Federico Taddia a TvBlog: “Faccio l’autore di Fiorello, ma non guardo la tv. Troppa serialità uccide le idee”
Big Bang! In viaggio nello spazio con Margherita Hack Alle 18.00 di questa sera Federico Taddia debutta alla co-conduzione di Big Bang! in viaggio nello spazio con Margherita Hack: il suo grande ritorno nella tv dei ragazzi, ma sul satellite (dopo l’ingiusta chiusura del suo Screensaver). Il primo programma di divulgazione astronomica per bambini, spalmato
Big Bang! In viaggio nello spazio con Margherita Hack
Alle 18.00 di questa sera Federico Taddia debutta alla co-conduzione di Big Bang! in viaggio nello spazio con Margherita Hack: il suo grande ritorno nella tv dei ragazzi, ma sul satellite (dopo l’ingiusta chiusura del suo Screensaver). Il primo programma di divulgazione astronomica per bambini, spalmato sul palinsesto di Dea Kids dalle 18.00 di oggi, è il frutto della scrittura a quattro mani del libro Perché le stelle non ci cadono in testa con la Prof.ssa di Trieste (a vederli insieme, per come sono sinceramente legati, sembrano nonna e nipote).
Il grande pubblico lo ricorderà come conduttore dell’indimenticato Screensaver, rubrica di corti realizzati dai ragazzi e trasmessa nel daytime di RaiTre sino al 2008. Anche il popolo della radio dovrebbe avere familiarità con lui: dopo l’esperienza de L’altrolato su Radio2, ora conduce ogni sabato mattina L’Altra Europa su Radio24.
Lo abbiamo intercettato al margine della conferenza stampa del suo nuovo programma come esempio di una generazione creativa in via di estinzione. Nell’era dell’analisi del prodotto televisivo e della dittatura dei tecnicismi, Taddia ammette di essere un autore “artigianale” e continua a battersi per il primato delle (sue) idee. Con la consapevolezza di non poter mai scrivere la scaletta di un reality o un talent show.
Da dov’è partito Federico Taddia per meritarsi la patente della tv dei ragazzi? Non hai neanche quarant’anni, quindi per l’Italia sei un giovane.
“La mia carriera professionale nasce con Topolino, Focus Junior e la radio per bambini. La sfida era di comunicare con loro anche trattando temi difficili. Poi mi inventai una rassegna in provincia di Bologna, Teste toste, dove chiedevo a professori universitari di tenere lezioni ad under 12. L’ultima esperienza in questo senso è il libro scritto con Margherita Hack, da cui è nata la sfida di Big Bang. A fare da filo conduttore è una mia convinzione di fondo: i bambini non vanno trattati come piccoli geni, ma neanche come piccoli scemi. Sono curiosi e attenti, perciò credo che a livello educativo, per avvicinarli alla conoscenza, funzioni la tecnica del sassolino lanciato. Tutto ciò tentando di non essere noiosi. La tv pedagogica spesso viene additata come tale, mentre bisognerebbe essere stimolanti”.
Tu ad esempio hai permesso a tantissimi adolescenti di realizzare dei corti sul servizio pubblico. Peccato che Screensaver sia stato cassato da RaiTre, insieme a tutta la tv dei ragazzi.
“Se ripenso a Screensaver, far fare dei video su Raitre, peraltro prima di Youtube, era troppo avanti. Per questo è un programma che è passato, ma è comunque durato quattro anni. Dare l’opportunità ai ragazzi di raccontarsi tramite un video, senza un talent show che ti elimini, resta qualcosa in cui credo molto. Mi piacerebbe riproporre altrove quell’esperienza, ovviamente con le dovute correzioni”.
Intanto sei assorbito dal lavoro nel team autorale di Fiorello. Com’è “produrre” per il conclamato re della qualità televisiva italiana?
