via libera e lo stesso abbiano fatto tutte le Autorità competenti (Antitrust e AgCom). Uno stillicidio continuo di opposizioni, di moral suasion nei confronti di tutti quegli organi che avrebbero potuto bloccare lo sbarco del gruppo di Murdoch sul digitale.
L’ultima idea di Romani è stata quella di puntare sul principio di reciprocità. Per farla breve, Sky è di un gruppo americano, nessuna azienda italiana ha concessioni televisive negli USA, quindi Sky non può operare in Italia. L’AgCom gli aveva già dato torto, ma lui non contento si era rivolto al Consiglio di Stato. Secondo i giudici il quesito ministeriale non era ricevibile perché formulato “in termini generali e sintetici” ed era “privo di un’argomentata illustrazione dei punti problematici” (leggasi “parla del caso Sky, ma pur di non nominare la società in questione nemmeno una volta diventa troppo generico“).
La si sarebbe potuta chiudere qui, ma niente da fare, il Ministero insiste e riformula la richiesta di un parere. Il tutto si farebbe per evitare errori nella formulazione del beauty contest, per renderlo inattaccabile di fronte ad “eventuali ricorsi“. Certo.
Insomma, la battaglia Romani vs Sky continua e questo produce, inevitabilmente, il rinvio di una gara che avrebbe potuto avere luogo già in queste settimane.
Così si dovrà attendere almeno marzo prossimo, ma è inutile strapparsi i capelli, il rinvio non porterà grossi danni allo Stato (che curiosamente tende a “regalare” l’etere ai network), anche se evidentemente distrae Romani dall’indire una gara che invece può essere molto redditizia per le casse italiane, quella per la banda larga in mobilità. In quel caso sono in ballo 2.4 miliardi di euro, ma senza fretta, per carità, le priorità sono altre: bisogna prima di tutto fermare Sky.