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Qui Radio Londra – Giuliano Ferrara esordisce sul nucleare

Esordio sul nucleare per la prima puntata di Qui Radio Londra.Giuliano Ferrara apre così, con un commento da uomo della strada: Buonasera, io ho paura. Mi vergogno un po’ di dirlo. Non dovrei dirlo. Ma ho paura. Tutti hanno paura. Ma non tutti hanno paura nello stesso modo. Guardate qui.Nel corso dei 5 minuti di

pubblicato 14 Marzo 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 07:57


Esordio sul nucleare per la prima puntata di Qui Radio Londra.

Giuliano Ferrara apre così, con un commento da uomo della strada:

Buonasera, io ho paura. Mi vergogno un po’ di dirlo. Non dovrei dirlo. Ma ho paura. Tutti hanno paura. Ma non tutti hanno paura nello stesso modo. Guardate qui.

Nel corso dei 5 minuti di approfondimento, in cui il giornalista affronta la paura per il nucleare che segue il violento terremoto che ha sconvolto il Giappone – una paura sacrosanta, e non solo per i recenti accadimenti.

Dopo il martellante – e per nulla neutrale – spot che mostrava i due scacchisti a fronteggiarsi sul tema, le ragioni dei nuclearisti appaiono seriamente compromesse (soprattutto alla luce di quanto accadrà a breve. Per esempio, il Referendum cui saranno chiamati a pronunciarsi i cittadini sardi il prossimo 15 maggio rispondendo al quesito “Sei contrario all’installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti?”).

E così, la strategia comunicativa che si delinea – nemmeno troppo all’orizzonte – è quella del sostenere che, sì, è lecito aver paura ma che non ci si deve far travolgere dall’onda emotiva. Ferrara è perfetto per questa linea. Chiude col motto inglese: “Better safe than sorry”. Lo traduce un po’ a modo suo – dopo il salto, la trascrizione integrale della puntata – ma intanto il gioco si è compiuto: bisogna mantenere la calma per discutere sul nucleare, guardate come sono composti i giapponesi. Appare chiaro a cosa servirà, questo Qui radio Londra.

Buonasera, io ho paura. Mi vergogno un po’ di dirlo. Non dovrei dirlo. Ma ho paura. Tutti hanno paura. Ma non tutti hanno paura nello stesso modo. Guardate qui.

(Video di un telegiornale giapponese con le immagini dello tsuami)

Avete sentito la telecronista. Il mare si sta mangiando il paesaggio. La natura si è spaccata. Il creato si rivolta contro se stesso, e lei guarda. Avete sentito le sue parole, il timbro delle sue parole, il timbro musicale di quello che dice. Sono come il ticchettio di una macchina per scrivere, come il vecchio sibilo di una telescrivente. Gli orientali hanno paura in modo più calmo, riflessivo. Gli orientali, i giapponesi, di fronte al terremoto, al maremoto, e alla storia tremenda che si sta svolgendo sotto i nostri occhi – il dramma e il rischio della fusione del materiale fissile in una centrale nucleare – riescono a trovare quella calma, quella pace della ragione e del cuore che è così difficile trovare da noi. Hanno ancora qualcosa di arcaico, qualcosa di antico. Non pensano di essere padroni della storia e della natura, come accade in Occidente. Non pensano di essere al centro del mondo.

Fanno anche loro le cose che facciamo noi: il Giappone è la terza economia del mondo, fabbricano i figli, li selezionano, vogliono decidere della nascita e della morte in base a quello che dice loro la tecnologia, la tecnoscienza. Ma nonostante questo, nel momento più drammatico, nel momento più tragico, riescono a riafferrare da qualche parte un senso della realtà così diverso dal nostro. L’imperatore ha chiesto di stare al buio, di fare i turni. L’imperatore del Giappone è considerato – non più nella Costituzione del Giappone, che ha riformato questa antica credenza – ma è considerato discendente della divinità, è una specie di dio in terra. E la sostanza è poi questa: dio, in Giappone, ha chiesto che spengano la luce, ha chiesto di stare al buio. La forza simbolica, che trasmette anche a noi che le vediamo attraverso i telegiornali, le immagini di questa battaglia intorno all’immenso calore – come una specie di calore solare compresso dentro il reattore nucleare – ci dice che anche noi dovremo avere per il futuro nostro, dei nostri figli e dei nostri nipoti, quando discuteremo del nucleare, la stessa calma.

Il paese di Hiroshima, e adesso anche di Fukushima, ci dà una grandissima lezione, una lezione di filosofia della vita, la cosa più importante che ci sia. E noi dobbiamo controllare la nostra paura senza negarla. E’ inutile stare a dire “non è successo niente, andiamo avanti come nulla fosse”. Senza negarla, ma mettendola al guinzaglio, come una bestia che vuole mordere, e che morde soprattutto noi. Se vinceranno la loro battaglia nella centrale di Fukushima potremo dire che anche nella più grande devastazione, quella fonte indispensabile di energia per i prossimi anni è relativamente al sicuro. Ma se non la vinceranno, dovremo pensarci molto bene. Come dicono gli inglesi: “Better safe than sorry”. Meglio pensarci adesso, fare attenzione adesso che compiangersi domani. Buonasera.