“Innanzitutto non ti sembra di essere lavorare perché l’ambiente è davvero bello. Però l’attesa è massima. Rosario lo definirei catalizzante, perché ti prende in tutto e per tutto. Al di là del suo talento e della sua simpatia, sono sempre colpito dalla sua intelligenza artistica, perché capisce sempre quello che funziona e ha una grande velocità di testa. Quella velocità lì poi lui la chiede a te, perché si aspetta che tu gli scriva al volo una battuta al volo su quello che ti ha detto all’improvviso”.
Qual è il tuo segreto nel passare da un personaggio all’altro, oltre che dai bambini agli adulti?
“Una cosa sono i bambini, una cosa gli adulti. Sta a te proporre le cose giuste alla persona giusta: è una questione di istinto. Lavorando coi bambini mi sono allenato molto con l’imprevedibilità, mentre gli adulti mi hanno insegnato la serietà e la professionalità. La mia caratteristica primaria è di prendere la realtà e farne satira con Crozza, costume con Fiore e comicità surreale col Trio Medusa. Sono una persona fondamentalmente cinica e questa cifra la porto nel far ridere”.
Hai anche lavorato come story editor per film tv, dove l’imprevedibilità e l’umorismo non sono pervenuti. Come hai fatto ad adeguarti all’ennesimo cambio di registro?
“E’ che ho lavorato solo con il regista Roberto Burchielli, con cui mi trovo molto bene, per Sbirri e il film tv di Non smettere di sognare. Mi ha convocato perché serviva un occhio esterno e veloce, che è la mia caratteristica, in un lavoro di ricostruzione e ribaltamento. Avevo già lavorato con lui per La vittima e il carnefice su RaiTre, un docu-reality sulla violenza domestica in Italia in cui abbiamo usato le Barbie. Un’altra cosa ‘oltre ‘di quelle che ho fatto”.
Insomma, sembra che in tutte le cose che fai, anziché andar contro il sistema, lo bypassi. E’ così?
“Di sicuro in questo mondo io sono un po’ atipico, per come ci sono arrivato e come approccio. Ad esempio, io non guardo la televisione, molte volte sono un pesce fuor d’acqua nello stesso mare. Mi rendo conto che questa cosa è un po’ assurda. Son passati 15 anni da quando ho iniziato io, che è tanto ed è niente. Ricordo che quando ho cominciato con Topolino prendevo l’autobus, andavo a Bologna, compravo sei-sette libri di quell’argomento che dovevo trattare, tornavo a casa e facevo l’articolo. Ora c’è Internet. Sul mio percorso professionale ho sempre osato. Ho capito che la cosa che più interessava di me era l’idea giusta e come trasformare quest’idea, che volevano me e non uno come me”.
Quindi sei un completo autodidatta? Non hai seguito l’iter delle scuole di televisione che oggi è un po’ la trafila comune?
“Diciamo che gli unici modelli che ho avuto non hanno a che fare col piccolo schermo: sono Gianni Rodari come vate della creatività e Don Milani per il suo messaggio di riscatto sociale. Io ho fatto pedagogia, la parte scientifica in apparenza mi manca anche se ti potrei fare un algoritmo su come nasce una battuta comica, perché è sempre matematica applicata alla parola. E’ solo che per me il lato autorale resta puramente creativo, per questo ho sempre fatto cose che erano un po’ troppo avanti o un po’ troppo indietro. Da queste scuole, probabilmente utilissime, escono persone di massima professionalità ma in chiave seriale. A me quella serialità lì un po’ spaventa”.
Insomma, cosa non riusciresti proprio a fare come autore?
“Se mi chiedi di scrivere un film non son capace. Poi non è che non farei i reality per snobismo, ma proprio per incapacità. Stesso discorso vale per i contenitori domenicali. Il varietà l’ho fatto, ma solo per i monologhi e le parti di scrittura. Sanremo non lo saprei fare, ma magari se mi avessero voluto per i testi di Luca e Paolo allora sì”.
Qual è il consiglio che daresti agli aspiranti autori che ci leggono?
“Io ho avuto la fortuna di poter scegliere. Anche se non tutti possono permetterselo, chi ha una propria cifra merita sempre di esprimersi liberamente e di fare la sua strada”.
In definitiva, Taddia ci insegna che il marketing non è una regola per tutti i creativi.