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Bill Hicks al David Letterman. La tv che in Italia non vedremo mai

D’accordo: il panorama è desolante. Quello televisivo, intendo. Con buona pace di chi pensa che quando si critica qualcosa si “sputi” nel piatto dove si mangia. Una retorica inaccettabile. Si mangia parlando di televisione. Italiana. Purtroppo, aggiungerei. Perché, con buona pace dei fan, la tv di qualità non si fa stabilendo il record di durata

22 Aprile 2011 13:59

D’accordo: il panorama è desolante. Quello televisivo, intendo. Con buona pace di chi pensa che quando si critica qualcosa si “sputi” nel piatto dove si mangia. Una retorica inaccettabile. Si mangia parlando di televisione. Italiana. Purtroppo, aggiungerei.
Perché, con buona pace dei fan, la tv di qualità non si fa stabilendo il record di durata del Grande Fratello, per dire.
Il discorso non è difficile, non vuole essere una giustificazione né un modo per mettere le mani avanti, né una captatio benevolentiae. Che siano tempi bui, dovrebbe essere evidente a tutti.

Che la deriva della tv nostrana sia concausa e vittima, allo stesso tempo, di questi tempi bui, anche. Ecco perché è il caso di provare a creare qualche appuntamento alternativo al già visto. E non me ne vogliano i nerd da YouTube – fra cui mi annovero, affinché nessuno si offenda – se proporrò loro cose che, per loro, sì, sono altrettanto già viste. Perché la tesi di questo spazio che mi ritaglio per cambiare un po’, è che ci sono minuti, ore intere di televisione, sparsi in giro per il mondo, che in Italia non vedremo mai. Non solo perché non ci vengono proposte – o perché, al massimo, vengono proposte su canali non accessibili a tutti o a orari improbabili – nella loro forma originale. Ma anche perché la nostra tv non riesce a partorire personaggi di spessore. Nemmeno i frontman più acclamati ce la fanno più, a uscire da quel vortice di buonismo per famiglie misto a finta volgarità, quando tentano, per dire, di far ridere. L’intrattenimento senza entertainment, insomma.

E nemmeno chi vorrebbe fare approfondimento da un punto di vista informativo, politico e quant’altro riesce più a darci una visione d’insieme non drogata da quel tifo fazioso e cieco che ha ridotto il dibattito televisivo a un concentrato di concetti svuotati di significato, a un appiattimento culturale senza pari nella storia dell’informazione. E così, per provare a scuotere un po’ questa situazione stagnante, credo che si possa ripartire anche da qui, da TvBlog. Non temete: non faremo lezioni di sorta, né potremo svincolarci dalla situazione attuale. Questo c’è, di questo parliamo. Ma possiamo parlare anche d’altro. E così, ecco un pezzo straordinario: è del 1993. Il 9 ottobre 1993, per la precisione, Bill Hicks avrebbe dovuto fare la sua comparsa per la dodicesima volta al Late Show with David Letterman. Con un monologo al vetriolo in cui si parlava anche della Pasqua. Ma venne censurato. Prendete questo post, e il video che lo accompagna, dunque, come una sorta di augurio pasquale – per quanto dissacrante e sui generis.

    Credits: il video che vedete qui sopra, lo trovate anche sul canale YouTube di PompelmoMeccanico, autore dei sottotitoli. Gestisce, con passione e dedizione, il bel sito Comedysubs.org, un gruppo di fansubs che si dedicano alla traduzione sistematica di monologhi di comici stranieri. Su Comedysubs.org si può respirare un po’ d’aria buona, che vi proporremo anche su queste pagine web.


Hicks sarebbe morto poco dopo, il 26 febbraio 1994, per un cancro al pancreas. Quando registrò questo pezzo era già malato. Espresse la propria indignazione per la censura subita con una lettera manoscritta di 39 pagine indirizzata al The New Yorker (il giornalista John Lahr integrl tutta la vicenda in un capitolo del libro Light Fantastic). Letterman cercò in qualche modo di rimediare in maniera postuma: 15 anni dopo la morte del comico, il 30 gennaio 2009, Letterman ospitò nel suo programma la madre di Hicks e mandò in onda l’intero pezzo: oltre alla Pasqua, omosessualità, pro-life e fumo i temi del monologo.

Bill Hicks è stato uno dei comici più geniali e dissacranti del panorama americano. In Italia è davvero poco conosciuto, non fosse per lo spiacevole episodio che lo lega, suo malgrado, a Daniele Luttazzi, che ne ha saccheggiato abbondantemente il repertorio (fu citazione, per Luttazzi. Fu plagio per gli ex fan delusi. Su TvBlog Gabriele Capasso raccontò la vicenda, prima che esplodesse, in tempi non sospetti. Poi riprese la cosa, sostenendo che di tutta la vicenda, la componente più grave era non tanto l’aver “citato”, quanto l’aver negato di aver tratto interi pezzi dal lavoro di Hicks.

Questa brutta vicenda, se non altro, ha avuto un merito: quello di portare certi grandi nomi su una piccola ribalta anche in Italia. E così, sul web, si è scatenata una vera e propria passione per certi pezzi, e si trovano monologhi straordinari, momenti di intrattenimento – e di pensiero critico – indimenticabili, accuratamente sottotitolati anche per i non anglofoni.

E non è certo per la questione-Luttazzi, che un comico del genere dev’essere ricordato. No. Dev’essere ricordato, visto, ascoltato, conosciuto, perché cinque minuti di suo monologo valgono intere stagioni di programmi comici o di approfondimento nostrani. E’ duro, è graffiante, è dissacrante, è intenso. Ma sopratutto, fa pensare. Una cosa che la nostra televisione preferisce evitare, per troppi motivi.

Da qualche parte si potrà pur ricominciare, per sovvertire questi tempi bui. E personalmente, provo a ricominciare da Bill Hicks. Per un ritorno al pensiero critico.